Investire in fonti fossili è più rischioso: il monito delle agenzie di rating

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Moody’s, Fitch e Standard and Poor's stanno definendo nuovi standard di credito più rigorosi, che tengono conto anche degli impatti sul clima degli emettitori di titoli.

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Un tempo le agenzie di rating del credito consideravano i combustibili fossili “credit positive”, cioè investimenti dai ritorni sicuri. Ora invece le tre principali agenzie – Moody’s, Fitch e Standard and Poor’s (S&P) – stanno mettendo in guardia gli investitori sui rischi finanziari connessi alle fonti inquinanti.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (Ieefa), denominato “A Matter of Opinion” e pubblicato lo scorso 14 marzo (link in basso), i tre colossi delle valutazioni finanziarie sono entrati in una sorta di “nuova fase di responsabilità climatica”, istituendo standard di credito più rigorosi.

È una sfida per i settori “fortemente esposti” come il petrolio e il gas, i servizi di pubblica utilità e quelli bancari, secondo la Ieefa. Nello specifico, Moody’s ha prodotto una valutazione del rischio economico per ognuno di questi ambiti legata agli obiettivi net-zero, Fitch Ratings ha creato un sistema di valutazione climatica che delinea il merito creditizio delle azioni delle aziende in termini di sostenibilità, mentre S&P sta sviluppando la sua valutazione sulla transizione energetica con un avvertimento sulle attività connesse al settore petrolchimico.

In sostanza, ora il cambiamento climatico rappresenta una categoria di rischio a sé stante per le agenzie di rating del credito a causa dei cambiamenti normativi, legali, economici, finanziari, politici e sociali che influiscono sui profitti aziendali a breve e lungo termine.

“Le agenzie sono state criticate in passato per non aver preso provvedimenti in vista della crisi dei mutui, ma adesso stanno giustamente aumentando il rischio connesso alla crisi climatica. Gli investitori farebbero bene ad ascoltare”, ha commentato Tom Sanzillo, direttore dell’analisi finanziaria dell’Ieefa e autore del rapporto.

Dopo quasi 30 anni di dibattito sul clima – emerge dall’indagine – le agenzie di credito stanno iniziando a esaminare più da vicino e in dettaglio le azioni finanziarie delle aziende che si sono spese in promesse climatiche, facendo riferimento a nuove analisi ambientali basate su standard più facilmente misurabili e oggettivi.

L’industria energetica ne ha particolarmente risentito, faticando a fornire piani credibili supportati da soluzioni climatiche facilmente applicabili. Moody’s ad esempio ha cambiato la sua valutazione di credito sul carbone, da positivo a negativo, e considera il petrolio e il gas – anch’essi una volta tra i “crediti positivi” – altamente a rischio.

L’erosione della leadership energetica e finanziaria dei settori del carbone, del petrolio e del gas è più che mai evidente. Sul fronte azionario, il settore è passato da una posizione dominante del 28% del mercato negli anni ’80 al 2% registrato nell’ottobre 2020. Il calo della domanda di combustibili fossili riduce le entrate, mentre la transizione energetica continua a incalzare.

Secondo gli analisti Ieefa la crescita economica continuerà, ma sarà alimentata da un modello di business molto meno energivoro. Il futuro sembra segnato: il mercato continuerà a premiare gli investimenti a basse emissioni e a penalizzare quelli nei combustibili fossili. Anche i picchi periodici dei prezzi, sebbene temporaneamente vantaggiosi per i produttori di petrolio, gas e carbone, sono visti dalle agenzie di rating come fenomeni volatili sui quali non è possibile fare affidamento.

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