Caldaie a gas, la svolta tedesca mette in forte dubbio lo stop Ue dal 2029

Dopo un'accesa campagna contro i divieti, la Germania ha approvato una legge molto annacquata e da giugno ha cambiato posizione anche sul fronte europeo, stralciando di fatto la proposta di Bruxelles di bandire le caldaie a gas dal 2029.

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Ad aprile scorso avevamo raccontato della proposta della Commissione europea che avrebbe portato a bandire le caldaie a gas dal 2029.

A quel tempo, la Germania era tra i paesi favorevoli al bando come disegnato da Bruxelles e ne stava a sua volta definendo uno nazionale, addirittura anticipato al 2024.

Oggi, quattro mesi dopo, è tutto diverso. Venerdì 9 settembre, Berlino ha votato una legge nazionale sul riscaldamento degli edifici che è solo l’ombra di quella che era in discussione ad aprile e che, in sostanza, permetterà di installare sistemi a gas per un paio di decenni.

Nel frattempo, già da giugno scorso, la Germania ha fatto un’inversione a 180° anche sul fronte europeo, passando da favorevole a contraria alle regole piuttosto stringenti che la Commissione Ue vorrebbe porre sui sistemi di riscaldamento.

Dietro la svolta tedesca, populismo e sovranismo: cavalcando una campagna stampa accesissima contro la legge sulle caldaie, partiti di estrema destra come Alternative fur Deutschland hanno scalato i sondaggi, portando a crepe nella coalizione di governo tra SPD, Verdi e FDP.

Soprattutto per la contrarietà dei Liberali, che ha convinto i Socialdemocratici di Scholz, il governo tedesco ha fatto marcia indietro, arrivando all’annacquata legge approvata venerdì e alla nuova posizione sul fronte europeo.

La legge tedesca

Il parlamento tedesco ha dunque adottato la controversa legge sull’energia negli edifici con un testo a dir poco annacquato rispetto alla proposta iniziale, che prevedeva che dal 2024 i nuovi impianti di riscaldamento dovessero essere alimentati per almeno il 65% da rinnovabili, bandendo di fatto gli apparecchi a gas stand-alone.

Nella versione finale votata, il bando alle caldaie a metano (a fronte di un incentivo fino al 70% per acquistare sistemi meno inquinanti) è invece sostanzialmente annullato da tutta una serie di deroghe.

I sistemi di riscaldamento a gas saranno consentiti finché non sarà adottata la pianificazione dei riscaldamenti comunali, fino a giugno 2026 per i comuni sotto i 100.000 abitanti e fino a giugno 2028 nelle municipalità più grandi. Ma viste le altre eccezioni, sembra improbabile che queste scadenze contino qualcosa.

Difatti, le caldaie a fonti fossili saranno permesse per un periodo di transizione di 10 anni se nell’area è in programma un sistema di teleriscaldamento alimentato almeno al 65% da rinnovabili. Inoltre, si potranno continuare a vendere sistemi a gas hydrogen ready se nella zona è previsto che arrivi un servizio di distribuzione dell’idrogeno entro il 2044.

Lo scontro politico e il monito per gli altri paesi

Anche se svuotata, la legge sull’energia negli edifici tedesca non ha placato le polemiche, con i partiti all’opposizione (CDU in testa) che hanno già promesso di stralciarla se ritorneranno al governo con le elezioni del 2025.

Già dalla primavera scorsa, l’opposizione alle nuove regole in Germania è stata usata come una clava politica.

Un’opinione pubblica fomentata da una campagna stampa, guidata dalla diffusissima testata Bild, ha fatto salire il consenso dei partiti che si sono spesi contro la proposta di legge, primi i sovranisti neonazisti di AfD, passati dal 15 al 21% in questi mesi (secondo il Poll of Polls di Politico).

In parallelo, è crollata la popolarità del principale promotore del bando, il ministro dell’Economia Robert Habeck dei Verdi.

Tutto questo ha spinto i liberali, partner minore della coalizione di governo, a chiedere modifiche; l’SPD e, con minor prontezza, gli stessi Verdi, le hanno poi accolte. Parallelamente, l’esecutivo tedesco si è impegnato a prendere posizione contro norme simili a livello europeo, come appunto la proposta della Commissione sull’Ecodesign che Berlino appoggiava.

La vicenda è un chiaro avvertimento di quanto possa essere politicamente costoso sostenere politiche serie per il clima, vista la prontezza di sovranisti e destre nell’alimentare e sfruttare lo scontento che queste possono scatenare.

Si allontana anche il divieto europeo

Come conferma a QualEnergia.it Davide Sabbadin, Deputy Policy Manager for Climate dell’European Environmental Bureau, che sta seguendo da vicino il dossier, il dietrofornt tedesco cambia completamente le prospettive anche per l’Ecodesign, ossia i nuovi standard per gli impianti di riscaldamento proposti dalla Commissione Ue, che vieterebbero dal 2029 la nuova installazione di caldaie a gas autonome.

“Non sono più solo l’Italia e gli stati dell’est Europa a opporsi, ma, contro ogni aspettativa, anche la Germania ha cambiato opinione. E la Germania, con il suo peso al momento del voto, è il paese più importante”, spiega Sabbadin. “La proposta iniziale senza deroghe è già morta”.

Il cambio della musica si è visto già all’incontro tecnico dello scorso 12 giugno, che doveva servire per definire le “eccezioni” ai nuovi limiti per situazioni in cui sia “difficile e/o molto costoso” prevedere soluzioni alternative al metano. “Anziché definire casi concreti, gli Stati si sono limitati a un ‘no’ non motivato”, riporta Sabbadin.

Insomma, per ora sul fronte Ecodesign si è a uno stallo. Per capire se e quali limitazioni l’Ue introdurrà sul riscaldamento a gas tramite questi standard, dovremo attendere i primi mesi del 2024.

I negoziati riprenderanno infatti dopo la chiusura di un altro dossier importante e strettamente connesso, quello dell’EPBD, la nuova direttiva Edifici, attesa per novembre.

A quel punto, la Commissione proverà a definire la questione Ecodesign entro la fine del mandato. Non è detto però che ci riesca e in quel caso, spetterà all’esecutivo europeo che uscirà dalle elezioni del 2024 stabilire come saranno i limiti per i sistemi di riscaldamento.

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