Quelle connessioni fra crisi climatica, pace e sicurezza

La Commissione europea mette a punto nuove prospettive sul nesso tra crisi e degrado ambientale, pace, sicurezza e difesa. Come mitigare questo circolo vizioso e il suo impatto anche per l’Ue?

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Dei venti Paesi più ambientalmente vulnerabili e meno preparati ai cambiamenti climatici, 12 erano teatro di conflitti nel 2020.

Dal 2008, una media annuale di 21,5 milioni di persone si sono ritrovate sfollate a causa di eventi meteorologici, come inondazioni e ondate di calore. Ed entro il 2050, oltre 1 miliardo di persone non avrà accesso sufficiente all’acqua, il degrado del suolo potrebbe salire al 90% e la domanda di cibo potrebbe aumentare del 60%.

La Commissione europea è partita da questi dati e stime per focalizzare una nuova prospettiva sul nesso tra crisi climatica, degrado ambientale e sicurezza, in un documento inviato al Parlamento europeo e al Consiglio, in risposta alle richieste di approfondimento fatte dal Consiglio stesso lo scorso marzo.

L’obiettivo dell’analisi è saper affrontare meglio l’impatto su pace, sicurezza e difesa dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale, trasformando possibilmente un circolo vizioso in un circolo virtuoso, o almeno mitigando gli effetti negativi dell’interazione fra crisi climatica, ambientale e sicurezza.

Vanno aggiornate le politiche

Gli eventi climatici estremi, l’innalzamento delle temperature e del livello del mare, la desertificazione, la scarsità d’acqua, le minacce alla biodiversità e l’inquinamento ambientale minacciano la salute e il benessere delle persone là dove avvengono e alimentano massicci movimenti migratori, pandemie, disordini sociali, instabilità e conflitti.

Anche le forze armate europee devono confrontarsi con nuove e difficili condizioni operative dovute ai cambiamenti climatici.

Queste nuove minacce, sommate all’intensificarsi della competizione geopolitica per le risorse e le tecnologie necessarie alla transizione verde, spingono sempre di più alleati e partner ad aggiornare le loro politiche.

L’importanza delle azioni e della comunicazione

L’Unione europea intende adottare un approccio maggiormente integrato. Ciò vuol dire sovrapporre i temi di clima, pace e sicurezza, rendendoli il cardine attorno al quale far ruotare tutte le sue politiche esterne.

L’idea è quella di prendere in considerazioni tali molteplici ambiti a tutti i livelli, dalla definizione delle politiche esterne, alla loro pianificazione, fino allo svolgimento delle operazioni sul campo assieme ai partner.

Per realizzare questa architettura saranno fondamentali la raccolta dei dati e la loro efficace interpretazione e comunicazione, secondo il documento della Commissione, consultabile dal link in fondo a questo articolo.

A tal proposito, il Centro Satellitare dell’Unione Europea (SatCen) esplorerà lo sviluppo di un polo di conoscenza integrato. L’hub per i dati e le analisi sulla sicurezza del clima e dell’ambiente, che sarà creato all’interno di SatCen, offrirà un punto di osservazione privilegiato per le valutazioni dei rischi sulla sicurezza legati al clima.

La Commissione continuerà inoltre a migliorare l’accesso ai dati e alle analisi sul cambiamento climatico, sul degrado ambientale e sul loro impatti per la sicurezza e la difesa attraverso le piattaforme esistenti, come il portale Science for Peace.

Oltre a questa iniziativa, l’Ue attuerà una trentina di altre azioni, tra cui:

  • l’impiego di consulenti ambientali nelle missioni e nelle operazioni della Politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) entro il 2025;
  • la creazione di piattaforme di formazione a livello nazionale e dell’Ue, come la Piattaforma di formazione dell’Ue in materia di clima, sicurezza e difesa nell’ambito dello European Security and Defence College (ESDC);
  • l’istituzione di un nuovo meccanismo di sostegno al clima e alla difesa per individuare lacune e opportunità di collaborazione riguardo competenze, ricerche, standard verdi, raccolta dati, sviluppo di metodologie, incentivi e promozione di progetti.
  • lo sviluppo di analisi e studi approfonditi sulle politiche e le relative missioni, in particolare nelle aree geografiche vulnerabili come il Sahel o l’Artico.

