Al G20 un altro insuccesso sull’uscita da fonti fossili e carbone

Si parla di "impegni" e "sforzi", ma sempre in modo generico. Si punta anche su idrogeno e biocarburanti, con il plauso italiano. Tra le note positive: triplicare le rinnovabili e fornire supporto finanziario alle economie emergenti. Le conclusioni del vertice in India.

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Il G20 continua a glissare sui temi più importanti della transizione energetica: l’uscita dai combustibili fossili e in particolare dal carbone.

Tra le note positive, il rinnovato impegno ad accelerare la diffusione delle energie rinnovabili, aiutando i Paesi emergenti con maggiore supporto finanziario a basso costo. Mentre si riconosce l’importanza dei biocarburanti “sostenibili” – un aspetto voluto e condiviso dall’Italia – e si spinge anche verso la creazione di un mercato globale dell’idrogeno verde e a basse emissioni di CO2.

Si è chiuso così il vertice delle economie più industrializzate del mondo, riunite in India a Nuova Delhi il 9-10 settembre, le cui conclusioni sono state definite “insufficienti” dal presidente francese, Emmanuel Macron.

È un disappunto che emerge leggendo le dichiarazioni finali del G20 indiano: su fonti fossili e carbone, ricalcano quanto (non) detto nei vertici precedenti.

Si parla, infatti, di “aumentare gli sforzi” per attuare l’impegno a “eliminare gradualmente e razionalizzare, nel medio termine, i sussidi inefficienti ai combustibili fossili”. Si parla poi di accelerare gli sforzi “verso l’eliminazione graduale dell’energia prodotta con il carbone” (carbone cosiddetto “unabated”, cioè privo di tecnologie per catturare le relative emissioni di CO2).

Ma non ci sono date né obiettivi specifici per questi impegni, che rimangono del tutto generici e pertanto inefficaci.

Nelle conclusioni si legge poi che il G20 perseguirà e incoraggerà gli sforzi “per triplicare la capacità di energia rinnovabile a livello globale attraverso obiettivi e politiche esistenti, oltre a dimostrare un’ambizione simile rispetto ad altre tecnologie a zero e a basse emissioni, comprese le tecnologie di abbattimento e rimozione della CO2”.

Questo è un altro aspetto controverso, perché puntare sulle soluzioni per rimuovere la CO2 dall’atmosfera – ad esempio tramite gli impianti Direct Air Capture – rischia di prolungare le attività delle aziende fossili, così come il ricorso ai sistemi CCS (Carbon Capture and Storage) per abbattere le emissioni industriali e stoccarle nel sottosuolo. Per non parlare dei costi ancora elevatissimi di queste tecnologie e della loro dubbia efficacia.

Il G20 poi “lavorerà per facilitare l’accesso ai finanziamenti a basso costo ai paesi in via di sviluppo, per le tecnologie energetiche pulite e sostenibili esistenti così come per quelle nuove ed emergenti”.

Le cifre in ballo per la transizione energetica globale sono consistenti: la stima è di 4mila miliardi di $ l’anno entro il 2030 per gli investimenti in tecnologie pulite e di quasi 6mila miliardi di $ complessivi per sostenere le economie emergenti.

Considerando che non si è ancora finalizzato l’impegno dei Paesi ricchi di dare 100 miliardi di $/anno a quelli poveri per gli investimenti climatici, si capisce quanto strada ci sia da fare.

Nel documento poi si riconosce un punto molto caro al governo italiano: l’importanza dei biocarburanti sostenibili con il lancio della “Global Biofuel Alliance”.

Nel commentarla, il ministro italiano dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha dichiarato in una nota che “l’Italia aderisce con grande convinzione all’Alleanza Globale per i biocarburanti, essendone stata tra i principali Paesi promotori”.

Questa alleanza, ha aggiunto confermando le critiche a una mobilità full-electric, “è una piattaforma su scala sovranazionale per intensificare la collaborazione fra produttori, consumatori e Paesi interessati a promuovere lo sviluppo di una tecnologia che può aprire grandi opportunità di sviluppo nel settore dell’automotive, senza smembrare quella produzione di motori endotermici, con gravi ricadute economiche e sociali”.

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