In Cina le emissioni di CO2 sono date in diminuzione nel 2024 e potrebbero poi declinare in modo “strutturale”, grazie alla crescita record delle energie pulite, trainate dal fotovoltaico e dall’eolico, riducendo l’apporto dei combustibili fossili.
In sostanza, per la prima volta nella storia cinese, l’espansione delle rinnovabili potrebbe eccedere l’incremento medio annuale della domanda totale di elettricità.
Nel solo 2023, si stima che la Cina realizzerà 210 GW di nuovo fotovoltaico (più dei 150 GW previsti da Rystad Energy) superando così 500 GW di potenza FV cumulativa; oltre a 65 GW di eolico, 3 GW di nucleare e 7 GW di idroelettrico, per un totale di 284 GW di impianti a basse emissioni di CO2 e una produzione stimata pari a 423 TWh/anno (equivalente all’intero consumo elettrico della Francia).
Questo il succo delle ultime analisi sulla transizione energetica nel colosso asiatico, pubblicate sulla testata online Carbon Brief da Lauri Myllyvirta, analista senior e co-fondatore del Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), organizzazione indipendente di ricerca con sede in Finlandia.
Dalle analisi, basate su cifre ufficiali e dati commerciali, emerge che le emissioni di CO2 della Cina stanno aumentando dopo il periodo “zero-Covid”, con un incremento di circa il 4,7% su base annua nel terzo trimestre del 2023.
Difatti, evidenzia una nota del Crea, c’è stata una forte crescita della domanda di petrolio e di altri settori, come quello manifatturiero, che erano stati colpiti dalle politiche restrittive durante la pandemia.
Il boom del settore manifatturiero, spiega Myllyvirta, ha compensato la contrazione della domanda di alcuni prodotti a elevata intensità di emissioni, tra cui soprattutto l’acciaio e il cemento, dovuta alla crisi immobiliare in corso nel Paese.
Intanto la ripresa delle emissioni nel 2023 è stata accompagnata da installazioni record di capacità di generazione elettrica low-carbon, in particolare eolica e solare; e la produzione idroelettrica è destinata a riprendersi dai minimi storici dovuti alla siccità nel 2022-23.
Più in generale, si osserva, la ripresa economica cinese post Covid finora è stata attenuata, non avendo saputo ripetere i precedenti cicli di grande espansione delle infrastrutture dopo gli shock economici.
Sono però aumentati gli investimenti nella capacità produttiva di diverse tecnologie pulite, tra cui fotovoltaico, eolico, veicoli elettrici e batterie (si veda anche Fotovoltaico, 80% della capacità produttiva globale sempre in mano alla Cina).
“Ciò sta creando un gruppo di interesse sempre più importante in Cina, che potrebbe influenzare l’approccio del Paese alla politica climatica nazionale e internazionale”, scrive l’analista. “D’altro canto – aggiunge – la capacità di energia elettrica dal carbone continua ad espandersi, creando le premesse per uno scontro tra i gruppi di interesse tradizionali e quelli emergenti del paese” (per approfondire: La Cina “double face” della transizione energetica).
La crescita delle rinnovabili potrebbe essere “sufficiente a coprire la crescente domanda di elettricità oltre il 2024” e questo “spingerebbe l’uso di combustibili fossili, e le emissioni, verso un lungo periodo di declino strutturale”.
Per quanto riguarda il carbone, riporta l’esperto del Crea, il Centro di ricerca e sviluppo del Consiglio di Stato ha recentemente previsto che la capacità installata in questa fonte fossile dovrebbe raggiungere un picco di 1.370 GW nel 2030, rispetto a 1.141 GW alla fine di giugno.
Poiché 136 GW erano già in costruzione alla fine di giugno altri 99 GW erano già stati autorizzati (più altri 25 GW autorizzati da allora), arrivare a questo picco del carbone “significherebbe interrompere immediatamente le nuove autorizzazioni”.
In alternativa, bisognerebbe accelerare “in modo significativo” il ritiro delle capacità esistenti o cancellare diversi progetti già autorizzati.