La fusione tra FCA e PSA e la sfida dell’auto elettrica

La nuova alleanza farebbe nascere il quarto gruppo automobilistico mondiale, creando economie di scala con la possibilità di investire più risorse sui veicoli "alla spina".

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Con la rivoluzione elettrica che incombe, i costruttori auto devono allearsi per sviluppare economie di scala, sfruttando le reciproche esperienze e tecnologie nel campo delle vetture plug-in “alla spina”: è con questi presupposti che nasce il progetto di creare un nuovo gruppo tra FCA e PSA.

La nota di Fiat Chrysler Automobiles (neretti nostri) evidenzia che in un settore, quello automobilistico, “in rapida evoluzione, con nuove sfide in termini di mobilità connessa, elettrificata, condivisa e autonoma, la società risultante dalla fusione farà leva sulla sua forza nella ricerca e sviluppo e sul suo ecosistema globale per accelerare l’innovazione e affrontare queste sfide con agilità ed efficienza negli investimenti”.

D’altronde, FCA sull’elettrico si è mossa un po’ in ritardo rispetto ai principali concorrenti che finora hanno speso più risorse per le auto a batteria, tanto che nel 2020-2021 è atteso un boom di nuovi modelli elettrificati che dovrebbe segnare la svolta “di massa” per una mobilità più pulita.

La stessa Volkswagen dopo lo scandalo dieselgate ha scommesso massicciamente su quella che ha definito “offensiva elettrica” con investimenti multimiliardari al 2023; e sul mercato è appena arrivata la Volkswagen compatta ID.3, capostipite di una nuova generazione di veicoli totalmente elettrici costruiti sulla piattaforma modulare MEB (Modulare Elektrifizierungsbaukasten), pensata appositamente per sviluppare una linea di modelli a batteria con le tecnologie più avanzate del settore.

Mentre FCA, lo scorso aprile, era stata costretta a siglare un “accordo di flessibilità” con Tesla per abbassare la media delle emissioni inquinanti delle sue auto: in pratica, FCA deve acquistare da Tesla un certo numero di crediti di CO2 per rientrare nei limiti sulle emissioni stabiliti dalla Commissione europea.

In sostanza, una scappatoia per chi continua a produrre troppi veicoli con motori termici e non ha ancora investito a sufficienza nell’elettrificazione.

Il colosso italoamericano dell’auto prova così a ripartire verso l’elettrico dopo la fallita alleanza con Renault: FCA lo scorso maggio aveva proposto un matrimonio alla casa francese – con la possibilità futura di inserire Nissan e Mitsubishi nella stessa unione – ma l’operazione era poi caduta nel vuoto.

E già in quell’occasione erano state le prospettive sulla mobilità elettrica a smuovere FCA.

Una timida svolta sull’elettrico c’era stata a novembre 2018, quando l’amministratore delegato di FCA, Mike Manley, aveva annunciato investimenti per 5 miliardi di euro in tre anni in Italia per i modelli alla spina.

Ora con PSA la strada sembra spianata, perché il consiglio di sorveglianza del gruppo francese e il consiglio di amministrazione di FCA, precisa la nota (neretti nostri), “hanno concordato all’unanimità di lavorare a una piena aggregazione dei rispettivi business tramite una fusione paritetica (50/50)”.

L’obiettivo è raggiungere nelle prossime settimane un accordo vincolante.

FCA, ricordiamo, possiede 10 marchi –  Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Fiat Professional, Jeep, Lancia, Ram e Maserati – ha  102 stabilimenti, con 199.000  occupati, e nel 2018 ha  fatturato 110 miliardi di euro vendendo 4,8 milioni di veicoli.

Di PSA sono invece i marchi Peugeot, Citroen, Ds Automobiles, Opel e Vauxhall, il gruppo conta su 45 stabilimenti 211.000 lavoratori (di cui 68.000 in Francia), 74 miliardi di euro fatturati nel 2018 (+18,9% sul 2017)  con 3,9 milioni di veicoli venduti (di cui il 90% in Europa).

Dall’operazione nascerebbe il quarto costruttore automobilistico su scala mondiale con circa 8,7 milioni di veicoli venduti, dietro Volkswagen, Toyota e il gruppo Renault-Nissan-Mitsubishi.

Così la nuova realtà industriale FCA-PSA punta a sfruttare le sinergie a tutti i livelli (e senza chiusure di stabilimenti) con particolare riguardo agli investimenti di larga scala nelle piattaforme dei veicoli.

Le piattaforme modulari, infatti, sono il cuore delle strategie commerciali dei marchi automobilistici, che da una sola “architettura” riescono a produrre decine di modelli diversi, con motori tradizionali a benzina-diesel, propulsori 100% elettrici e varianti ibride da ricaricare alla presa di corrente.

PSA, in particolare, metterebbe a disposizione di FCA la sua recentissima piattaforma CMP (Common Modular Platform), sviluppata specificamente per supportare la produzione di modelli compatti dei suoi diversi marchi – Peugeot, Citroën, DS, Opel, Vauxhall – sia con motori termici convenzionali sia con batterie al litio.

Il gruppo francese ha già proposto sul mercato le versioni elettriche della DS3, della Peugeot 208 e della Opel Corsa, tutte basate sulla medesima piattaforma CMP.

E PSA è anche in prima linea nelle intese industriali volte a promuovere la produzione di batterie al litio in Europa, attraverso l’iniziativa Battery Alliance della Commissione Ue cui hanno già aderito diversi paesi, Italia compresa; in particolare, PSA intende convertire alle batterie una fabbrica Opel sul confine franco-tedesco, grazie alla collaborazione con l’azienda francese Saft.

Tra gli altri vantaggi dell’alleanza FCA-PSA c’è la possibilità di espandere le vendite nei mercati esteri, soprattutto in Asia (Cina) e nelle Americhe; oltre a incrementare gli investimenti nelle soluzioni per la mobilità connessa-condivisa e per la guida autonoma grazie soprattutto alla collaborazione di FCA con Waymo (Google).

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