Venerdì scorso, 17 novembre, è stato il primo giorno in cui la temperatura media globale del Pianeta ha superato di 2 °C i livelli preindustriali, raggiungendo 2.07°C sopra la media del 1850-1900, secondo i dati del programma Copernicus dell’Unione europea.
E i dati preliminari per il 18 novembre indicano una tendenza analoga.
Ciò non significa – è bene precisare – che la Terra è già entrata in uno stato permanente di surriscaldamento sopra 2°C, ma è un segnale che il clima sta diventando sempre più caldo e con potenziali eventi estremi (come ondate di calore e siccità) sempre più intensi e frequenti.
Intanto, la concentrazione media globale di anidride carbonica nell’atmosfera sta continuando ad aumentare e nel 2022, per la prima volta, ha superato di un buon 50% i valori preindustriali, ha riferito la World Meteorological Organization (WMO).
Mentre succede questo, i governi di tutto il mondo non riescono ancora a ridurre le emissioni di CO2, per portarle su una traiettoria compatibile con l’obiettivo fissato dagli accordi di Parigi nel 2015 (limitare il global warming sotto 2°C in confronto all’età preindustriale).
In questo momento, infatti, scrive il programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep) nel suo Emissions Gap Report 2023 (link in basso), gli impegni presi dai vari Paesi per tagliare le emissioni ci stanno conducendo verso un aumento delle temperature di 2,5-2,9 °C a fine secolo.
Ciò sottolinea ancora una volta l’urgenza di incrementare l’azione climatica, scrive l’Unep, quando manca poco più di una settimana alla partenza della ventottesima Conferenza Onu sul clima (CoP28), dal 30 novembre al 12 dicembre a Dubai, negli Emirati Arabi (si veda anche I piani nazionali per il clima in vista della COP28 sono insufficienti).
Il segretario generale dell’Onu, Antònio Guterres, non ha usato giri di parole: “Occorre estirpare la radice avvelenata della crisi climatica: i combustibili fossili. E ciò richiede una transizione giusta ed equa verso le rinnovabili”.
Molte compagnie del petrolio e del gas però non stanno andando in questa direzione e anzi stanno pianificando nuovi investimenti per estrarre fonti fossili e ricavarne ingenti profitti.
Dal rapporto emerge che le emissioni globali di gas serra sono cresciute dell’1,2% nel 2022 rispetto ai dodici mesi precedenti, toccando il record di 57,4 miliardi di tonnellate (Gt, giga-tonnellate) di CO2 equivalente.
“A causa di queste tendenze preoccupanti e degli insufficienti sforzi di mitigazione, il mondo è sulla buona strada per un aumento della temperatura ben oltre gli obiettivi climatici concordati durante questo secolo”, evidenzia l’Unep.
In termini percentuali, si spiega, il mondo deve ridurre le emissioni del 28% entro il 2030 rispetto alle politiche correnti, per essere in linea (con una probabilità del 66%) con l’obiettivo dei 2°C previsto dall’Accordo di Parigi.
Per puntare al traguardo di 1,5 °C bisogna tagliare le emissioni con una velocità e intensità ancora maggiore: del 42% al 2030.
Invece nello scenario delle politiche correnti e negli scenari NDC (grafico sotto), ci sono tra 11 e 22 Gt di anidride carbonica di troppo, rispetto alle traiettorie che puntano a limitare il surriscaldamento globale a 1,5 o 2 °C.
Altro aspetto critico è che gli attuali impegni Net Zero dei governi, volti ad azzerare le emissioni nette di CO2 per metà secolo, non sono considerati credibili: difatti, si osserva, nessuno dei paesi del G20 sta riducendo le emissioni a un ritmo coerente con tali impegni.
Il rapporto quindi invita tutte le nazioni a focalizzarsi sulla transizione energetica; in particolare, occorre limitare la produzione e l’uso di combustibili fossili e incrementare i finanziamenti alle tecnologie pulite.
Estraendo tutto il gas, il petrolio e il carbone da giacimenti e miniere esistenti e pianificate, osserva l’Unep, si esaurirebbe quasi interamente il budget della CO2 disponibile per limitare il surriscaldamento globale a 2 °C.
In altre parole: la quantità di CO2 che possiamo ancora emettere nell’atmosfera, se vogliamo rimanere su un percorso compatibile con i traguardi climatici, è limitato e sarebbe del tutto “consumato” dalle attività delle industrie fossili.
L’Unep evidenzia, infine, un punto fondamentale, legato alla finanza climatica: i Paesi ad alto reddito e ad alte emissioni devono intraprendere azioni più ambiziose e rapide, oltre a fornire supporto finanziario e tecnico ai paesi in via di sviluppo.
Il seguente documento è riservato agli abbonati a QualEnergia.it PRO:
Prova gratis il servizio per 10 giorni o abbonati subito a QualEnergia.it PRO