Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, interviene nel dibattito sulla proposta di direttiva Ue per le case green, affermando che “sarà il governo italiano e nessun altro a decidere tempi e modi per rendere sostenibile il patrimonio immobiliare del nostro Paese”.
La direttiva, ricordiamo, ha innescato molte critiche e polemiche in Italia, con alcuni esponenti della destra che hanno parlato di un vero e proprio “attacco alla casa” da parte di Bruxelles (si veda Direttiva sulle case green: gli attacchi e perché invece deve essere un’opportunità).
Pichetto Fratin, in una lettera pubblicata sul Sole24Ore e citata in una nota del ministero, sottolinea che “non abbiamo accettato un testo penalizzante per l’Italia. Al contrario, il nostro Paese ha vinto una battaglia a Bruxelles facendo passare una soluzione di mediazione sugli standard minimi di prestazione che alcuni paesi volevano più stringenti” (neretti nostri nelle citazioni).
Il ministro parla così di “una vittoria diplomatica” dove il governo “ha accettato solo l’orientamento generale della direttiva”, mentre sarà successivamente “il nostro piano nazionale di ristrutturazione a prevedere una tabella di marcia […]”.
Poi evidenzia che “non sono previsti obblighi per i proprietari: la realizzazione degli obiettivi di ristrutturazione è in capo agli Stati membri”; inoltre, la proposta “non prevede alcuna limitazione della possibilità di vendere o affittare gli edifici non riqualificati” mentre gli Stati membri “potranno stabilire criteri per esentare alcune categorie di edifici come gli immobili di valore architettonico o storico”.
In sostanza, secondo il titolare del Mase, la misura concede “ampi margini di elasticità” e tiene conto “della peculiarità del nostro paese, indicando per gli edifici esistenti un percorso da qui ai prossimi 27 anni i cui step saranno decisi a Roma e non a Bruxelles”.
Per il 9 febbraio, ricordiamo, è previsto il voto della commissione Energia del Parlamento sul testo; poi si passerà al voto in plenaria a Strasburgo e ai successivi negoziati istituzionali “a tre” (Parlamento, Consiglio, Commissione) per un accordo definitivo.