Sussidi ai combustibili fossili: 7.000 miliardi nel 2022, cioè il 7% del Pil mondiale

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I sussidi espliciti sono più che raddoppiati dal 2020, arrivando a 1.300 mld $. Un'analisi del Fondo monetario internazionale e l'ipotesi di una riforma completa dei prezzi.

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I sussidi ai combustibili fossili nel 2022 sono ammontati a 7.000 miliardi di dollari, pari al 7,1% del Pil mondiale.

I sussidi espliciti, cioè le agevolazioni dedicate che abbassano direttamente i costi di approvvigionamento, sono più che raddoppiati, passando da 0,5 trilioni di dollari nel 2020 a 1,3 trilioni nel 2022.

Lo ha indicato il Fondo monetario internazionale (Fmi) nel suo aggiornamento 2023 dei dati sulle sovvenzioni agli idrocarburi.

I sussidi diretti rappresentano però solo il 18% delle agevolazioni totali. L’82% è costituito da esternalità negative, cioè dai costi economici e sociali indiretti determinati dagli idrocarburi e scaricati sulla collettività, come il riscaldamento globale, la congestione del traffico, l’inquinamento atmosferico locale e il mancato gettito dell’imposta sui consumi.

L’Fmi ha fatto notare che gran parte dell’aumento delle sovvenzioni dirette è dovuto a misure temporanee di sostegno dei prezzi. Il Fondo prevede, quindi, che i sussidi espliciti diminuiranno se i prezzi internazionali continueranno a scendere dai loro livelli massimi.

Allo stesso tempo, il Fmi ha sottolineato che i sussidi impliciti dovrebbero aumentare nello scenario di riferimento, poiché la quota di consumo di carburante nei mercati emergenti, dove i costi ambientali locali sono generalmente maggiori, continua a crescere, come è mostrato nel grafico qui sotto.

Differenze pervasive di prezzo

Le differenze tra i prezzi effettivi di mercato che si pagherebbero in assenza di sussidi e i prezzi sussidiati al dettaglio dei combustibili fossili sono ampie e pervasive per tutti i combustibili, si legge nel rapporto consultabile dal link in fondo a questo articolo.

Lo “sconto” sui prodotti petroliferi pesa per quasi la metà dei sussidi complessivi, il carbone per un altro 30% e il gas naturale per quasi il 20%, con la generazione elettrica responsabile del resto.

A livello globale nel 2022, l’80% del consumo di carbone aveva un prezzo inferiore alla metà del suo livello “efficiente” di mercato, cioè di quello che costerebbe effettivamente in assenza di sovvenzioni.

L’Asia orientale e il Pacifico rappresentano quasi la metà dei sussidi globali. Per quanto riguarda i Paesi, in termini assoluti, la Cina rimane il maggior sovvenzionatore di combustibili fossili, seguita da Stati Uniti, Russia, Ue e India.

Nell’illustrazione una tabella riepilogativa dei sussidi espliciti e impliciti di un campione di Paesi, fra cui l’Italia.

Benefici della riduzione dei sussidi alle fonti fossili

Una riforma completa dei prezzi dei combustibili fossili, con l’eliminazione dei sussidi espliciti ai combustibili e l’imposizione di tasse correttive come la carbon tax, ridurrebbe le emissioni globali di CO2 del 43% rispetto ai livelli “business as usual” nel 2030, e del 34% rispetto ai livelli del 2019.

Si dovrebbe adottare questa tipo riforma per essere in linea con l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale “ben al di sotto” dei 2 °C e verso 1,5 °C, secondo il rapporto.

Una riforma dei prezzi dei carburanti permetterebbe inoltre di ottenere entrate consistenti, pari a circa il 3,6% del Pil mondiale.

Tali entrate potrebbero essere utilizzate per ridurre tasse più onerose, come quelle sul lavoro, per contribuire alla sostenibilità del debito o per finanziare investimenti produttivi.

Per i Paesi in via di sviluppo nel loro complesso, i guadagni in termini di entrate derivanti da una riforma completa dei prezzi supererebbero la spesa supplementare necessaria per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

La riforma dei prezzi dei carburanti eviterebbe circa 1,6 milioni di morti premature all’anno dovute all’inquinamento atmosferico locale entro il 2030.

Riformare i sussidi ai combustibili fossili è dunque nell’interesse dei Paesi, anche escludendo i benefici per il clima, ha sottolineato l’Fmi. Per un Paese medio, riformare i sussidi ai combustibili in modo da ridurre la CO2 di circa il 25% rispetto ai livelli di base nel 2030 aumenterebbe il benessere netto, grazie ai benefici ambientali locali e all’eliminazione delle distorsioni dei prezzi, prima ancora di contare i benefici climatici globali.

A livello globale, una riforma dei prezzi genererebbe benefici netti in termini di salute e benessere pari a circa il 3,6% del Pil mondiale, in misura uguale all’aumento delle entrate menzionato prima.

La seconda combinazione più efficiente in termini standard per le emissioni di CO2 e per le emissioni atmosferiche locali (o i loro equivalenti in termini di tariffe) tra i vari settori ridurrebbe le emissioni di CO2 di circa il 20% nel 2030 rispetto ai livelli di base e scongiurerebbe 1,2 milioni di morti per inquinamento atmosferico all’anno, evitando in larga misura aumenti, politicamente impopolari, dei prezzi dell’energia.

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