Clima, Germanwatch boccia 56 Paesi e Ue: “misure insufficienti”

Scendono nella classifica annuale delle performance climatiche elaborata da Germanwatch Italia, Germania e Usa. L'Ue nel suo complesso fa un piccolo passo avanti, ma la crescita più significativa è quella della Cina.

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È vuoto il podio della classifica annuale di Germanwatch, che analizza le performance climatiche di 56 Paesi più l’Unione europea nel suo complesso, che insieme contribuiscono al 90% delle emissioni globali.

Nessuno dei Paesi, secondo il rapporto realizzato in collaborazione con CAN, NewClimate Institute e per l’Italia con Legambiente, ha raggiunto la performance necessaria per contrastare in maniera efficace i cambiamenti climatici e non superare la soglia critica di 1,5 °C.

La classifica parte quindi dal quarto posto, assegnato alla Svezia con un’ottima performance nella riduzione delle emissioni e una continua crescita delle rinnovabili, seguita dal Marocco che consolida la sua leadership tra i Paesi in via di sviluppo grazie ai considerevoli investimenti nelle rinnovabili e a un’ambiziosa politica climatica.

Tra i paesi emergenti, segnala una nota di Legambiente – l’India ha fatto un importante passo in avanti posizionandosi all’11° posto, grazie ad una buona performance climatica dovuta alle basse emissioni pro-capite e al considerevole sviluppo delle rinnovabili.

Perde sette posizioni, invece, l’Italia che scende al 23° posto rispetto al 16° dello scorso anno. Risultato raggiunto, nonostante una buona performance nell’uso di energia, per il rallentamento dello sviluppo delle rinnovabili e soprattutto per l’assenza di una politica climatica nazionale (28a posizione) adeguata agli obiettivi di Parigi. Le emissioni nel 2017 sono diminuite, infatti, di appena lo 0,3% rispetto all’anno precedente con una riduzione solo del 17,7% rispetto al 1990.

In questo contesto, l’Unione europea nel suo complesso fa un piccolo passo in avanti posizionandosi al 16° posto, rispetto al 21° dello scorso anno, grazie ad una politica climatica più avanzata rispetto a quella degli altri grandi leader mondiali e che ha l’obiettivo di raggiungere entro il 2050 zero emissioni nette.

La Germania, invece, conferma il suo trend negativo posizionandosi al 27° posto. Performance dovuta alla quota ancora considerevole del carbone nel mix energetico nazionale, senza ancora una decisione sul suo phasing-out, e per l’assenza di una strategia per la decarbonizzazione dei trasporti.

A migliorare è invece per la prima volta è la Cina, che lascia le retrovie e raggiunge il centro della classifica posizionandosi al 33° posto, grazie ad una politica climatica più incisiva, che ha adottato norme più stringenti per la riduzione delle emissioni nei settori industriale e abitativo, e all’introduzione di un efficace regime di sostegno delle rinnovabili.

In fondo alla classifica si posizionano l’Arabia Saudita (60) e gli Stati Uniti (59). Con Trump gli Usa sono indietreggiati in quasi tutti gli indicatori compromettendo i passi in avanti degli scorsi anni. Tuttavia segnali positivi giungono dall’inedita Alleanza per il Clima – oltre tremila tra stati, città, imprese nazionali e multinazionali, università e college –  che sta lavorando per mantenere gli impegni assunti a Parigi attraverso un’azione congiunta che bypassa l’amministrazione federale.

Di seguito la classifica completa:

Il metodo

Il rapporto di Germanwatch misura le performance dei vari paesi attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), prendendo come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030.

Il CCPI si basa per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo sia delle rinnovabili che dell’efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.

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