Alle fossili nel 2020 sussidi per 5.900 miliardi di dollari

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Le stime a livello globale del Fondo Monetario Internazionale e le difficoltà di far applicare il principio "chi inquina paga".

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C’è un divario ampio e pervasivo tra i “prezzi efficienti” dei combustibili fossili e i prezzi pagati dai consumatori: questa considerazione si trova nel nuovo rapporto del Fondo Monetario Internazionale, dedicato ai sussidi elargiti in tutto il mondo alle fonti energetiche tradizionali, come carbone, gas, prodotti petroliferi.

Nel documento intitolato Still Not Getting Energy Prices Right: A Global and Country Update of Fossil Fuel Subsidies, si spiega, infatti, che i prezzi efficienti dovrebbero includere tutti i costi sociali e ambientali legati agli utilizzi delle risorse fossili.

In sostanza, bisognerebbe applicare il principio “chi inquina paga” in modo che i prezzi dei combustibili fossili includano le cosiddette esternalità negative, ad esempio i costi sociali e sanitari dovuti all’inquinamento atmosferico e agli effetti dei cambiamenti climatici.

Al contrario, nel 2020, i sussidi totali alle fonti fossili sono ammontati, secondo le stime Fmi, a 5,9 trilioni di $ (5.900 miliardi di $), pari al 6,8% del Prodotto interno lordo a livello mondiale.

Con la previsione, si legge nel documento, che questi sussidi arrivino al 7,4% del Pil nel 2025, dal momento che continua ad aumentare il consumo di combustibili nei paesi emergenti, dove solitamente il divario tra prezzi efficienti e prezzi finali è maggiore.

Il rapporto poi evidenzia che il 92% dei sussidi 2020 alle fonti fossili rientra nella categoria dei sussidi impliciti: ciò avviene, ad esempio, quando i governi non fanno pagare i costi dei danni ambientali causati dagli usi di carbone, gas e petrolio.

Mentre i sussidi espliciti, cioè le riduzioni dirette dei prezzi dei combustibili, hanno contribuito per un 8% del totale nel 2020.

Più in dettaglio, il Fondo Monetario Internazionale osserva che la mancata inclusione, nei prezzi finali dei combustibili, dei costi per l’inquinamento atmosferico, vale il 42% circa della stima complessiva dei sussidi mondiali alle fonti fossili.

Fissando prezzi dei combustibili che riflettono i loro costi reali (di fornitura, oltre che ambientali e sociali), spiegano gli autori del documento Fmi, si potrebbero tagliare le emissioni di CO2 di oltre un terzo nel 2025 rispetto ai livelli del 2018.

Ciò sarebbe in linea, quindi, con i traguardi climatici fissati dagli accordi di Parigi: contenere sotto 2 °C il surriscaldamento globale rispetto ai valori preindustriali.

In sostanza, spiegano gli esperti Fmi, il prezzo “giusto” per un combustibile fossile è il prezzo che riflette tutti i costi correlati all’uso del carburante: non solo i costi di approvvigionamento (manodopera, capitale e materie prime) ma anche quelli ambientali, comprese le emissioni di CO2, l’inquinamento atmosferico e le più ampie esternalità, ad esempio le congestioni stradali.

Ricordiamo che secondo Legambiente, in Italia il costo totale dei sussidi ambientalmente dannosi è ammontato a 34,6 miliardi di euro nel 2020, tra sussidi a energia, trasporti, edilizia e altri settori di minore entità.

Per Legambiente, circa 18 miliardi di tali sussidi sono eliminabili entro il 2025, cancellando i sussidi per il mondo delle trivellazioni, i fondi per la ricerca su gas, carbone e petrolio, oltre alle agevolazioni fiscali per le auto aziendali e il diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, gpl e metano.

Senza dimenticare, sostiene l’associazione ambientalista, il capacity market per le centrali a gas e l’accesso al Superbonus per le caldaie a gas. Tutte queste risorse, potrebbero essere usate per finanziare la transizione energetica: rinnovabili, reti, efficienza, mobilità, bonifiche ambientali.

La decisione di rinunciare ai sussidi fossili però fatica ad arrivare.

Lo scorso luglio, il G20 di Napoli si è chiuso con un nulla di fatto su questo punto, rimandando ogni decisione alla prossima CoP 26 di Glasgow, la Conferenza Onu sul clima che si terrà a ottobre-novembre in Scozia.

Intanto, stando alle stime più recenti di Bloomberg Philanthropies e Bloomberg New Energy Finance, i paesi del G20 dal 2015 al 2019 hanno sostenuto l’industria dei combustibili fossili con circa 3.300 miliardi di dollari complessivi (3,3 trilioni), in buona parte sotto forma di esenzioni e riduzioni fiscali.

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