Oggi quando installiamo un impianto fotovoltaico sul tetto cerchiamo di capire, attraverso un’analisi economica-finanziaria più o meno dettagliata, se quell’investimento è conveniente e ci consente di risparmiare e in quanti anni siamo in grado di recuperare le spese iniziali.
Ma i decisori pubblici e quelli che operano nella regolazione del sistema elettrico e le stesse utility non dovrebbero fare una valutazione più ampia del valore dell’elettricità solare?
È un tema annoso, che si ripropone costantemente nel confronto fonti rinnovabili vs fossili e che è sempre utile affrontare, nonostante il crollo dei costi del FV.
Un recente studio del Centro ricerche e politiche Environment America e Frontier Group, dal titolo “The true value of Solar. Measuring the Benefits of Rooftop solar Power” (allegato in basso), illustra i numerosi vantaggi di un impianto fotovoltaico, benefici che vanno ben al di là di quelli per la famiglia o per l’impresa che ci vive o lavora sotto. Un approccio che vale per il mercato statunitense, ma può essere allargato anche a quello italiano ed europeo.
Questi vantaggi, sintetizzati nello specchietto qui in basso, rientrano in due categorie principali: vantaggi per la rete e per tutti i clienti che dipendono da essa e vantaggi per la società nel suo insieme.
La conclusione dello studio è che tutti questi benefici compensano e, spesso vanno ben oltre, i contributi o i gli introiti economici che i proprietari ricevono con l’installazione di un impianto FV (negli Usa, grazie al net metering oppure da noi con la detrazione fiscale o con la riduzione degli oneri in bolletta).
Partiamo da quelli per la rete elettrica. La diffusione di tetti FV, oltre a ridurre la costruzione di impianti centralizzati alimentati a fonti fossili, consente una maggiore stabilità dei prezzi dell’energia e una migliore affidabilità della rete, soprattutto nel corso dei picchi estivi quando c’è un aumento della richiesta di energia per il condizionamento dell’aria.
A tal proposito uno studio del NREL valutava che la produzione solare distribuita aveva fatto risparmiare alle utility californiane oltre 650 milioni di dollari tra il 2013 e il 2015 grazie alla riduzione della domanda dei periodi di picco della domanda.
Anche in Italia negli anni passati si è valutato il valore del peak shaving, cioè il fenomeno per il quale l’energia a costo marginale nullo immessa sul mercato dal solare taglia il prezzo dell’elettricità in Borsa nelle ore del picco di domanda diurno. Ad esempio già nel 2012, dopo il boom del conto energia, era stato stimato un valore del peak shaving netto del fotovoltaico di 838 milioni di euro.
L’energia solare riduce inoltre i costi collegati all’impatto ambientale dell’energia.
Nel recente passato alcuni studi commissionati da utility americane sottovalutavano ampiamente o trascuravano del tutto i vantaggi che vanno oltre l’aspetto più prettamente energetico, attribuendo così al solare un valore più basso di quello che gli sarebbe spettato.
Un report del 2016 pubblicato dallo stesso istituto Environment America ha rivisto queste ricerche e ha evidenziato come dei 16 studi considerati, solo otto prendevano in considerazione il fatto che questi impianti evitavano emissioni di gas serra e nessuno invece includeva i connessi benefici di carattere sociale.
Quegli studi che tralasciavano i benefici sociali e ambientali valutavano l’energia solare intorno ai 14,3 cent$ per kWh, una cifra molto inferiore a quelli che consideravano in questo computo almeno i gas serra e che attestavano il valore del kWh solare intorno a 22,9 cent$/kWh.
Gli impatti ambientali della generazione elettrica, spiega il report, non possono più essere trascurati visto che negli Usa questa ha rappresentato da sola il 28% delle emissioni di gas serra del 2017, una quota che potrà salire enormemente con la prevista elettrificazione dei trasporti e del riscaldamento.
Il valore del solare non può essere poi dissociato da altri criteri che internalizzano i costi di altri inquinanti legati alle fonti fossili come il particolato, il piombo, mercurio, il biossido di zolfo, ecc., con i conseguenti impatti sul sistema sanitario.
Più nello specifico tutti i costi dell’intera catena di valore e del ciclo di vita delle fonti fossili andrebbero considerati (emissioni di metano associate al fracking, polveri di carbone, perdite da oleodotti e gasdotti, ecc.); una quantificazione che i decisori politici trascurano da sempre.
Il prezzo dell’energia non riflette poi nemmeno i benefici economici del solare lungo tutta la sua filiera che includono anche la creazione netta di posti di lavoro.
Questi divario non consente più di attuare una politica energetica attenta alle esigenze della comunità e rivolta ad un futuro orientato alla decarbonizzazione.
I regolatori, le utility e i politici ci vogliono far credere che coloro che possiedono un sistema fotovoltaico (inclusi quelli che hanno beneficiato in passato degli incentivi feed in tariff) siano i soli ad avvantaggiarsi dei vantaggi economici legati all’installazione dell’impianto (vedi riduzione degli oneri di sistema e benefici fiscali) e che gli altri, i non possessori di impianti, ne subiscano i danni come un aumento sulle loro bollette.
Si vuole dimostrare che l’elettricità solare distribuita non da’ solo vantaggi a chi la usa direttamente, ma alla rete, all’ambiente e alla società. Solo considerando questi aspetti ci potrà essere un passaggio epocale nelle scelte energetiche dei singoli e degli Stati.