Gli obiettivi al 2030 e 2035 della Direttiva sul rendimento energetico degli edifici (EPBD) sembrano abbastanza raggiungibili, grazie alla riduzione dei consumi domestici permessa dagli interventi incentivati dal Superbonus e dagli altri bonus edilizi.
Ma per centrare i target non residenziali e continuare ad efficientare le abitazioni si dovrà intervenire sui meccanismi che regolano il settore, riducendo molteplici fonti di attrito che hanno frenato e spesso paralizzato molti cantieri in passato.
Le regole fiscali europee dovranno tenere conto degli sforzi che gli Stati saranno costretti a fare per favorire l’efficienza energetica degli edifici, contabilizzando le spese di efficientamento come investimenti, perché questo sono, o comunque in maniera diversa rispetto agli obblighi di rendicontare gli incentivi come maggiore debito o minori entrate.
“Per attuare tale piano serve un adeguato sistema di incentivi fiscali, ma il ritorno in vigore delle regole di bilancio europee riduce tale sostegno: un deficit che nel 2023 è pari al 7,2% del Pil espone l’Italia, insieme con la Francia, ad una procedura di infrazione per deficit eccessivo”, ha fatto notare Enrico Quintavalle, Responsabile Ufficio Studi di Confartigianato.
“Un ciclo di politica fiscale restrittiva potrebbe compromettere il raggiungimento degli obiettivi europei in chiave green. Appare necessario un intervento dell’Unione europea basato sullo schema di NextGenerationEU per garantire l’attuazione del Green Deal. Solo un sistema di incentivi stabili nel tempo può dare certezze a famiglie e imprese”, ha detto Quintavalle.
Incentivi stabili non vuol dire incentivi a go-go. Si possono adottare incentivi modulabili in base al grado di efficientamento energetico ottenuto o in misura inversamente proporzionale al reddito. I metodi ci sono e gli esperti li conoscono.
Quello che serve è un quadro regolatorio stabile e di medio-lungo termine, assente nel caso del Superbonus e che solo la politica può dare, offrendo certezze e tranquillità sia ai proprietari di abitazioni che agli operatori.
Meccanismi virtuosi
Per l’Italia, ciò potrebbe voler dire rendere di nuovo praticabile lo sconto in fattura e la cessione del credito nel medio-lungo termine, visto che si tratta di interventi che per la loro portata richiederanno molti anni.
Si dovrebbe poi tornare ad allargare la platea dei cessionari, prevedendo misure per scoraggiare aumenti dei costi di prodotti e servizi che non dipendano dalle dinamiche della domanda e dell’offerta.
Anche in questo caso, ci sono modi per evitare che le imprese edili aumentino troppo i prezzi quando i proprietari di casa hanno accesso a detrazioni fiscali generose per i progetti di efficienza energetica. Si possono attuare, per esempio, diverse misure:
- Trasparenza: il governo può imporre alle imprese edili di rendere note le loro strutture di prezzo, rendendo più facile per i proprietari di casa confrontare i costi tra i diversi fornitori.
- Concorrenza: incoraggiare una concorrenza leale sul mercato, promuovendo una varietà di imprese edili e di appaltatori che offrono servizi simili; questo scoraggerebbe le imprese dall’aumentare significativamente i prezzi.
- Fissare dei massimali dinamici di prezzo: nell’era del “tempo reale” e dei “big data” è possibile seguire l’andamento dei mercati domestici e internazionali per fissare limiti massimi di prezzo realistici e competitivi per specifici servizi, impedendo alle imprese di applicare tariffe esorbitanti.
- Monitoraggio e sanzioni: istituire un organismo di regolamentazione per monitorare le pratiche di prezzo delle imprese di costruzione e applicare sanzioni in caso di aumenti ingiusti dei prezzi.
- Educare i consumatori: fornire ai proprietari di casa informazioni sui costi medi di efficientamento e consigli su come negoziare con le aziende.
- Incentivare prezzi equi: progettare il programma di detrazioni fiscali in modo da incentivare le imprese edili a mantenere prezzi equi; ad esempio, le imprese che mantengono prezzi ragionevoli potrebbero ricevere altre forme di riconoscimento fiscale.
L’implementazione di queste misure contribuirebbe a garantire che i benefici delle detrazioni fiscali per i progetti di efficienza energetica vengano sfruttati al meglio. Ma fra i meccanismi virtuosi potrebbero rientrare anche altri approcci.
Nuovo ruolo di contratti e soggetti privati?
“Stiamo lavorando sulla riforma delle detrazioni fiscali per le riqualificazione energetica degli edifici”, ha detto il ministro Gilberto Pichetto Fratin in un’audizione alla commissione Attività produttive della Camera.
