Efficientamento energetico e valore dell’abitazione. Cosa ne pensano i proprietari?

Da un’indagine commissionata dal Gruppo Gabetti e condotta dal Politecnico di Milano e dal Politecnico di Torino gli impatti delle certificazioni delle abitazioni sui prezzi di compravendita, ma anche del livello di cultura degli italiani sull'efficienza energetica in edilizia.

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Se c’è una religione condivisa in Italia, è quella della propria abitazione: l’80% degli italiani vive in una casa di proprietà, i loro figli spesso sognano di averne una e l’investimento immobiliare continua ad essere quello preferito per sicurezza e solidità.

Non stupisce quindi che in Italia la bozza di riforma europea della Energy Performance of Buildings Directive (EPBD), che regola le performance energetiche delle abitazioni, approvata a febbraio del 2023, è stata fonte di preoccupazioni, un po’ reali e po’ immaginarie.

La direttiva prevede che al 2030 tutte le abitazioni private nella Ue siano almeno in classe energetica E, ed arrivino alla D nel 2033 (in Italia oggi sono in maggioranza in classe G, l’ultima).

Ogni Stato dovrà predisporre politiche e misure di lungo termine per aiutare e spingere i cittadini a migliorare le abitazioni fino a raggiungere l’obbiettivo, sia per il bene dell’ambiente e del clima, che per quello delle stesse finanze dei cittadini, che hanno toccato con mano nel 2021-22 quanto possano diventare di colpo pesanti le bollette in case che sono dei colabrodo termici.

La traduzione di questa politica da parte dei politici che lucrano un facile consenso sulle paure, si è rivelata con una serie di fake news del tipo: “L’Ue vuole impedire ai padroni di casa di vendere e affittare le abitazioni nelle classi energetiche inferiori”, oppure “L’Europa vuole mettere una patrimoniale occulta sulla casa”, se non addirittura “Dopo il 2030 l’Ue demolirà le case che non rientrano nelle soglie”.

Insomma, la proposta europea è stata fatta passare non come un invito agli Stati affinché rendano più sostenibile il settore abitativo, con investimenti che si recuperano poi con il calo delle bollette energetiche, ma come un’odiosa violazione del diritto di proprietà al fine di spremere del denaro ai proprietari.

Ma gli italiani cominciano a non abboccare più a questa visione distorta delle ragioni e degli effetti legati al miglioramento dell’efficienza energetica domestica.

Lo indica una ricerca coordinata dal professor Gianpaolo Rosati, ordinario di Tecnica delle costruzioni al Politecnico di Milano, e commissionata dal gruppo Gabetti, la più grande agenzia immobiliare italiana.

“Abbiamo voluto misurare la considerazione che gli italiani hanno per gli interventi di efficientamento energetico delle case. Se cioè, secondo loro, una casa con APE elevato (Attestato di Prestazione Energetica, il certificato dell’efficienza di una casa, ndr), a parità di altre condizioni, valga più di una con Ape più basso”, ci spiega Nicola Arcaini, direttore del servizio di concessione prestiti di Abaco, il braccio finanziario di Gabetti.

“Precedenti rilevazioni avevano mostrato come per gli italiani l’APE di un’abitazione non fosse un fattore così importante nel determinarne il prezzo. Questa volta, invece, i risultati sono stati diversi”, ha detto.

La ricerca è stata condotta con due metodi: da una parte, esaminando il mercato immobiliare a Milano, Torino, Padova, Firenze e Roma, i ricercatori hanno estratto il dato di quanto effettivamente aumentasse il valore di un’abitazione per ogni scatto verso l’alto dell’APE, dall’altra è stato svolto un sondaggio su un campione di persone interessate ad acquistare casa, per vedere come valutassero qualitativamente il tema dell’efficienza energetica domestica.

I risultati sono molto chiari e ci sono stati illustrati da Arcaini.

Nel nord Italia il fattore prestazione energetica è già rilevante, mentre nel centro comincia a vedersi. A Milano, infatti, per un tipico appartamento di 100 mq del costo medio di 450mila euro, il fatto che sia in classe energetica A aggiunge al suo valore ulteriori 38.000 €, cioè, un premio dell’8,4%, che sale a Padova al 12% e a Torino addirittura al 17%. A Roma, invece, scende al 5% e a Firenze al 3-4%.

