Clima e aviazione, lo sforzo immane che ci serve

Per centrare gli obiettivi di Parigi, al settore serviranno 4mila mld $ fino al 2050. Strade obbligate i carburanti alternativi e la promozione di altre modalità di trasporto, mentre aerei elettrici e a idrogeno potranno dare un contributo limitato e solo dagli anni ‘30.

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Tra i molti problemi da affrontare per rallentare il cambiamento climatico, quello dell’aviazione è tra i più spinosi da risolvere.

Se il settore pesa “solo” per il 3% delle emissioni globali di CO2, è però tra i più difficili da decarbonizzare. Ad esempio un singolo passeggero in volo da San Francisco a Londra causa circa 1 tonnellata di anidride carbonica di emissioni, circa la metà delle emissioni pro-capite annuali del cittadino indiano medio.

Ridurre l’impatto climatico dell’aviazione abbastanza da mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 °C è però possibile, oltre che necessario: principalmente serviranno enormi quantità di denaro e tanta volontà politica.

Questa la conclusione cui arriva un report dedicato alla questione dell’International Council on Clean Transportation, o ICCT (documento in basso).

Il rapporto del think tank con sede a Washington è il primo ad analizzare i percorsi compatibili con gli obiettivi climatici globali stabiliti nell’accordo di Parigi del 2015. Gli autori hanno delineato quattro possibili futuri: uno scenario di base, business-as-usual, e diversi scenari più ambiziosi.

Come si vede nel grafico qui sopra, solo nello scenario con le misure di riduzione del carbonio più aggressive, lo scenario “Breakthrough”, cioè “di svolta”, gli autori hanno calcolato che le emissioni dell’aviazione potrebbero essere ridotte abbastanza da fermare il riscaldamento a +1,75 °C, più degli 1,5 °C cui dovremmo puntare, ma un livello in qualche modo in linea con l’accordo di Parigi, che prometteva di mantenere il riscaldamento globale “ben al di sotto” dei 2 °C dalle temperature preindustriali.

La maggior parte della riduzione delle emissioni, emerge dalla ricerca, dovrà venire da una transizione verso carburanti aeronautici sostenibili o combustibili ottenuti da prodotti come trucioli di legno, mais, oli e grassi da cucina e rifiuti solidi urbani.

I carburanti sostenibili per l’aviazione sono già ora disponibili, ma solo in piccole quantità, sufficienti a coprire meno dello 0,1% del consumo totale di carburante per aerei a livello globale. Al momento, poi, costano almeno il doppio del carburante convenzionale. Nello scenario migliore illustrato nel rapporto dell’ICCT, dovrebbero arrivare al 17% del consumo mondiale di carburante per aerei entro il 2030 e al 100% entro il 2050.

Affinché ciò avvenga, la fornitura di biocarburanti per l’aviazione dovrebbe crescere significativamente nei prossimi 5-10 anni. Entro il 2030, nello scenario della “svolta”, 46 milioni di tonnellate dovrebbero essere disponibili sul mercato globale. Entro il 2050, quel numero dovrebbe salire a 100 milioni di tonnellate.

Anche altre tecnologie e politiche potrebbero contribuire a ridurre le emissioni. Il rapporto dell’ICCT stima che gli aerei elettrici e a idrogeno potrebbero iniziare a conquistare una piccola quota del mercato globale dell’aviazione entro gli anni ’30. Nel frattempo, anche i miglioramenti al controllo del traffico aereo e all’efficienza degli aeromobili potrebbero ridurre il consumo di carburante. Anche lo spostamento della domanda dall’aviazione verso altre forme di trasporto, come i treni, ove disponibili, potrebbe aiutare.

Il problema più grande, tuttavia, è chi pagherà tutto ciò. Secondo un rapporto dell’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale, o ICAO, agenzia delle Nazioni Unite che stabilisce gli standard per l’aviazione internazionale, raggiungere emissioni nette zero costerebbe circa 4mila miliardi di dollari da qui al 2050.

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