Direttiva sulla tassazione energetica, ecco perché la strada è ancora a un punto morto

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È l'ultimo pilastro del pacchetto Fit for 55 a mancare all'appello. Gli Stati membri non trovano un accordo sulle nuove aliquote fiscali che dovrebbero penalizzare i combustibili fossili e favorire le tecnologie pulite.

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I negoziati sulla nuova direttiva europea per la tassazione energetica sono ancora a un punto morto.

Questa direttiva è un pilastro del pacchetto legislativo Fit for 55, proposto dalla Commissione Ue a luglio 2021, con l’obiettivo di tagliare del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.

Le altre misure del pacchetto sono alle battute finali e alcune sono state pubblicate sulla Gazzetta ufficiale Ue. Tredici provvedimenti sui 14 totali sono stati approvati da Parlamento e Consiglio, tra cui la riforma del mercato della CO2, lo stop alle nuove auto endotermiche dal 2035 e la direttiva Red 3 sulle energie rinnovabili.

Non è così per la direttiva sulla tassazione dell’energia, che ormai ha vent’anni (risale al 2003) e dimostra tutta la sua inadeguatezza per raggiungere i nuovi traguardi climatici europei.

I colloqui tra gli Stati membri al Consiglio Ue procedono a rilento, tra mille difficoltà, anche perché le modifiche alla Energy Taxation Directive (ETD) richiedono l’unanimità al Consiglio.

La direttiva attuale, ricordiamo, stabilisce livelli fiscali minimi per i prodotti energetici, dai vari combustibili per il trasporto e per il riscaldamento all’energia elettrica; inoltre, prevede diverse esenzioni, ad esempio per i carburanti usati da navi e aerei. Tuttavia, le aliquote fiscali non tengono conto di alcun criterio ambientale.

Ora, invece, la Commissione europea vorrebbe tassare i carburanti in base al loro contenuto energetico e alle loro prestazioni ambientali, applicando la regola “chi inquina paga”. Lo scopo è promuovere l’utilizzo di tecnologie pulite con minori emissioni di CO2 e penalizzare i prodotti energetici più dannosi per il clima.

In pratica, i carburanti con i maggiori impatti ambientali sarebbero soggetti a tariffe minime più elevate.

E nel nuovo sistema di tassazione, l’energia elettrica di origine rinnovabile sarebbe favorita rispetto ai combustibili fossili.

Come spiega Christian Egenhofer, ricercatore senior presso il Centre for European Policy Studies di Bruxelles (fonte agenzia Euractiv), “tutti gli studi suggeriscono che l’elettrificazione – fino al 60-70% dell’economia – è la soluzione più economica per raggiungere gli obiettivi europei di riduzione della CO2”.

Bisogna quindi ridurre la tassazione sull’elettricità e incrementarla sui prodotti energetici ad alto contenuto di CO2, eliminando sussidi e agevolazioni per il consumo, ad esempio, di prodotti petroliferi e gas naturale.

Finora gli Stati membri non hanno trovato un accordo per invertire la rotta. Lo scorso 11 maggio, riferisce Euractiv, un gruppo di lavoro dei Paesi Ue si è riunito per discutere le aliquote fiscali minime che dovrebbero essere applicate nella nuova direttiva.

Stabilire un consenso sulle aliquote minime, però, è un passo molto difficile e politicamente delicato. Altro tema complesso da risolvere è la durata dei periodi transitori, prima della completa abolizione delle agevolazioni fiscali per i carburanti fossili.

Quel che appare certo, è che la presidenza svedese di turno dell’Ue non riuscirà a trovare un accordo sulla direttiva. Il dossier da luglio passerà in mano alla Spagna; sembra assai improbabile che si arriverà a una soluzione politica prima delle elezioni europee del 2024.

Restano molti ostacoli da aggirare. In ballo ci sono gli interessi dei trasporti marittimi (compagnie di navigazione e società di assicurazione navale) e dell’industria della pesca, due settori che potrebbero essere colpiti dalla direttiva con le abolizioni di sussidi e agevolazioni per i carburanti, soprattutto il diesel.

Grecia, Malta, Cipro, Spagna e Portogallo sono tra i principali Paesi che difendono questi interessi.

Molte resistenze alla direttiva ci sono poi nell’Europa centrale e orientale; ad esempio, in Polonia il carbone è ancora molto usato per la produzione di energia e per il riscaldamento delle abitazioni, quindi il suo uso sarebbe molto penalizzato da una revisione delle tasse come quella tracciata da Bruxelles.

Va poi ricordato che con il nuovo mercato della CO2, già approvato da Parlamento e Consiglio, ci saranno impatti anche sui carburanti fossili impiegati nei trasporti stradali e nel riscaldamento.

Dal 2027 partirà, infatti, un mercato ETS II (Emissions Trading Scheme) che regolerà lo scambio di quote di CO2 in questi due settori. E ciò ha fatto preoccupare molti Paesi, per il possibile futuro incremento dei prezzi di benzina e gasolio a causa di un costo della CO2 sempre più elevato.

Inoltre, il mercato ETS includerà per la prima volta le emissioni delle navi e saranno gradualmente eliminate le quote gratuite per il settore aereo.

Molti Paesi, in definitiva, temono che la direttiva sulla tassazione energetica, in aggiunta al mercato ETS, farà impennare i prezzi dei combustibili fossili, con forti impatti su famiglie e imprese.

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