Clima, per l’Unfcc siamo ancora troppo lontani dagli obiettivi di Parigi

La "ricetta" per ridurre le emissioni di CO2 è nota: rinnovabili, efficienza, uscire dai combustibili fossili, aiutare i Paesi poveri. Ma dopo otto anni, dagli accordi firmati nella capitale francese nel 2015, il mondo ha accumulato un grande ritardo. Le valutazioni dell'Onu in vista della CoP28 a Dubai.

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Otto anni dopo la firma degli accordi di Parigi sul clima, il mondo è ancora in forte ritardo nel perseguire l’obiettivo di mantenere “ben sotto” 2 gradi centigradi l’aumento delle temperature del Pianeta, rispetto ai livelli preindustriali.

Serve una decisa accelerazione delle politiche per le fonti rinnovabili, l’efficienza energetica, l’adattamento ai cambiamenti climatici, la graduale uscita dai combustibili fossili.

Sono i campanelli di allarme e le raccomandazioni al centro del primo rapporto di sintesi pubblicato dall’Onu, per fare il punto sugli impegni di Parigi contro il surriscaldamento globale.

Uscito venerdì scorso, 8 settembre, il “Global Stocktake Technical Synthesis Report” pone le basi di discussione sulla crisi climatica, in vista della prossima Conferenza mondiale sul clima, la CoP28 che si terrà negli Emirati Arabi tra novembre e dicembre 2023.

Tra le principali conclusioni, si legge che le emissioni globali di gas-serra non sono in linea con l’obiettivo fissato a Parigi nel 2015, mentre la “finestra” di tempo a disposizione per correggere la rotta “si sta restringendo rapidamente”.

È quindi necessaria “molta più ambizione” per ridurre le emissioni globali di CO2 del 43% al 2030 e del 60% al 2035, in confronto ai livelli del 2019, in modo da azzerare le emissioni nette entro il 2050.

Per arrivare a questi traguardi, si legge nel documento, bisogna agire su più fronti: sviluppare su vasta scala le energie rinnovabili, eliminare i combustibili fossili (si parla delle fonti fossili “unabated” cioè senza tecnologie per catturare le emissioni di CO2), fermare la deforestazione.

Secondo il rapporto, bisogna attuare “trasformazioni di sistema” in tutti i settori, dai trasporti alla produzione di energia, passando per gli edifici, l’agricoltura, le industrie e così via. Un punto centrale è quello della transizione “equa”: i governi devono adottare misure per sostenere le fasce più deboli della popolazione, le più esposte ai rincari energetici e alle conseguenze degli eventi climatici estremi.

Per ora, in vista della CoP28, non sono arrivati segnali troppo incoraggianti, basti vedere l’insuccesso del G20 in India per quanto riguarda l’uscita dal carbone e dalle energie fossili, dove si è parlato genericamente di “impegni” e “sforzi” ma senza definire obiettivi precisi e misurabili.

Anche la finanza climatica è chiamata a fare un balzo in avanti: finora le economie emergenti non hanno ricevuto gli aiuti promessi dal mondo occidentale, per aumentare gli investimenti nelle tecnologie pulite e nelle misure di adattamento ai cambiamenti climatici.

Mentre all’Africa Climate Summit di Nairobi, la settimana scorsa, i Paesi africani hanno chiesto di ottenere più finanziamenti agevolati per la transizione energetica; tra le loro proposte, figurano la riduzione del debito e una tassa globale sulla CO2.

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