Nei giorni scorsi, diversi ministri tedeschi hanno intensificato le loro critiche sulla proposta per la nuova direttiva Edifici, la cosiddetta EPBD, un altro dossier che sta suscitando nell’opinione pubblica una forte preoccupazione, prontamente cavalcata da destre e populisti.
Sabato, anche la socialdemocratica ministra dell’Edilizia abitativa, Klara Geywitz, ha chiarito la sua contrarietà agli obblighi di ristrutturazione edilizia proposti da Bruxelles e avvallati dal Parlamento europeo, mentre il ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, già da tempo ha espresso posizioni simili.
Come sappiamo, al momento sono in corso i negoziati tra i governi europei e l’Europarlamento per la revisione della direttiva EPBD. In teoria, potrebbero chiudersi entro novembre, ma a quanto apprendiamo non stanno andando esattamente lisci.
Il prossimo trilogo si svolgerà il 6 ottobre e sul tavolo ci saranno aspetti politicamente sensibili, come l’obbligo del solare negli edifici, i requisiti energetici minimi, gli attestati di prestazione energetica e gli edifici a emissioni zero.
Se non si raggiungeranno compromessi su queste aree – spiega a QualEnergia.it chi sta seguendo il dossier – la presidenza di turno spagnola potrebbe ridurre la priorità dell’EPBD e l’approvazione della direttiva rivista potrebbe slittare a dopo il 31 dicembre, quando la presidenza andrà al Belgio.
In questo contesto, le notizie dal governo tedesco non fanno presagire una strada in discesa. Così sabato la ministra Geywitz (in un’intervista alla Neue Osnabrücker Zeitung): “dico no a standard minimi per ogni casa senza considerare chi ci vive, chi la possiede e per quanto tempo può ancora essere utilizzata”.
E ancora: la ristrutturazione è “uno sforzo enorme che non possiamo imporre per legge (…) sono quindi critica nei confronti della regolamentazione più severa proposta dal Parlamento europeo”.
Insomma è chiaro che Berlino, con il suo peso determinante nelle decisioni europee, è pronta a fermare la nuova direttiva Edifici nella sua forma attuale.
Alle prese con una situazione economica preoccupante (stime della Commissione sul Pil riviste dal -0,2% al -0,4% la settimana scorsa), l’esecutivo Spd-Verdi-Fdp deve confrontarsi con un’opposizione che acquisisce consenso, anche cavalcando il malcontento per le nuove regole green che Bruxelles vorrebbe imporre.
In tutto questo, la coalizione tripartitica si sposta sempre di più sulle posizioni dei liberali, secondo i quali le misure imposte dall’Ue soffocherebbero ulteriormente l’economia tedesca: il leader dell’Fdp, il ministro delle Finanze Lindner, la settimana scorsa ha dichiarato che la direttiva Edifici è addirittura “pericolosa (…) anche per quanto riguarda la pace sociale”.
Sull’EPBD, nel governo tedesco si sta insomma ripetendo quanto accaduto per le caldaie a gas.
A inizio mese, ricordiamo, il parlamento tedesco ha adottato la controversa legge con un testo a dir poco annacquato rispetto alla proposta iniziale. Parallelamente, Berlino ha fatto inversione di rotta anche a livello europeo, opponendosi agli standard Ecolabel proposti dalla Commissione, ai quali fino ad aprile era favorevole e che porterebbero a un bando dei sistemi a metano stand alone dal 2029.
Già dalla primavera scorsa, l’opposizione alle nuove regole sulle caldaie a gas in Germania era stata al centro del dibattito politico, facendo schizzare nei sondaggi i partiti che hanno cavalcato il malcontento, primi i sovranisti neonazisti di AfD, passati dal 15 al 21% in questi mesi (secondo il Poll of Polls di Politico).
In parallelo, è crollata la popolarità del principale promotore del bando, il ministro dell’Economia Robert Habeck dei Verdi. Tutto questo ha spinto i liberali, partner minore della coalizione di governo, a chiedere modifiche; l’Spd e, con minor prontezza, gli stessi Verdi, le hanno poi accolte.