La COP28 alla prova del negazionismo climatico del sultano Al Jaber

Mentre 116 firmano per triplicare la potenza da Fer e la scienza ripete il suo monito, è tempesta per le posizioni pro fossili del presidente della conferenza sul clima.

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Sembra sempre più difficile che la COP28 in corso Dubai potrà chiudersi con l’inserimento, nel testo ufficiale che chiuderà la ventottesima conferenza Onu sul clima, del termine “phase-out”, l’uscita graduale dai combustibili fossili.

Le ultime dichiarazioni del presidente della COP, il sultano Al Jaber, diffuse dal quotidiano inglese The Guardian e riprese dalla stampa internazionale, evidenziano ancora più  le contraddizioni di un negoziato sul clima affidato a un Paese che rappresenta gli interessi delle multinazionali del petrolio (lo stesso Al Jaber, ricordiamo, è amministratore delegato della società petrolifera degli Emirati Arabi, Adnoc).

Parlando a un evento online su Zoom del 21 novembre – prima quindi che iniziasse la COP – Al Jaber ha detto che “non esiste alcuna scienza, né alcuno scenario, che affermi che l’eliminazione graduale dei combustibili fossili sia ciò che permetterà di raggiungere 1,5°C”.

Poi, rivolgendosi al suo interlocutore, Mary Robinson, a capo di “The Elders” (gruppo indipendente di leader globali che lavora per i diritti umani, la pace e la sostenibilità ambientale), Al Jaber ha aggiunto: “Per favore aiutami, mostrami la tabella di marcia per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili che consentirà uno sviluppo socio-economico sostenibile, a meno che tu non voglia riportare il mondo nelle caverne”.

È un condensato di negazionismo climatico che conferma quanto siano radicati gli interessi della lobby oil & gas nel processo della transizione energetica.

Al contrario, per la scienza del clima superare la soglia di 1,5 °C di riscaldamento globale “sta diventando rapidamente inevitabile” ed è quindi essenziale ridurre “al minimo l’entità e la durata del superamento” (ricordiamo che a novembre la temperatura media del Pianeta ha superato per la prima volta, temporaneamente, 2°C rispetto all’età preindustriale, si veda Clima, allarme Unep: temperature sempre più su e nessun taglio delle emissioni).

L’allarme è stato rilanciato dai “10 New Insights in Climate Science”, il rapporto presentato ieri, domenica 3 dicembre, alla COP28, da diverse organizzazioni scientifiche.

Tra le raccomandazioni più importanti, si afferma che “per rimanere entro l’obiettivo dell’Accordo di Parigi [contenere a 1,5°C l’aumento medio delle temperature entro fine secolo, rispetto ai livelli preindustriali] è necessaria un’eliminazione rapida e gestita dei combustibili fossili”.

La COP28 era iniziata con un traguardo importante, l’accordo per rendere operativo il fondo loss and damage, con i primi contributi messi in campo da diversi Paesi, tra cui l’Italia che parteciperà con i 100 milioni di euro annunciati dalla premier Giorgia Meloni.

Ma dietro questo accordo restavano i dubbi, poi ampiamente confermati, che i soldi per risarcire i Paesi emergenti dalle perdite e danni causati dai disastri naturali, siano solo una piccola parte di un “gioco” molto più articolato, focalizzato su come mantenere il core business delle fonti fossili.

La stessa Meloni, parlando alla plenaria della COP, ha affermato che bisogna puntare verso “una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale, una transizione ecologica non ideologica”, richiamando i temi centrali per il suo governo (come la neutralità tecnologica e l’apertura al nucleare).

Parole certamente più morbide rispetto a quelle del sultano, ma che danno ugualmente la misura della strada che ancora ci separa da un documento finale della COP che parli finalmente di un impegno globale a uscire dai combustibili fossili.

Intanto, sabato 2 dicembre, 116 Paesi hanno siglato il Global Decarbonization Accelerator, una serie di iniziative per accelerare la transizione energetica e ridurre le emissioni di CO2, tra cui un impegno a triplicare la potenza totale installata nelle fonti rinnovabili ad almeno 11mila GW e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica (dal 2% attuale al 4% nel 2030).

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