Nel 2023 giù i consumi di energia primaria e le emissioni in Italia

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Nel nostro Paese diminuisce l'impiego di fonti fossili, compensato parzialmente con le fonti rinnovabili. I dati Enea.

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La diminuzione dei consumi di gas per riscaldamento nel primo trimestre del 2023, dovuti a un inverno molto mite, al Piano nazionale di contenimento dei consumi e ai prezzi dell’energia molto alti, unita alla contrazione della produzione industriale in alcuni settori energivori, ha fatto sì che i consumi di energia in Italia nell’anno trascorso siano scesi del -2,5%. Un dato comunque leggermente inferiore a quello dell’Eurozona (-3%).

Lo rileva l’analisi del sistema energetico italiano dell’Enea. Francesco Gracceva, che ha coordinato lo studio, afferma: “La diminuzione dei consumi è il risultato di un minor impiego di fonti fossili come gas (-10%), carbone (-30%) e petrolio (-2%), compensato solo parzialmente dalla maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili (+13%) e dalle importazioni di elettricità, salite al massimo storico (+19%)”.

Il petrolio è tornato ad essere la prima fonte energetica, con il 35% del totale, ma la domanda energetica coperta dai tre combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) ha segnato il minimo dagli ultimi 50 anni (71%). Contemporaneamente eolico e fotovoltaico sono arrivati a coprire il 17,5% della domanda elettrica su base annua. L’unico settore in cui i consumi sono aumentati invece che diminuire è rappresentato dai trasporti, con una domanda di energia – spinta dall’aviazione (20%) – cresciuta del 2%.

Il calo della domanda di energia nel 2023, complessivamente superiore a 3,5 Mtep, è maturato principalmente nel I trimestre, quando l’energia primaria è diminuita di quasi 3 Mtep (-6,5%, -4 Mtep il gas, +1 Mtep l’import elettrico). Nei mesi seguenti il calo dei consumi è divenuto progressivamente più contenuto, fino alla variazione positiva del IV trimestre (+2,5%), quando i consumi di gas sono tornati ad aumentare spinti dal dicembre leggermente meno mite rispetto al 2022.

Contestualmente – rileva l’analisi di Enea – c’è stata una contrazione delle emissioni di CO2. Nel settore elettrico il mix di generazione è divenuto decisamente meno carbon intensive, perché l’aumento dell’intensità carbonica registrato nel 2022 si è confermato fenomeno temporaneo.

Il 70% della riduzione delle emissioni riguarda il settore elettrico, per effetto di un riaggiustamento del mix delle fonti: ad esempio è risalita la produzione idroelettrica (+10 TWh dal minimo storico del 2022), è diminuita la produzione da gas (-25 TWh), è cessato il programma di massimizzazione dell’utilizzo di carbone (-9 TWh) e dell’olio combustibile, mentre l’import elettrico (+8 TWh) ha raggiunto un record storico.

Un positivo riscontro nell’indice Ispred di Enea ha certificato i buoni risultati del nostro Paese per quanto riguarda la transizione del sistema energetico verso la decarbonizzazione. L’indicatore valuta tre dimensioni cruciali: decarbonizzazione, sicurezza dell’approvvigionamento e prezzo dell’energia.

Secondo Enea in questi ambiti l’Italia ha avuto un miglioramento del +25% rispetto al 2022, quando era crollato al minimo dal 2008, penalizzato dall’aumento delle emissioni e dai prezzi dell’energia. Il valore complessivo dell’indicatore sintetico della decarbonizzazione risulta nel 2023 pressoché doppio rispetto a un anno prima, mentre la singola componente prezzi evidenzia un miglioramento del 20%.

Sul fronte prezzi energetici, secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili per tutti i paesi Ue, il premio del prezzo dell’energia elettrica pagato dalle imprese italiane, rispetto alla media comunitaria, è sceso nel primo semestre 2023 al minimo della serie storica (+17% per la fascia di consumo 500-2.000 MWh).

Dall’analisi emerge anche come l’Italia non abbia partecipato attivamente alla crescita del 25% della spesa pubblica mondiale in ricerca energetica nel periodo 2019-2022, concentrata in particolare sulle tecnologie abilitanti (ma con un rallentamento di quella relativa alle rinnovabili). Il nostro Paese ha avuto una crescita soltanto dello 0,6%, con aumenti in particolare nei settori dell’idrogeno (+160% circa), del nucleare (+40% circa) e e delle tecnologie di conversione, trasmissione e stoccaggio dell’energia (+16%).

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