Finanza climatica, più vuoto che pieno il bicchiere servito a Parigi

Anche se non è stato un fallimento completo, gli oltre 40 leader mondiali hanno compiuto progressi limitati sulle riforme per aumentare un concreto sostegno dei Paesi ricchi a quelli poveri più colpiti dalla crisi climatica.

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L’obiettivo era quello di accelerare molto la tabella di marcia per la riforma della finanza climatica e delle istituzioni finanziarie multilaterali, come la Banca Mondiale.

Il risultato raggiunto a Parigi da oltre 40 leader mondiali è stato invece quello di fare solo qualche passo avanti, senza tuttavia trovare quella spinta necessaria per arrivare con soluzioni già condivise alla Cop28 delle Nazioni Unite, prevista in novembre a Dubai.

Dichiarazioni scontate nel comunicato finale

Nel comunicato conclusivo di otto pagine non potevano però mancare i pronunciamenti positivi.

“Un nuovo consenso per le persone e il pianeta”, ha dichiarato il padrone di casa, il presidente francese Emmanuel Macron. “Un’importante pietra miliare“, ha dichiarato il Segretario del Tesoro statunitense Janet Yellen. “Abbiamo l’impulso per il cambiamento”, ha detto Kristalina Georgieva, capa del Fondo Monetario Internazionale.

Gran parte della discussione è stata incentrata sulle richieste dei Paesi in via di sviluppo, formulate attraverso l'”Iniziativa di Bridgetown” guidata dalla leader delle Barbados Mia Mottley, il cui consigliere Avinash Persaud si è detto soddisfatto dell’esito dei colloqui.

“È una tabella di marcia per un vero cambiamento”, ha dichiarato Persaud alla Reuters. “Ciò che è emerso è una reale comprensione della portata e del ritmo di ciò che è necessario”.

Un bicchiere nemmeno mezzo pieno, anche se non si può dire che i negoziati del vertice per un “Nuovo patto globale sui finanziamenti climatici” siano stati un fallimento. Vediamone i punti principali.

Quei 100 miliardi l’anno

Un punto dolente di ogni vertice dell’Onu sul clima degli ultimi anni è stato la promessa, poi non mantenuta, dei Paesi sviluppati di spendere 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020 nei Paesi poveri per ridurre le emissioni e contribuire al loro adattamento climatico.

I Paesi ricchi, in realtà, hanno speso in media 66,5 miliardi di dollari l’anno dal 2012 al 2020, con un massimo di 80,4 miliardi nel 2019, secondo un’analisi dell’Ocse.

Macron si è detto “fiducioso” che i Paesi ricchi rispetteranno finalmente l’impegno quest’anno, con quasi tre anni di ritardo rispetto alla scadenza del 2020.

Accesso agli aiuti più rapido e con più risorse

I Paesi poveri dovrebbero riuscire anche ad accedere più rapidamente agli aiuti. Già nel maggio 2021, sulla scia della pandemia, i Paesi ricchi si sono impegnati a garantire 100 miliardi di dollari in cosiddetti Diritti speciali di prelievo (Dsp), cioè fondi a disposizione di tutti i membri del Fondo monetario internazionale in dollari statunitensi, euro, yen o sterline.

I Paesi possono accedere a tali fondi in caso di emergenza, senza che ciò comporti un aggravio del loro debito. Fondi di emergenza come questi sono spesso cruciali per i Paesi più poveri, che però hanno un accesso minimo ai Dsp, poiché l’Fmi dispensa le risorse in relazione alle dimensioni delle economie delle varie nazioni: finora più piccole e povere le nazioni, più piccoli gli aiuti.

La direttrice generale del Fmi Georgieva ha annunciato a Parigi che molti Paesi ricchi riassegneranno parte dei propri Dsp a favore dei Paesi con maggiori necessità di aiuti. Le somme impegnate ammontano, appunto, a circa 100 miliardi di dollari.

Due Paesi africani hanno intanto raggiunto un paio di accordi rilevanti. Lo Zambia ha siglato un’intesa con diversi creditori per ristrutturare 6,3 miliardi di dollari di prestiti. Il Senegal ha firmato un accordo da 2,5 miliardi di euro con l’Ue e per aumentare la quota di rinnovabili al 40% entro il 2030.

Un kit per le emergenze

È stato poi messa sul tavolo una “cassetta degli attrezzi” per le catastrofi.

Gli impatti del cambiamento climatico sono sempre più estremi e costringono i Paesi a indebitarsi sempre di più per far fronte ai danni. Questo sta creando un circolo vizioso noto come “trappola del debito climatico“, che Ajay Banga, nuovo presidente della Banca Mondiale, ha inserito tra le sue priorità.

