Le emissioni di CO2 sono lo specchio delle enormi disuguaglianze in termini di reddito.
Nel 2021, il nordamericano medio ha emesso 11 volte più anidride carbonica – correlata agli usi energetici, come il riscaldamento della casa e i trasporti – rispetto a un africano medio.
Più in generale, il 10% più ricco della popolazione mondiale è stato responsabile di quasi metà della CO2 complessivamente rilasciata in atmosfera dagli utilizzi energetici, mentre il 10% più povero ha emesso soltanto lo 0,2% della CO2.
I dati arrivano da un’analisi della Iea (International Energy Agency), a cura di Laura Cozzi, Olivia Chen e Hyeji Kim.
Il focus degli autori è su come le differenze di reddito, stile di vita e modelli di consumo si riflettono sulle impronte ecologiche delle popolazioni.
Questo 10% più ricco comprende 782 milioni di persone, quindi non si parla solo dei cosiddetti “super ricchi” milionari o miliardari (questi ultimi sono lo 0,6% della popolazione mondiale, circa 46,8 milioni di individui).
In media, ogni persona è responsabile di circa 4,7 tonnellate di CO2 ogni anno su scala globale – parliamo sempre di emissioni legate all’energia – equivalenti a due voli A/R tra Singapore e New York. Ma ci sono delle disparità notevoli tra aree geografiche e gruppi di individui.
In particolare, abbiamo una ristretta cerchia di “emettitori top” (1% della popolazione mondiale) che ha una impronta del carbonio pari a 50 tonnellate pro capite di CO2, più di mille volte superiore rispetto a quella dell’uno per cento più povero.
Mentre la media della CO2 emessa da ogni persona che rientra nel 10% più ricco è di circa 22 tonnellate/anno, 200 volte in più rispetto al 10% più povero.
Più in dettaglio, osservano gli analisti, la maggior parte dei top emitter (85%) vive in economie avanzate, tra cui Australia, Canada, Unione Europea, Giappone, Corea, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Regno Unito, oltre alla Cina.
Il resto proviene dal Medio Oriente, dalla Russia e dal Sudafrica; mentre il 10% degli emettitori più poveri a livello globale vive nelle economie in via di sviluppo in Africa e Asia, dove consuma quantità relativamente ridotte di beni e servizi e in molti casi non ha accesso ai servizi elettrici e ai combustibili “puliti” per cucinare.
Analizzando ancora più in profondità i gruppi di reddito, spiegano gli esperti della Iea, citando le stime dello Stockholm Environment Institute, lo 0,1% più ricco della popolazione mondiale emette 10 volte più CO2 di tutto il resto del 10% più ricco messo insieme, superando le 200 tonnellate di CO2 pro capite/anno.
Inoltre, si spiega, sebbene le disparità dell’impronta delle emissioni tra i Paesi rimangano profonde, da alcuni anni i divari nelle emissioni di gas serra all’interno dei paesi e delle regioni hanno iniziato a diventare ancora più significativi.
Negli Stati Uniti, il decile più ricco emette ogni anno oltre 55 tonnellate di CO2 a testa. Rispetto ad altre regioni, il trasporto su strada rappresenta una quota particolarmente elevata – circa un quarto – dell’impronta di carbonio di queste persone.
Nell’Unione europea, il decile più ricco emette circa 24 tonnellate di CO2 pro capite. Ogni gruppo di reddito nella Ue ha un’impronta ambientale inferiore rispetto al suo equivalente statunitense, in parte grazie a reti elettriche a minore intensità di emissioni. Ma le disuguaglianze interne sono altrettanto ampie sia negli Stati Uniti che in Europa. In entrambi i casi, il decile superiore emette da tre a cinque volte più CO2 dell’individuo medio e circa 16 volte più CO2 del decile più povero.
Anche così, il 10% più povero in paesi come Stati Uniti, Canada, Giappone e Corea emette ancora più dell’individuo medio globale. In Cina, il decile più ricco è responsabile di quasi 30 tonnellate di CO2 per ogni individuo ogni anno, mentre in India, il 10% più ricco emette appena 7 tonnellate di CO2 pro capite.
In sostanza, evidenziano i tre analisti della Iea, se i top emitter globali manterranno gli attuali livelli di emissioni di CO2, entro il 2046 da soli avranno superato il budget di CO2 compatibile con lo scenario Net-zero 2050 (azzeramento delle emissioni nette entro metà secolo).
Ecco perché è necessario che il 10% più ricco adotti azioni profonde e urgenti per ridurre le sue emissioni di gas serra, anche grazie alle maggiori disponibilità finanziarie che consentono di investire in nuove tecnologie a basse emissioni che hanno dei costi elevati, soprattutto nelle fasi iniziali dello sviluppo del mercato, pensiamo ad esempio alle auto elettriche.
Tutto ciò non deve però mettere in disparte l’altra faccia della medaglia, cioè la povertà energetica.
Occorre anche distribuire meglio gli investimenti globali nelle energie pulite, in modo da garantire a tutti un accesso ai servizi energetici basilari, puntando su fonti rinnovabili, misure di efficienza, tecnologie off grid, generazione distribuita.