Anche le APE inferiori hanno un loro effetto: per esempio la B a Milano aggiunge un premio di 24.000 euro, la C di 15.500, la D di 9.600 e la E di 7.200.

“Oltre che fra le città del nord e del centro – spiega Arcaini – ci sono anche notevoli differenze fra le zone urbane: nei centri storici l’effetto dell’APE sul prezzo è minimo, lì ciò che conta è soprattutto la posizione dell’immobile; le persone che puntano a quelle case, in genere, si preoccupano poco dei consumi. Anche nelle periferie l’APE incide poco sul valore delle case, ma per i motivi opposti: la scarsa disponibilità di denaro obbliga a scegliere una abitazione senza curarsi molto della classe energetica. L’importanza dell’APE si nota soprattutto nei quartieri semicentrali e nelle prime periferie, dove comprano persone con redditi intermedi, che hanno una certa possibilità di scelta e una maggiore attenzione a questi temi”.

Un’attenzione che però non dipende solo dal risparmio o dal desiderio di avere una casa più sostenibile: la maggioranza di chi ha risposto al sondaggio vede nell’APE alta un indice di qualità della casa, di maggiore comfort.

“Per esempio, cambiare gli infissi, mettendo i doppi vetri, è spesso inteso come un mezzo per ridurre il rumore esterno, più che le spese di riscaldamento. La presenza del cappotto termico vuol dire anche che l’intonaco esterno della casa viene rinnovato con effetti estetici non trascurabili. E così via. Quanto alle motivazioni climatiche o ambientali, per adesso sono rilevabili solo nei potenziali acquirenti più giovani”, ricorda il direttore.

Il messaggio che un’APE elevato voglia dire un drastico taglio ad emissioni e bollette, sembra ancora non essere passato a sufficienza.

Forse meno polemiche e più informazione corrette su questi temi sarebbero utili per suscitare più interesse per questi interventi, anche prima dell’esplosione dei prezzi del gas nel 2021-22 e della pioggia di bonus.

Non dimentichiamo però che molti proprietari la ristrutturazione energetica, nonostante i bonus, non se la possono permettere, e tanti altri, abitando in condomini con riscaldamento centralizzato, hanno una scelta limitata di opzioni, e spesso solo il cambio degli infissi.

“È vero, comunque, che in Italia c’è poca cultura della manutenzione e del miglioramento dell’abitazione. Il risultato è che molti non badano tanto alle spese energetiche della casa, dandole per scontate, come se fossero inevitabili e immutabili, non curandosi o non conoscendo le tecnologie che permetterebbero al tempo stesso di tagliare i consumi e di aumentare il comfort domestico. Paradossalmente avere meno case di proprietà privata e tante case in affitto gestite da grandi società, come avviene in altri paesi, favorirebbe un maggiore interesse per le ristrutturazioni, con il conseguente aumento dei canoni o la riduzione delle spese”, dice il dirigente di Abaco.

Insomma, sia la particolare struttura del mercato immobiliare italiano, che una grave mancanza di informazioni corrette sui vantaggi dell’aumento dell’efficienza energetica nelle case, hanno prodotto in questi anni una grande ignoranza sulle tecnologie di efficientamento domestico e sui loro vantaggi.

Concedere tanti bonus, senza però spiegare bene gli effetti dei diversi interventi, li ha fatti sembrare più costose bizzarrie da ambientalisti che occasioni di miglioramento della qualità della vita, del budget famigliare, oltre che del valore dell’abitazione.

“Tuttavia, le cose, come dimostra il nostro studio, ora cominciano a cambiare. E uno dei fattori che ha indotto questo mutamento di considerazione in chi vuole comprare casa è stato proprio il bonus 110%: tutte le discussioni avvenute su questo strumento sui media e sui social, comprese quelle sugli effetti positivi di avere una casa con APE alta, hanno compensato in parte la mancanza di informazioni precedenti”, sottolinea Arcaini.

E ora che il superbonus si è ridimensionato, tornerà il disinteresse?

“Non credo proprio: tra un po’ si comincerà a discutere di come incentivare la ristrutturazione dell’enorme massa di case che hanno certificazioni basse o bassissime, in vista delle prescrizioni della direttiva EPBD, mentre appariranno sempre più strumenti finanziari che premieranno con condizioni migliori la scelta di case con APE alta. Sono convinto che l’importanza della classe energetica nel fissare il valore delle case non potrà che crescere” conclude il dirigente di Abaco.

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