Fotovoltaico, quelle semplificazioni contraddittorie e complicate

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Le semplificazioni hanno spesso risvolti non chiari: linguaggio burocratico, fumosi rimandi e aggiornamenti normativi, che ne vanificano almeno in parte l’intento. La questione degli impianti FV complanari o meno al tetto.

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Anche quando il legislatore si sforza di semplificare, prende sempre il sopravvento il burocratismo di testi di legge spesso di dubbia interpretazione.

Il risultato è che molti operatori, per non incorrere in sbagli che poi si possono rivelare costosi e ulteriori lungaggini, si autolimitano e continuano a fare le pratiche secondo le regole tradizionali, più lente e complicate, ma almeno assodate.

Semplificazioni sulla carta che però non semplificano o lo fanno solo parzialmente, con troppi distinguo non palesi, che vanno a complicare paradossalmente ancora di più l’iter autorizzativo, allungando le tempistiche.

Troppo spesso si tratta di una realtà in cui rimangono impatanati gli operatori delle energie rinnovabili.

È il caso, per esempio, dell’iter autorizzativo e di connessione semplificato per gli impianti fotovoltaici su tetto e di piccola taglia.

La definizione “piccola taglia” era originariamente pari a 20 kWp,  mentre attualmente, e ancora per poco, è di 50 kWp e a breve salirà a 200 kWp, non appena l’Arera aggiornerà il Testo integrato delle connessioni attive (Tica) in base alle indicazioni del cosiddetto DL Energia, convertito in legge ad aprile e del DM 2 agosto 2022 già emanato dal Ministero.

Il caso degli impianti FV non complanari

L’iter semplificato per i piccoli impianti fotovoltaici su tetto, oltre a prevedere una serie di requisiti elettrici e amministrativi legati a potenza, utenza, tipo di convenzione con il Gse, specifica che il suo campo di applicazione riguarda i sistemi realizzati sui tetti degli edifici con le modalità di cui all’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 28 del 2011.

Leggendo l’articolo in questione, con tutti i suoi ulteriori riferimenti normativi e successivi aggiornamenti, si evince (o si dovrebbe evincere) che il  fotovoltaico su tetto sostanzialmente è sempre possibile (come manutenzione ordinaria), ad eccezione di quegli impianti installati laddove vi sia non un semplice vincolo paesaggistico, ma un vincolo di particolare interesse pubblico paesaggistico riguardante ville, giardini e parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza e complessi con un caratteristico valore estetico e tradizionale, come alcuni centri storici.

È solamente in questi specifici casi di aree, soggette a speciale interesse pubblico paesaggistico, che la realizzazione degli impianti solari è consentita solo previo rilascio dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione competente alla tutela del paesaggio.

Negli altri casi, anche se l’immobile è soggetto a tutela paesaggistica, si può prescindere dall’autorizzazione paesaggistica se l’impianto solare è installato sul tetto.

Anche nei casi speciali sopra elencati, in cui l’autorizzazione paesaggistica è richiesta per la presenza di quel vincolo, se ne può però prescindere se si tratta di pannelli integrati nelle coperture, non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.

Ciò vuol significare che se i moduli non sono “integrati” (non complanari al tetto), cioè sono inclinati rispetto al piano di copertura, sarebbero esclusi dalle semplificazioni per il caso di impianti installati in zone di speciale interesse pubblico paesaggistico in centri storici o ville.

Quindi, su tutti gli altri immobili, sia vincolati che non vincolati si possono installare (o meglio, si dovrebbero poter installare) gli impianti FV su tetto anche con modalità non integrata e con una semplice comunicazione, senza autorizzazione paesaggistica.

Purtroppo la realtà è molto diversa: se una possibilità non viene espressamente vietata, ma neanche esplicitamente prevista, tende a rimanere in un limbo legale e allora in pochi hanno voglia di avventurarvisi.

Va notato che i requisiti secondo cui l’impianto non si debba vedere dalle zone circostanti e non possa essere fatto neanche complanare se i materiali del tetto sono realizzati secondo la tradizione locale possono escludere, di fatto, moltissimi impianti, anche se complanari.

