Finanza al carbone: ancora investimenti per 1000 miliardi di dollari

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Parzialmente in controtendenza i dati di UniCredit, Assicurazioni Generali e Intesa Sanpaolo che iniziano a diminuire gli investimenti. Una rcierca pubblicata da Urgewald, Re:Common e 27 Ong internazionali.

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Qualche idea per disinvestire azioni e obbligazioni anti-clima.

A gennaio 2021, risultavano 4.488 investitori istituzionali che detenevano investimenti per un totale di 1,03 trilioni di dollari in società operanti lungo la catena di approvvigionamento del carbone.

Tra il 1° ottobre 2018 e il 31 ottobre 2020 sono state identificate 665 banche che hanno fornito prestiti per un totale di 315 miliardi di dollari e attività di sottoscrizione per un valore di oltre 808 miliardi di dollari alle società presenti sulla Global Coal Exit List.

“A cinque anni dall’Accordo di Parigi sul clima, il supporto della finanza globale al settore del carbone non è affatto diminuito e, ad oggi, ammonta a più di 1000 miliardi di dollari”. È Greenpeace Italia a citare questi dati tratti da una ricerca pubblicata oggi da Urgewald, Re:Common e altre 27 Ong internazionali.

La ricerca è la prima che tenta di analizzare l’esposizione di banche commerciali e investitori nei confronti dell’industria del carbone (https://coalexit.org/finance-data). Vengono esaminati i flussi finanziari destinati alle 934 società del settore del carbone

E la finanza italiana?

Parzialmente in controtendenza i dati sulla finanza italiana: UniCredit, Assicurazioni Generali e Intesa Sanpaolo iniziano a diminuire gli investimenti, dopo il massimo toccato nel 2019.

Unicredit di recente ha deciso di adottare una politica che entro il 2028 dovrebbe progressivamente azzerare qualsiasi finanziamento a progetti e società coinvolte nel business del carbone.

Generali prosegue nel suo disinvestimento dall’industria carbonifera, sulla scia degli impegni presi nel 2018. Una fuoriuscita dal settore che però – secondo la nota dell’associazione ambientalista – procede troppo a rilento: gli investimenti nel settore ammontano ancora a più di 200 milioni di dollari, di cui il 10% in ČEZ e PGE, società che stanno ostacolando la transizione energetica rispettivamente in Repubblica Ceca e Polonia.

Non solo vanno poi considerati gli investimenti, ma anche i contratti assicurativi ancora in essere stipulati da Generali con le due società, che aggravano ulteriormente la sua posizione.

Rilevante la riduzione dei prestiti al settore del carbone tra il 2019 e il 2020 da parte di Intesa Sanpaolo: -70%. Greenpeace vanta la pressione esercitata nell’ultimo periodo sulla banca insieme a Re:Common, ma questa policy dell’istituto di credito dovrà esseere confermata nei prossimi anni.

Il 17% degli oltre 1000 miliardi investiti nel carbone è imputabile ai colossi statunitensi Vanguard e BlackRock e, tra azioni e bond, gli Stati Uniti pesano per più della metà degli investimenti globali, circa 602 miliardi di dollari.

Anche le banche commerciali non hanno fatto certo di meglio e nel biennio successivo al report IPCC del 2018 hanno erogato, come detto, 315 miliardi di dollari all’industria del carbone. In prima fila tre istituti di credito giapponesi: Mizuho (22 mld), Sumitomo Mitsui (21 mld), Mistubishi UFJ (18 mld).

Per Greenpeace Italia nell’anno nell’anno della COP26, co-presieduta dall’Italia, e del G20 di Roma, “la finanza italiana non può tirarsi indietro e deve dare un chiaro segnale. Gli occhi del mondo saranno puntati sul nostro Paese in materia di clima, ambiente e transizione ecologica”.

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