Auto a zero emissioni, puntare sugli e-fuel non conviene proprio

I risultati di uno studio della Sapienza (patrocinato dal Mase), che guarda con interesse ai biocarburanti. Anche questi però sono pieni di incognite: quelli tradizionali hanno elevati impatti sull'ambiente, mentre quelli avanzati andrebbero destinati in via prioritaria a navi e aerei.

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Puntare sull’utilizzo massiccio dei cosiddetti “e-fuel” per avere auto più ecologiche è “irrealistico” e anche l’adozione dell’idrogeno su larga scala è “lontana nel tempo”, mentre la strada dei biocarburanti avanzati sembra più promettente.

Queste, in breve, le conclusioni in tema di transizione nel settore automotive del rapporto “Siccità, transizione auto, case green”, realizzato dall’Osservatorio delle Imprese dell’Università La Sapienza di Roma.

Nel documento, patrocinato dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e presentato la settimana scora nella sede dello stesso ministero, si parla delle possibili soluzioni per ridurre le emissioni dei veicoli.

Il rapporto dedica pochissimo spazio ad approfondire la mobilità elettrica, al centro del regolamento Ue sullo stop ai motori endotermici nel 2035, e si concentra invece sulle altre opzioni tecnologiche: idrogeno, e-fuel, biocarburanti.

Per quanto riguarda la prospettiva, caldeggiata soprattutto dalla Germania, di impiegare gli e-fuel – carburanti sintetici liquidi o gassosi prodotti a partire da energia elettrica rinnovabile – lo studio della Sapienza come detto è molto critico.

“Volendo coprire l’intera domanda di carburante per i trasporti da fonte rinnovabile con questa tecnologia, occorrerebbe dedicarvi, a oggi, più della metà del potenziale di produzione di energia rinnovabile: l’approccio costituito dagli e-fuel appare quindi al momento irrealistico”, evidenzia l’autore.

Come mostrano anche le recenti analisi dell’organizzazione indipendente Transport & Environment, biocombustibili ed e-fuel sono molto meno efficienti, in termini di consumo energetico complessivo, rispetto alle batterie dei veicoli elettrici. Gli e-fuel poi richiedono processi produttivi molto dispendiosi, sia in termini di energia elettrica rinnovabile per alimentare gli elettrolizzatori, sia a livello economico (per approfondire si veda E-fuel, l’ultimo espediente per farci perdere tempo).

Dalle analisi della Sapienza emerge una sostanziale convergenza verso la linea del governo della “neutralità tecnologica”, che si oppone alla scelta europea del “tutto elettrico” e guarda in modo particolare alle potenzialità dei biocombustibili avanzati, cioè non ricavati da colture alimentari.

Posto che “l’adozione su larga scala dei motori a celle a combustibile a idrogeno è ad oggi lontana nel tempo”, il focus è quindi sui biocarburanti, prodotti da materiale organico rinnovabile, che a oggi “sono l’alternativa più interessante agli odierni combustibili fossili”, si spiega.

Tuttavia, la produzione di biocarburanti tradizionali “è in forte aumento e può portare allo sfruttamento di foreste, zone umide e torbiere, diminuendo così la capacità di assorbimento dell’anidride carbonica da parte dell’ecosistema vegetale”.

Meglio sarebbe, quindi, “puntare su biocarburanti avanzati, che partono da materie prime non pericolose per i terreni”; l’Italia è, assieme alla Germania, “il Paese leader nella produzione” di questi biocarburanti, precisa l’autore di questa parte dello studio, prof. Domenico Borello.

L’uso crescente di biocarburanti, ricordiamo, è ampiamente sostenuto dal governo italiano nella sua battaglia per “salvare” i motori a combustione interna dalla corsa europea verso le auto elettriche.

Tuttavia, puntare troppo su questa soluzione non pare una buona idea per il clima e per il futuro sostenibile della mobilità stradale. I biocarburanti, infatti, richiedono vasti terreni coltivabili da dedicare alle colture energetiche, con annessi problemi ambientali (deforestazione, conflitto con terreni coltivati a scopo alimentare, uso di fertilizzanti e pesticidi, si veda anche Auto e biocarburanti, l’Italia sostiene una pessima soluzione).

Mentre la produzione di biocombustibili avanzati, ricavati da materie prime non in conflitto con quelle alimentari, sarebbe da destinare in via prioritaria a quei settori più difficili da elettrificare direttamente, come gli aerei, le navi, i mezzi pesanti.

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