Il cambiamento climatico, infatti, è la minaccia più grave per le regioni artiche, con temperature che aumentano da 3 a 4 volte più velocemente della media globale. Lo scioglimento dei ghiacci del Mar Glaciale Artico apre anche potenziali rotte di navigazione e accesso alle risorse naturali che possono portare a maggiori tensioni sulla sicurezza nella regione.

Il contesto e i crimini ambientali

Il cambiamento climatico e il degrado ambientale sono intrinsecamente connessi e si aggravano a vicenda, e stanno già incidendo sulla sicurezza della produzione alimentare, riducendo la resa delle principali colture come mais, riso e grano e aumentando il rischio di danni simultanei dei raccolti nei principali Paesi produttori.

Allo stesso tempo, anche la produzione alimentare insostenibile determina il degrado ambientale e la scarsità d’acqua.

L’instabilità e la scarsità di risorse indotte dal clima e dall’ambiente sono attivamente strumentalizzate da gruppi armati, dalla criminalità organizzata e da regimi corrotti o autoritari, anche attraverso crimini ambientali. Quest’ultimo è già diventato il quarto settore criminale globale in termini di crescita, accelerando ulteriormente la crisi ambientale, anche attraverso lo sfruttamento insostenibile delle risorse naturali.

Le forze armate europee, oltre a dover aumentare il proprio grado di preparazione per affrontare questo nuovo contesto, devono anche ridurre le loro emissioni e la dipendenza dai combustibili fossili, adottando sempre di più energia verde, senza compromettere la loro efficacia operativa e la resilienza delle infrastrutture critiche della difesa.

Investimenti climatici in aumento?

In questo quadro, gli investimenti pro-clima e pro-ambiente diventano a tutti gli effetti investimenti per la pace e la sicurezza.

Questo tipo di investimenti aumenta la resilienza dei Paesi a basso reddito e più vulnerabili, anche in termini di sicurezza alimentare, promuovendo approcci sostenibili di lungo termine alla gestione delle risorse naturali.

Il cosiddetto “Strumento di vicinato”, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI-Global-Europe) include un obiettivo di spesa del 30% per l’azione a favore del clima, incentrato sulle misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, aumentato di altri 4 miliardi di euro, come annunciato dalla Commissione nel settembre 2021.

Questo strumento contribuirà inoltre all’obiettivo dell’Ue di raggiungere una spesa per la biodiversità del 7,5% nel 2024 e del 10% nel 2026 e 2027.

La Commissione ha inoltre già annunciato il raddoppio dei finanziamenti internazionali per la biodiversità, in particolare per i Paesi più vulnerabili, portandoli a 7 miliardi di euro per il periodo 2021-2027.

In questo ambito, il Senegal, per esempio, recentemente ha firmato un accordo da 2,5 miliardi di euro con l’Ue e per aumentare la quota di rinnovabili al 40% entro il 2030.

Sono ormai molti anni che i Paesi ricchi del mondo hanno promesso di spendere 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020 nei Paesi poveri per ridurre le emissioni e contribuire al loro adattamento climatico. I Paesi ricchi, in realtà, hanno speso in media 66,5 mld $ l’anno dal 2012 al 2020, con un massimo di 80,4 miliardi nel 2019, secondo un’analisi dell’Ocse.

Al recente vertice di Parigi sulla finanza climatica, il presidente francese Macron si è detto “fiducioso” che i Paesi ricchi rispetteranno finalmente l’impegno quest’anno, con quasi tre anni di ritardo rispetto alla scadenza del 2020 (Finanza climatica, più vuoto che pieno il bicchiere servito a Parigi).

Un lungo percorso ancora da fare

L’Ue aveva affrontato per la prima volta il tema del cambiamento climatico come moltiplicatore di minacce nel suo rapporto sul cambiamento climatico e la sicurezza internazionale del 2008.

La tabella di marcia per il cambiamento climatico e la difesa del 2020 e il concetto di approccio integrato al clima e alla sicurezza del 2021 avevano poi definito meglio i legami tra il cambiamento climatico e la gestione delle crisi e la difesa europea.

Il documento appena redatto rappresenta la prima prospettiva completa e organica su queste connessioni. Vedremo se e in che misura l’Unione europea riuscirà a ridurre e mitigare effettivamente quel circolo vizioso che si è finora creato fra clima, ambiente e sicurezza.

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