Più elettrico e meno diesel nella proposta di FCA a Renault

  • 28 Maggio 2019

Intanto anche l’Agenzia internazionale dell’energia prevede un boom di vendite di auto a batteria al 2030 nel suo ultimo EV Outlook 2019. E le utility sono chiamate a partecipare a questa rivoluzione industriale con nuovi servizi.

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L’industria dell’auto è sempre più vicina a innescare la sua rivoluzione elettrica: la quota di mercato complessiva delle vetture plug-in è ancora molto piccola, ma le previsioni spingono ben più in alto dei numeri attuali e le grandi case sono a caccia di nuove alleanze per sviluppare economie di scala dei modelli 100% elettrici.

Ecco perché FCA ha appena proposto a Renault di unire le forze, creando un’unica società detenuta in egual misura al 50% dagli azionisti dei due gruppi originari.

Il perché della fusione

La fusione consentirebbe a FCA-Renault di diventare il terzo produttore mondiale di veicoli (8,7 milioni/anno), con la possibilità di superare addirittura 15 milioni e salire così sul primo gradino del podio davanti a Volkswagen, se anche Nissan e Mitsubishi, già partner di Renault, decideranno di giocare la medesima partita.

Partita che mette l’elettrificazione al centro dei piani industriali: la nuova società, infatti, si legge nella nota diffusa da FCA, “sarebbe un leader mondiale nelle tecnologie EV” grazie anche alla “decennale esperienza” di Renault in questo settore, mentre FCA, tra le altre cose, offre alla casa francese la sua capacità nella guida autonoma e connessa “che comprende le partnership con Waymo, BMW e Aptiv” (vedi anche qui).

Nessuna chiusura di stabilimenti, evidenzia poi la nota, perché l’obiettivo è investire con più efficienza in piattaforme, motori e tecnologie che permetteranno di abbassare i prezzi delle auto alimentate con le batterie; la medesima strategia dei colossi tedeschi (con Volkswagen in testa) che hanno già annunciato investimenti multimiliardari per lanciare decine di nuove e-car dal 2020.

Così FCA punta a vincere quella sfida dell’elettrico in cui, finora, aveva scommesso con molta meno convinzione rispetto alle case concorrenti, avendo concentrato i suoi sforzi sull’evoluzione dei motori tradizionali a combustione interna e sui propulsori a metano/gpl.

Come andrà il mercato?

Intanto la IEA (International Energy Agency) ha appena diffuso la sua analisi annuale sul mercato globale dell’auto elettrica, Global EV Outlook 2019 (qui la sintesi online dei dati).

Lo scenario più “aggressivo”, riassunto nel grafico sotto a destra (clicca per ingrandire), denominato EV30@30, stima che nel 2030 le vendite annuali di mezzi elettrici saranno arrivate a 43 milioni con oltre 250 milioni di veicoli in circolazione in tutto il mondo.

Da notare che queste cifre includono tutti i veicoli elettrificati, quindi anche furgoni, bus e camion, oltre ai modelli ibridi-ricaricabili identificati dall’acronimo PHEV: Plug-in Hybrid Electric Vehicle.

Per quanto riguarda le auto, sommando quelle 100% elettriche e quelle ibride-ricaricabili, secondo le previsioni della IEA ci saranno intorno a 212 milioni di vetture in circolazione a livello mondiale tra una decina d’anni; vedi qui le recenti stime di Bloomberg New Energy Finance al 2040.

Sarà un bel salto rispetto al mercato attuale, riassunto dal multi-grafico seguente.

Alla fine del 2018 c’erano poco più di 5 milioni di auto elettriche nei vari paesi; le vendite annuali per la prima volta hanno superato due milioni, con una quota totale di mercato del 2,2% circa e l’eccezione rappresentata dalla Norvegia, dove l’elettrico ha fatto quasi metà delle nuove immatricolazioni.

Il ruolo delle utility

Anche le utility sono chiamate a partecipare attivamente alla rivoluzione tecnologica-industriale dell’auto elettrica, come confermano le ultime analisi di Boston Consulting Group (documento allegato in basso).

Difatti, in media una compagnia energetica con 2-3 milioni di clienti potrebbe “catturare” un valore aggiunto nell’ordine di 3-10 miliardi di dollari al 2030 grazie alla progressiva elettrificazione dei trasporti.

La stima considera tutte le possibili attività collegate alla diffusione dei veicoli a batteria, tra cui il ritorno sugli investimenti per potenziare le reti di trasmissione/distribuzione dell’energia e i ricavi derivanti dai nuovi servizi per la mobilità a basso impatto ambientale, ad esempio l’installazione e manutenzione dei punti di ricarica pubblici e privati.

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