Carbone in Cina, una corsa che continua

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Già partiti i lavori per 37 GW di nuove centrali nei primi sei mesi del 2023. In totale ci sono 243 GW di impianti autorizzati e in fase di costruzione.

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La Cina è nel pieno di una nuova ondata di progetti nel carbone.

Nei primi sei mesi del 2023, sono partiti i lavori per 37 GW di centrali alimentate con questa fonte fossile; ci sono anche 52 GW di capacità autorizzata nello stesso periodo (di cui 10 GW già avviati verso la costruzione) e 41 GW di nuovi progetti annunciati.

In totale, la Cina conta 243 GW di impianti a carbone tra quelli autorizzati e in fase di realizzazione. Ma i progetti in cantiere potrebbero arrivare a 392 GW, se tutte le centrali annunciate o in corso di pre-autorizzazione otterranno i loro permessi.

L’aggiornamento sulla corsa cinese al carbone arriva dal Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), organizzazione indipendente di ricerca basata in Finlandia.

Nel suo ultimo briefing su questo tema (link in basso), Crea evidenzia le contraddizioni della politica energetica di Pechino e i rischi che la circondano.

Innanzitutto, in molti casi, gli investimenti nel carbone non soddisfano i requisiti fissati dal governo centrale. In teoria, si potrebbero costruire nuovi impianti solo come “supporto” ai grandi parchi eolici e solari, per fronteggiare i picchi di domanda elettrica non coperti dalla nuova generazione da fonti rinnovabili. Tuttavia, in tante province cinesi il nuovo carbone non servirà a sostenere un corrispondente aumento delle rinnovabili.

Nel Paese, invece, sta accelerando lo sviluppo generalizzato del carbone nell’attuale piano quinquennale 2021-2025.

La capacità cumulativa installata nel carbone, contando tutti i progetti già autorizzati, potrebbe crescere del 23% entro il 2027 (rispetto ai livelli del 2022) e addirittura del 33% entro il 2029, se i progetti non ancora autorizzati avranno luce verde. In sostanza, la capacità totale delle centrali potrebbe raggiungere un massimo di circa 1.450 GW nei prossimi 5-6 anni.

Ciò può avere due conseguenze: un incremento massiccio della generazione elettrica a carbone e delle relative emissioni di CO2, oppure un forte declino per i tassi di utilizzo degli impianti, dovuto alla rapida espansione delle energie rinnovabili.

Nel secondo caso, molti impianti fossili appena realizzati dovrebbero chiudere o lavorare a bassa intensità, con elevate perdite finanziarie per chi ci ha investito.

Dietro la corsa al carbone, spiegano gli analisti, ci sono anche i timori sulla sicurezza energetica di alcune regioni e province cinesi, che pensano di risolvere con questa tecnologie la mancata copertura dei picchi di consumo elettrico, con relativi rischi di blackout.

Eppure, il carbone è una soluzione tutt’altro che ottimale, anche prescindendo dai suoi impatti climatici.

Costruire decine di GW di nuovi impianti fossili per soddisfare i carichi di picco sulla rete, infatti, è una scelta molto costosa e poco efficiente, che lascia irrisolti i problemi del sistema elettrico cinese e non affronta le sfide per il futuro: colli di bottiglia, scarsa flessibilità, scarsa capacità di accumulo elettrico, decarbonizzazione.

La Cina, nonostante il boom delle rinnovabili (si veda La Cina centrerà gli obiettivi per fotovoltaico ed eolico con cinque anni d’anticipo), persevera a scommettere sul carbone per le sue esigenze energetiche, con il rischio che le sue emissioni aumenteranno almeno per tutto il prossimo decennio.

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