Per uscire dalla trappola clima-debito, i colloqui di Parigi si sono concentrati su soluzioni che affrontino entrambi i problemi contemporaneamente.

Le misure includono sistemi di allerta avanzati per condizioni meteorologiche estreme per aiutare le autorità a prepararsi meglio, prima che si verifichi un disastro, salvando vite umane e riducendo i danni.

Le discussioni si sono concentrate anche sull’adozione di nuovi tipi di assicurazione contro le catastrofi e sulla messa in pausa dei rimborsi del debito a seguito di eventi climatico estremi, per frenare l’accumulo di debito in situazioni già aggravate dalla crisi.

Tasse internazionali?

Macron ha sollevato la prospettiva di tasse internazionali per contribuire a generare i fondi necessari ad affrontare questi problemi. Una tassa che potrebbe essere imposta sui trasporti marittimi, sull’aviazione o sulle transazioni finanziarie.

L’idea di una tassa globale sulle emissioni di gas serra prodotte dal trasporto marittimo internazionale è stata al centro del dibattito. “Questo è un settore esente da tasse. E non c’è motivo per cui non sia tassato”, ha detto Macron. Alcuni esperti ritengono che una tassa simile potrebbe raccogliere già da sola 100 miliardi di dollari l’anno.

Tuttavia, per questa tassa sulle emissioni del settore mercantile i partecipanti al vertice di Parigi non hanno raggiunto un accordo, soprattutto a causa della contrarietà di Cina e Stati Uniti.

Attenzione ai debiti… ma solo dei Paesi più poveri

I Paesi ricchi hanno preso in considerazione solo limitatamente le richieste dei peasi del Sud in materia di riduzione del debito e di nuovi finanziamenti.

La Banca Mondiale, infatti, pur accettando di sospendere il rimborso del debito dei Paesi colpiti da catastrofi climatiche, non ha esteso tale possibilità al debito già contratto, limitandola cioè solo ai nuovi prestiti.

Per i principali azionisti della Banca Mondiale, come gli Usa, è meglio rendere le istituzioni più efficienti prima di versare nuovi capitali a favore dei Paesi poveri. Qualsiasi ricapitalizzazione comporterebbe potenzialmente anche un aumento della rappresentanza di voto per la Cina, un aspetto che molti Paesi del G7 preferirebbero evitare.

“L’ipocrisia del momento sta nel fatto che quasi tutti i Paesi europei sono alle prese con un rapporto debito/Pil superiore al 90%“, ha osservato la premier delle Barbados Mottley, riferendosi al tetto teorico del 60% per il rapporto debito/Pil fissato dall’Unione europea.

“Il Regno Unito ha impiegato 100 anni per ripagare il debito della Prima Guerra Mondiale. E la Germania ha goduto di un tetto alla sua spesa di servizio del debito per ricostruire il paese dopo la Seconda Guerra Mondiale. Anche noi siamo persone. Anche noi siamo Paesi. E meritiamo un trattamento analogo“, ha detto la premier del Paese caraibico.

L’urgenza e un po’ di ottimismo

“Ogni giorno trascorso senza raggiungere questi risultati stiamo fondamentalmente aumentando i costi”, ha detto il Presidente dello Zambia, Hakainde Hichilema, durante la cerimonia di chiusura.

Tuttavia, molti partecipanti se ne sono andati da Parigi con un senso di moderato ottimismo. L’inviato delle Isole Marshall, Albon Ishoda, ha detto che il vertice ha “rinnovato un senso di urgenza e speranza per molti di noi”.

Il fatto che gli investimenti, l’indebitamento e l’architettura finanziaria internazionale siano così in primo piano nel dibattito, se non ancora nell’azione, circa il clima evidenzia i ritardi, ma anche i progressi fatti.

Gli sforzi attuali sono di gran lunga inferiori alle esigenze dei Paesi in via di sviluppo, che hanno bisogno di circa 2.400 miliardi di dollari l’anno per ridurre le emissioni e affrontare gli impatti climatici, secondo un rapporto commissionato dal Regno Unito e dall’Egitto prima della COP27.

Ma “nove mesi fa, se vi avessi detto che ci sarebbe stata un’adozione generalizzata delle clausole di debito per i disastri… mi avreste chiesto cosa ti sei fumato”, ha concluso Persaud, l’inviato di Mottley per il clima, parlando ai giornalisti alla conclusione del vertice.

Se ne riparlerà al vertice sul clima di Dubai.

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