Si fa un gran parlare delle batterie ai sali o al sodio. Ne abbiamo scritto dopo un’analisi di Wood Mackenzie, che valutava la forte possibilità che gli accumuli Na-ion possano diventare il vero concorrente di quelli al litio.
La capacità produttiva di questi sistemi d’accumulo potrebbe aumentare rapidamente e questa tecnologia potebbe avere successo non solo per applicazioni stazionarie, come sembrerebbe naturale vista la loro più bassa densità energetica (rapporto quantità di energia accumulato rispetto al volume della batteria) e i minori cicli possibili rispetto alle batterie al litio.
Un’altra applicazione commerciale potrebbe infatti essere nella mobilità elettrica visto il recente sviluppo della prima auto elettrica alimentata da un accumulatore agli ioni di sodio (vedi Auto elettrica, arriva la prima con batteria al sodio).
Vediamo allora alcune delle principali differenze tra le batterie al litio e quelli al sodio.
Le batterie agli ioni di litio (soprattutto litio-ferro-fosfato) possono avere grande capacità di accumulo, notevole compattezza e soprattutto un’elevata potenza (valori C-rate molto alti, cioè del rapporto potenza/energia). Hanno avuto finora una produzione più ampia soprattutto per le esigenze del settore automotive.
Le batterie al sale o agli ioni di sodio nascono per una più lunga durata di accumulo (C-rate bassi, quindi più accumulo e potenza più bassa).
Un aspetto che rende interessante questa batteria è il prezzo, che si sta avvicinando a quelle del ferro-lito-fosfato, nonostante una ancora ridotta produzione.
Per produrre le batterie Na-ion, inoltre, bastano di materiali relativamente abbondanti in natura e presenti un po’ ovunque e non in siti circoscritti, e questa tecnologia ha il vantaggio di avere una velocità di degradazione molto inferiore. Per queste batterie esiste uno storico di oltre venti anni e i dati dicono che la perdita di capacità in questo lasso di tempo è stata di appena l’11-13%.
Gli accumuli al sodio possono poi lavorare a temperature molto elevate (mentre le LFP lavorano al meglio tra i 20 e i 22 gradi); anzi, le batterie ai sali per funzionare debbono essere scaldate visto che la fusione dei sali all’interno delle celle avviene a circa 300 gradi. Ciò consente una loro durata molto più lunga.
Il loro utilizzo è ideale per un accumulo stazionario che abbia una durata di 6-8 ore, certamente più elevato di quello delle batterie LFP.
Pe un impianto di accumulo stazionario utility scale al sodio, ad esempio, si può pensare in prospettiva di far crescere il dimensionamento della capacità dello storage dell’impianto non per l’avvenuto e normale degrado delle batterie, ma perché sono emerse nuove esigenze nella richiesta di fornitura elettrica. Nel caso dello storage LFP questo upgrade va invece programmato vista una perdita stimabile in venti anni di circa il 40-45% della loro capacità.
Quindi, nonostante un prezzo per kWh di capacità di poco superiore (circa il 5%) in confronto alle LFP, le batterie al sodio possono reggere già oggi molto bene la loro competizione per uno storage a livello di grande impianto proprio perché hanno una perdita molto più bassa nel corso del ciclo di vita.
Per diversi aspetti, ma anche per alcune attuali criticità analizzate in un documento dal titolo “Sodium-ion Battery Market Research Report” (qui il sommario) a cura di Brendan Jephcott, le batterie agli ioni di sodio potranno avere interessanti applicazioni commerciali, ovviamente a partire dai sistemi di accumulo di energia su larga scala, principalmente a supporto dei grandi impianti eolici e solari, e per gli edifici residenziali.
Il loro utilizzo, come abbiamo visto, è ritenuto fattibile anche per i veicoli elettrici. Soprattutto però quelli a due ruote e per i veicoli elettrici a bassa velocità, come i veicoli logistici, agricoli, autobus elettrici e barche elettriche.
Secondo Jepchcott, esperto di chimiche e analista delle catene di approvvigionamento per il settore delle batterie, quelle agli ioni di sodio saranno forse la tecnologia “disruptive” dell’industria delle batterie al litio, ma molto più probabilmente una tecnologia complementare alle LFP.