UNEP: ridurre emissioni subito per poi azzerarle nella seconda metà del secolo

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Il divario tra i tagli all'anidride carbonica che servono per evitare gli effetti peggiori del riscaldamento globale e quelli previsti dagli impegni internazionali resta troppo grande. Lo ha spiegato l'UNEP nell'edizione 2014 dell'Emission Gap Report. Bisogna colmare subito il gap, perché più tarderemo a ridurre le emissioni più alti saranno i costi che dovremo affrontare in futuro.

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Per restare entro la soglia critica dei 2  °C di riscaldamento globale bisogna azzerare le emissioni nette tra la metà e la fine del secolo in corso. E più ambiziosi saranno i tagli alla CO2 che faremo adesso meno dispendiosa sarà la battaglia per rallentare il cambiamento climatico. Per il momento però non siamo affatto sulla strada giusta. Il messaggio della nuova edizione dell’Emission Gap Report (allegato in basso) dell’agenzia Onu per l’Ambiente, l’UNEP, è lo stesso delle altre edizioni: bisogna agire subito e in maniera più decisa di quel che si sta facendo. È infatti ancora troppo grande il gap su cui lo studio si concentra, quello tra la riduzione dei gas serra necessaria a stare sotto ai 2°C e la riduzione che ci sarà secondo gli impegni internazionali messi sul tavolo.

Il monito dell’UNEP si basa sugli ultimi dati del nuovo assessment dell’IPCC, il quinto rapporto del panel internazionale. La premessa scientifica, semplificando, è questa: la quantità totale di emissioni cumulative che è possibile rilasciare senza causare un aumento della temperatura media globale oltre i 2 °C è di circa 2.900 miliardi di tonnellate (Gt) di CO2eq aggiuntive rispetto ai livelli preindustriali. Al momento ci siamo già giocati circa un terzo di questo budget: possiamo immettere in atmosfera al massimo altri 1000 Gt di CO2eq se vogliamo avere buone possibilità di evitare gli effetti peggiori del global warming (vedi grafico).

Per non sforare questo budget, le emissioni annuali mondiali devono iniziare a calare già entro 10 anni, poi devono essere dimezzate entro metà secolo e si deve raggiungere la carbon neutrality (una situazione di emissioni nette zero, nella quale cioè la CO2 rilasciata sia così poca da permettere al pianeta di assorbirla senza che si accumuli in atmosfera) dal 2055 al 2070 (dal 2080 al 2100 se consideriamo anche gli altri gas serra diversi dalla CO2).

Dal 1990 ad oggi, si legge nel report, le emissioni globali annuali sono cresciute del 45% arrivando a circa 54 Gt (dato 2012). Per non sforare il carbon budget, l’UNEP raccomanda che al 2030 siano ridotte del 14% rispetto ai livelli del 2010 (cioè riportate a un aumento del 14% sul 1990, tra i 30 e i 44 Gt) e al 2050 siano tagliate del 55% (cioè del 40% rispetto al 1990) per restare tra i 18 e i 25 Gt (vedi grafico sotto).

Questo secondo le raccomandazioni. Ma la realtà che si sta concretizzando è diversa: il gap tra la riduzione delle emissioni necessaria e quella proposta dai trattati internazionali è di 10 Gt per il 2020 e di 17 Gt per il 2030. Se poi gli impegni, pur inadeguati, non venissero onorati, in uno scenario business as usual al 2030 raggiungeremmo i 68 Gt/anno, sforando così di ben 26 Gt rispetto al corridoio di riduzione raccomandato dall’UNEP.

E dalle verifiche fatte dall’UNEP sembra che le promesse fatte per il 2020 non saranno mantenute: se l’UE è sulla buona strada per rispettare gli impegni presi (come anche Brasile, Cina, India e Russia, che però non si sono impegnati a riduzioni assolute), si ricorda che Australia, Canada, Messico e Usa dovranno introdurre nuove politiche o compensare in altro modo le emissioni se vorranno ottenere i (pur modesti) target che si sono dati nei negoziati internazionali. Per come stanno andando le cose – stima il report – da qui al 2020 le emissioni annuali saliranno a 55 Gt, sforando dunque l’obiettivo che ci si era dati a livello globale.

Insomma, il gap da colmare non è affatto diminuito, anche se, va detto, che il report non tiene conto del nuovo storico accordo tra Usa e Cina, che porterà un rallentamento nella crescita delle emissioni dopo il 2020 e dopo il 2030, ma che, soprattutto, grazie all’impegno inedito di un paese in via di sviluppo come il gigante asiatico, primo emettitore mondiale, potrebbe innescare un cambio di marcia decisivo negli accordi internazionali per il clima.

D’altra parte, mostra il report, ridurre le emissioni si può, si deve e conviene farlo il più presto possibile. Al 2030 si può tagliare la CO2 di quasi 30 Gt/anno rispetto allo scenario business as usual. Solo puntando all’efficienza energetica si può ottenere una riduzione di 2,5-3,3 Gt/anno.

L’executive summary ‘Emissions Gap Report 2014’ (pdf)
Emissions Gap Report 2014 (pdf)

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