Il ministro Roberto Cingolani continua a diffondere informazioni sbagliate, o quanto meno ambigue, che mettono in cattiva luce quella stessa transizione ecologica che lui dovrebbe favorire il più possibile anche nel settore dei trasporti.
Intervistato da Daniele Manca sul Corriere Economia a proposito delle auto elettriche, Cingolani ha dichiarato che (neretti nostri) “la produzione elettrica deve diventare sempre più rinnovabile, perché se per far circolare un’auto elettrica uso energia da fonti fossili, o peggio da carbone, non facciamo nessun progresso“.
Secondo Cingolani, transizione significa “passare progressivamente a tecnologie sempre meno dannose per l’ambiente” e “senza editti dall’oggi al domani”, quindi anche con incentivi per l’acquisto di auto con minori emissioni di CO2, in modo da sostituire 12 milioni di vetture altamente inquinanti che ci sono in Italia.
L’auto elettrica alimentata a carbone però è una corbelleria, tanto più in Italia, dove oggi il 38,5% della domanda elettrica complessiva è coperta da fonti rinnovabili, secondo i dati Terna riferiti, ad esempio, al primo semestre 2021.
In Italia ormai il carbone vale una fetta molto piccola in termini di produzione elettrica, il 5% circa nel 2020 (dato Ember); e il carbone, come ha ricordato lo stesso Cingolani nell’intervista sul Corriere Economia, dovrà uscire totalmente dal nostro mix energetico entro il 2025.
Il problema, casomai, è la forte dipendenza italiana dal gas, problema comune a diversi paesi Ue che stentano a sostituire il carbone con le rinnovabili preferendo invece il ricorso a un altro combustibile fossile, come sottolinea il think-tank Ember in questa analisi.
Tuttavia, già con l’attuale mix medio di generazione elettrica europeo e italiano, l’auto a batteria emette molta meno CO2 rispetto a un modello analogo con motore termico.
Poi il vantaggio ambientale dell’auto alla spina aumenterà di pari passo con la crescita importante delle fonti rinnovabili e la decarbonizzazione energetica, come previsto dal Green Deal Ue.
Insomma, continuare a proporre l’esempio dell’auto elettrica che va a carbone è del tutto fuorviante.
Di studi su questo tema ne sono usciti diversi: riportiamo di seguito una tabella dalla ricerca appena pubblicata dall’ICCT, International Council on Clean Transportation.
Gli esperti di questa organizzazione internazionale indipendente hanno calcolato le emissioni di CO2 sul ciclo di vita (LCA: Life Cycle Assessment), per un’auto a benzina di medie dimensioni immatricolata nel 2021 in diversi mercati (Stati Uniti, Europa, Cina, India), per poi confrontarle con le emissioni di un analogo modello 100% elettrico.
Nel grafico si parla di ICEV e BEV, per indicare rispettivamente le auto termiche (Internal combustion engine vehicle) e le vetture elettriche (Battery electric vehicle).
Ricordiamo che le emissioni del ciclo di vita includono non solo l’anidride carbonica rilasciata durante l’uso delle automobili, cioè dal tubo di scappamento (pari a zero per le auto elettriche), ma anche la CO2 emessa per produrre le vetture con tutti i loro componenti, incluse le batterie, oltre che per produrre i carburanti e l’energia elettrica, senza dimenticare lo smaltimento finale dei veicoli.
Ebbene, il grafico mostra che in Europa un’auto elettrica nel 2021 emette il 66-69% di CO2 in meno di un modello comparabile a benzina.
L’auto termica, infatti, sfiora 250 grammi di CO2eq per km nel calcolo LCA, circa il triplo in confronto a una vettura alimentata esclusivamente dalle batterie.
Persino in Cina e India, dove il carbone effettivamente ancora domina il mix energetico, è smentito l’assunto che l’auto elettrica con tanto carbone inquina di più. Difatti, in Cina, già oggi un modello a batteria emette il 37-45% di CO2 in meno nel ciclo di vita, nel paragone con un modello a benzina; in India le emissioni dell’elettrico sono del 19-34% inferiori.
Infine, le proiezioni al 2030, quando la rete elettrica sarà ancora più pulita perché si saranno installate più fonti rinnovabili, stimano che un’auto elettrica in Europa avrà emissioni complessivamente più basse del 74-77%, in confronto alla benzina. In altre parole: il beneficio ecologico dell’auto alla spina sarà sempre più consistente.
Ecco perché la Commissione europea, nel pacchetto “Fit for 55” ha proposto di bandire la vendita di nuove auto termiche dal 2035.
Ma il timore numero uno di Cingolani è la possibilità che la Motor Valley italiana, quella dei marchi super-sportivi come Ferrari e Lamborghini, debba chiudere in futuro a causa della politica “solo elettrico” imposta da Bruxelles.
Certo, chi è rimasto indietro sull’elettrico, sta cercando di difendere le sue posizioni, ad esempio invocando la neutralità tecnologica per concedere più spazio ai carburanti sintetici di origine rinnovabile, cosiddetti e-fuel ricavati da processi elettrolitici dove si scompongono le molecole d’acqua in ossigeno e H2.
L’idrogeno poi viene combinato con CO2 o altre molecole per sintetizzare idrocarburi liquidi-gassosi (e-diesel, e-metano), che possono sostituire combustibili fossili tradizionali. La “e” significa che l’idrogeno presente nel carburante deriva dall’elettrolisi.
Le case automobilistiche però evitano sempre di precisare che gli elettro-carburanti sono molto meno efficienti delle batterie, come spiegato in modo approfondito in questo articolo.
Il punto, in sintesi, è che per produrre elettro-combustibili a zero emissioni bisogna impiegare grandi quantità di energia elettrica rinnovabile, ben più di quanta elettricità sia necessaria per ricaricare le batterie dei veicoli.
Al contrario, Herbert Diess, amministratore delegato di Volkswagen, è convinto che la strada del tutto elettrico sia quella giusta, come emerso dalla recente presentazione della strategia New Auto dove non si parla di altri fantomatici carburanti a basse emissioni di CO2.
Il nostro ministro potrebbe farsi una chiacchierata con lui?