Luglio 2023, calore “impossibile senza cause umane” e rischio di stop per la Corrente del Golfo

Uno studio fa chiarezza sulle cause delle ondate di calore attuali, mentre una nuova ricerca su Nature prevede che la circolazione atlantica si possa arrestare addirittura entro il 2025, con conseguenze disastrose.

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“Se gli esseri umani non avessero riscaldato il pianeta bruciando combustibili fossili, sarebbe stato praticamente impossibile che si verificassero le temperature record che si sono registrate nell’Europa meridionale e nella regione Messico/Usa” a luglio 2023.

Le tre righe sopra non vengono da nessuno dei tre quotidiani della destra italiana, Libero, il Giornale e la Verità, sui quali oggi troviamo titoloni sugli “sciacalli” del clima e articoli sul caldo e la grandine che, addirittura, in Italia ci sono già stati, anche nell’estate ’67.

La citazione viene, invece, da uno studio scientifico (link in basso) pubblicato ieri dal World Weather Attribution Group, gruppo di climatologi che si occupa appunto di valutare le cause degli eventi meteorologici estremi.

Se questo lavoro si limita a ribadire, con la metodologia degli studi peer reviewed, una cosa su cui ormai pochi avevano dubbi, un’altra pubblicazione scientifica, uscita sempre ieri, dà invece una (brutta) notizia su come potrebbe evolvere il riscaldamento globale.

Questo secondo studio, pubblicato su Nature, stima infatti che la Corrente del Golfo potrebbe fermarsi molto prima di quanto stimato: già nel 2025 nell’ipotesi più pessimistica e attorno al 2050 nella stima mediana.

Lo studio del World Weather Attribution

La prima pubblicazione citata, quella del WWA, valuta in che misura il cambiamento climatico indotto dall’uomo abbia alterato la probabilità e l’intensità delle ondate di calore verificatesi in Cina, Europa meridionale e Stati Uniti occidentali, Texas e Messico.

In linea con quanto ci si aspettava dalle passate proiezioni climatiche e dai rapporti dell’Ipcc, questi eventi non sono più rari oggi, si spiega. Nord America, Europa e Cina hanno vissuto ondate di caldo sempre più frequenti negli ultimi anni, a causa del riscaldamento causato dalle attività umane.

“Senza il cambiamento climatico antropogenico, questi eventi termici sarebbero stati estremamente rari”, si legge nello studio: l’ondata di calore in Cina, si stima, è un evento che, senza il contributo umano al global warming, si sarebbe potuto verificare una volta ogni 250 anni.

Quanto a Europa meridionale e Nord America, come detto, per i ricercatori, “sarebbe stato praticamente impossibile” che si verificassero le temperature registrate “se gli esseri umani non avessero riscaldato il pianeta bruciando combustibili fossili”.

“In tutte le regioni monitorate, un’ondata di caldo della stessa probabilità di quella osservata a luglio 2023 sarebbe stata significativamente più fredda in un mondo senza cambiamenti climatici causati dall’uomo”, si precisa.

Se non fosse stato per il cambiamento climatico antropogenico, il termometro avrebbe segnato 2,5°C in meno nell’Europa meridionale, 2°C in meno in Nord America e 1°C in meno in Cina.

“A meno non si smetta rapidamente di bruciare combustibili fossili, questi eventi diventeranno ancora più comuni e il mondo sperimenterà ondate di calore ancora più severe e di più lunga durata”, avverte il WWA, calcolando che un’ondata di caldo come quella di quest’anno si verificherebbe ogni 2-5 anni se il riscaldamento medio globale superasse i 2°C sul periodo preindustriale.

Lo studio sulla Corrente del Golfo

Gli effetti del global warming potrebbero poi essere ancora peggiori del previsto se si verificassero gli scenari tracciati dall’altra pubblicazione importante uscita ieri, quella su Nature sulla circolazione oceanica.

La ricerca si occupa dell’Atlantic Meridional Overturning Circulation (Amoc), cioè il sistema di correnti atlantiche di cui fa parte la Corrente del Golfo, come noto vitale per garantire un clima temperato all’Europa e, in generale, per l’equilibrio climatico del globo.

Che questo sistema di correnti stesse rallentando per effetto del cambiamento climatico e dello scioglimento dei ghiacci artici, era noto da tempo: ad oggi l’Amoc ha raggiunto il suo livello più debole da 1.600 anni.

Il sistema Amoc trasporta l’acqua calda dell’oceano verso il Polo Nord dove si raffredda e affonda, guidando le correnti dell’Atlantico. Ma un afflusso di acqua dolce dallo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia e da altre fonti, sta sempre più togliendo energia a questo motore della circolazione oceanica.

La novità è che, mentre l’Ipcc prevedeva che l’Amoc potesse arrestarsi completamente solo nel prossimo secolo, la nuova analisi calcola che ciò potrebbe avvenire già tra il 2025 e il 2095, con una stima centrale al 2050, se le emissioni globali di CO2 non vengono ridotte.

Si tratterebbe di un tipping point, cioè un punto di non ritorno, dalle conseguenze catastrofiche.

Un collasso del sistema Amoc – avverte lo studio – avrebbe pesanti impatti sulle piogge da cui dipendono miliardi di persone per il cibo in India, Sud America e Africa occidentale. Aumenterebbe frequenza e intensità delle tempeste, abbasserebbe le temperature in Europa e porterebbe a un innalzamento del livello del mare sulla costa orientale del Nord America.

Inoltre, metterebbe ulteriormente in pericolo la foresta pluviale amazzonica e le calotte glaciali antartiche.

L’Amoc funziona senza interruzioni da 12mila anni, mentre si è arrestato e riavviato ripetutamente nel ciclo delle ere glaciali che si sono verificate a partire da 115.000 anni fa. Fermate precedenti della Corrente del Golfo, verificatesi durante le ere glaciali, hanno portato a cambiamenti di temperatura di 10 °C in pochi decenni.

Con tutte le incertezze nel prevedere dinamiche complesse come queste, il messaggio chiaro che arriva dal nuovo studio è lo stesso che noi “sciacalli ecoterroristi” ripetiamo da oltre 15 anni su queste pagine: dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra il più in fretta possibile.

Anche perché, oltre al collasso della Corrente del Golfo, molte altre reazioni a catena si stanno avviando: dall’acidificazione degli oceani, che riduce l’assorbimento della CO2, allo scioglimento del permafrost, che manderà in atmosfera grandi quantità di metano ad elevato potere climalterante.

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