Intanto, il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) sta gettando le basi per il piano nazionale di riqualificazione richiesto dalla direttiva, la cui approvazione ufficiale è prevista il 12 aprile.
In risposta a un’interrogazione parlamentare di Erica Mazzetti di Forza Italia, sempre alla Camera, la vice-ministra dell’Ambiente Vannia Gava ha infatti dichiarato che già dall’agosto scorso il Mase ha attivato un tavolo di lavoro, “con l’obiettivo di elaborare proposte concrete e condivise per il raggiungimento degli sfidanti obiettivi di efficienza energetica previsti dal Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec)”.
Il tavolo del Mase sta “elaborando una serie di misure volte ad accompagnare il processo di riqualificazione energetica degli edifici, tenendo conto dell’esigenza di mobilitare maggiori risorse private attraverso il ricorso a nuovi strumenti finanziari e la promozione dei contratti di prestazione energetica e delle imprese dei servizi energetici”, ha proseguito la vice-ministra, riferendosi alle cosiddette ESCo.
I lavori del tavolo si concluderanno a maggio e da ciò “si potranno avere elementi quantitativi più dettagliati”, ha concluso Gavia.
In sostanza, il governo sembra intenzionato a dare un ruolo maggiore ai contratti e ai soggetti privati, presumibilmente con l’obiettivo di alleggerire almeno in parte l’impegno finanziario dello Stato per la riqualificazione energetica dello stock immobiliare.
Integrazione fra efficienza energetica e rinnovabili
A pesare sulle sorti dell’efficientamento energetico è l’insufficiente presenza di logiche di integrazione tra efficienza energetica e rinnovabili, secondo il Centro Studi per l’Economia e il Management dell’Efficienza Energetica (Cesef) e AGICI, società di ricerca e consulenza specializzata nel settore delle utilities, delle rinnovabili, delle infrastrutture e dell’efficienza energetica.
Una maggiore integrazione di energie rinnovabili (Fer) ed efficienza energetica (EE) porterebbe a un miglioramento nella riduzione della CO2 dei progetti di riqualificazione, che può arrivare al 98% per le villette unifamiliari e al 78% per i condomini, secondo il Rapporto Cesef 2023.
Dallo studio emerge come l’integrazione EE-fer sia più costo-efficiente della sola efficienza energetica e più efficace delle sole Fer. La redditività di interventi integrati, misurata dal valore attuale netto, aumenta fino al 29% per gli edifici pubblici, fattore che riduce i tempi di ritorno degli investimenti, elemento essenziale per riuscire a finanziare i progetti.
Tutto ciò si traduce in un costo per la decarbonizzazione inferiore rispetto a progetti separati, secondo lo studio.
Nuove politiche
Per incentivare gli investimenti e raggiungere i nuovi obiettivi fissati dall’Ue, il rapporto suggerisce diverse modifiche alle politiche attualmente in vigore, basate su maggiori riconoscimenti per interventi che raggiungono migliori performance energetiche.
In particolare, per il settore residenziale il Cesef indica l’introduzione di un sistema di aliquote modulari che favoriscano l’edilizia popolare con una detrazione del 90%, seguita da un’aliquota del 60-70% per gli edifici con le peggiori performance energetiche.
Per le pubbliche amministrazioni si propone un rafforzamento del Conto Termico, prevedendo un collegamento tra questo e lo strumento delle Comunità Energetiche per promuovere il fotovoltaico.
Nel settore industriale, l’integrazione potrebbe essere favorita dall’attesa istituzione di aste complementari al sistema dei Certificati Bianchi. Secondo la proposta del Cesef si tratterebbe di aste specifiche per combinare le tecnologie rinnovabili e gli interventi di efficientamento, premiando così il maggior investimento sostenuto dagli operatori.
Lo studio, inoltre, ha proposto nuovi incentivi mirati per le pompe di calore e la decarbonizzazione dell’industria energivora.
Per favorire un maggiore utilizzo delle prime, la proposta è quella di un incentivo all’uso che agisca direttamente sul costo della bolletta elettrica, per esempio con tariffe dedicate, affiancate dalle detrazioni di sconto in fattura e cessione del credito per la sostituzione e l’installazione di nuovi impianti.
Per abbattere le emissioni dell’industria, in particolare nei settori difficili da decarbonizzare, si propone invece un sistema di incentivazione ad asta, che premi in modo crescente il maggiore abbattimento di CO2 che gli interventi integrati garantiscono.
In tutto ciò, è auspicabile che la riforma delle detrazioni fiscali menzionata dal ministro Fratin comprenda anche un riordino e una razionalizzazione della selva di bonus più o meno sovrapponibili attualmente esistente.
Il primo articolo su questo tema: Direttiva edifici green: non c’è nessuna “follia” (1a parte) (pubblicato il 21 marzo 2024).