Ci chiedimo quali sarebbero in Italia i tetti che non sono realizzati in “materiali della tradizione locale”? La stragrande maggioranza delle coperture nei centri storici potrebbe infatti ricadere in questa fattispecie.

È abbastanza evidente che le possibilità di accedere all’iter semplificato nelle zone vincolate risultino molto limitate, escludendo, per esempio, le zone-parco e nelle città tutti quegli impianti, anche complanari al tetto, se “visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici”.

La discrezionalità che un Comune o una Soprintendenza possono esercitare in questi casi, magari su segnalazione di vicini biliosi, è molto ampia e può sconfinare facilmente nell’arbitrarietà.

L’autocensura degli operatori

Ma torniamo agli impianti fotovoltaici non complanari alla copertura.

“Le nuove modalità di iter semplificato, in teoria, con il nuovo aggiornamento dovrebbero essere applicabili anche per gli impianti non complanari alla falda. Tuttavia finora le abbiamo sempre escluse di default: ci siamo ‘autoeliminati’ la possibilità, anche a causa della mancanza di indicazioni esplicite in merito e in attesa del recepimento della normativa da parte di Arera”. Questo ci ha spiegato Simone Bonacini, ingegnere del settore e presidente dell’Associazione Tecnici Energie Rinnovabili (Ater).

Attualmente, solo il 30% delle richieste di connessione si avvale dell’iter semplificato, ci hanno detto da E-Distribuzione.

Il 70% delle procedure viene quindi ancora fatto con le procedure tradizionali. In un paese come l’Italia, la questione dei vincoli potrebbe spiegare da sola una grossa fetta di quella stragrande maggioranza di domande fatte ancora con le più lunghe e complicate procedure standard, nonostante le presunte semplificazioni.

Le aree di particolare pregio, sottoposte a vincolo di tutela, coprono quasi la metà del territorio nazionale: sono pari al 46,9% dell’intero Paese, secondo l’Istat.

Arera, da parte sua, dovrebbe deliberare l’aggiornamento del Tica entro il 12 dicembre 2022 e, nell’ambito di tale adeguamento per l’accesso all’iter semplificato, potrebbe includere non solo l’innalzamento del limite da 50 a 200 kWp, ma anche chiarire la questione delle superfici non complanari.

In realtà, se per l’applicazione dei criteri di natura “elettrica” è necessario attendere l’aggiornamento del Tica, i criteri di natura prettamente “edilizia” dovrebbero diventare definitivamente operativi con la conversione in legge dei decreti e l’emanazione dei provvedimenti attuativi, che nel caso dell’aggiornamento della normativa per l’accesso all’iter semplificato risalgono a marzo 2022, cioè più di sei mesi fa.

“A partire dal 3 marzo 2022, le modalità di cui all’articolo 7 bis, comma 5 del decreto legislativo 28/2011 ricomprendono tutte le tipologie di realizzazione degli impianti. Quindi, visto che oggi l’articolo si riferisce a tutti i tipi di impianti su tetto, anche il modello semplificato dovrebbe riferirsi a tutti gli impianti su tetto”, ci ha detto Emilio Sani, avvocato esperto in energie rinnovabili dello studio legale Sani Zangrando e consigliere di Italia Solare.

“Questo si rileva anche dal decreto 2 agosto 2022, n. 297, che, ove identifica il campo di applicazione dell’estensione a 200 kWp del modello unico semplificato, fa espresso riferimento al testo nuovo dell’articolo 7 bis comma 5 del D. Lgs 28/2011, che si riferisce a tutte le tipologie di impianto su tetto”, ha proseguito Sani.

“Sarebbe opportuno che Arera o il Ministero, che ha già chiarito che per gli impianti sino a 200 kWp il modello unico si applica a tutte le tipologie di impianti, chiariscano che, nelle more della estensione a 200 kWp, anche il Decreto 19 maggio 2015 va interpretato facendo riferimento al nuovo testo dell’articolo 7 bis comma 5 e non a quello vigente sino al 2021”, ha concluso il consigliere.

La strada delle semplificazioni è insomma lastricata di buone intenzioni, dove troppo spesso, però, si finisce per fare un passo avanti e due indietro.

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