Dentro il decreto sulle rinnovabili elettriche

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Incentivare meno impianti a fonti rinnovabili, incentivarli di meno, questo sembra fare il nuovo decreto: nel 2013 verranno incentivati poco più della metà dei nuovi impianti rispetto al 2011, con incentivi ridotti dal 35% al 50% e la burocrazia sarà molto un duro ostacolo. Che scenari si profilano per le rinnovabili elettriche? L'analisi di eLeMeNS.

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Salvo clamorosi stravolgimenti da parte della Conferenza Stato-Regioni, anche le fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico sanno finalmente cosa potersi aspettarsi per i prossimi anni. Nello schema di decreto sugli incentivi pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico sul proprio sito (gradita novità che ci risparmia l’ansiogena operazione di individuare la bozza giusta), permangono sostanzialmente tutte le tematiche già anticipate dalle bozze nei giorni scorsi: nessuna novità sconvolgente dunque, fatta eccezione per la dilazione che il legislatore concede al GSE, secondo voci ricorrenti con qualche tensione di liquidità, nel pagamento dei Certificati Verdi 2011, che non verranno pagati in unica soluzione a giugno, ma in 3 tranche tra giugno e dicembre.

Se nelle settimane scorse abbiamo già avuto modo di commentare cosa possa aver spinto il Governo alla definizione di questi decreti (Qualenergia.it, Rinnovabili sotto amministrazione controllata), che riducono contestualmente il valore degli incentivi e il perimetro degli impianti incentivabili, nelle righe che seguono passeremo in rassegna i principali contenuti del decreto.

Sui Certificati Verdi, dilazione di pagamenti a parte, si sapeva già quasi tutto dallo scorso marzo (dlgs 28/2011). Continueranno ad accedervi gli impianti che entreranno in esercizio entro il 2012, ma il prezzo di ritiro (unico riferimento di prezzo per la vendita dei CV) sarà diverso, essendo pari adesso al 78% della differenza tra 180 €/MWh e prezzo medio di vendita dell’energia nell’anno precedente. Da ora dunque sarà necessario guardare il prezzo del mercato elettrico per stimare il prezzo di ritiro futuro dei CV. Nessun dolore però: così facendo si stabilizzano notevolmente le attese sui total revenues (energia + CV), che sarà possibile prevedere all’interno di un range piuttosto ristretto (156-162 €/MWh). Era anche già nota la parabola di trasformazione dei CV da meccanismo di mercato a strumento amministrato, che raggiungerà il proprio apice nel 2016, quando i CV diventeranno a tutti gli effetti una tariffa (rilasciata per il residuo di incentivazione a chi già godeva dei CV): non era invece noto il valore di tale tariffa che, in attesa con le previsioni, sarà pari all’attuale prezzo di ritiro (vedi sopra).

Ben più cose da dire sui nuovi strumenti di incentivazione riservati a impianti che entreranno in esercizio dal 2013. Partiamo col dire che il decreto crea 3 classi di impianti: i micro-impianti (sotto i 50 kW), i piccoli impianti (tra i 50 kW e i 5 MW – 20 MW per idroelettrico e geotermico) e i grandi impianti (eolico e bioenergie sopra i 5 MW, idroelettrico e geotermico sopra i 20 MW – novità dell’ultim’ora del decreto).

Partiamo dai grandi, per i quali già il dlgs 28/11 sanciva la condanna delle aste, senza tuttavia specificarne nel dettaglio i termini. Adesso ovviamente si sa tutto: si tratterà di aste al ribasso, in cui vinceranno quelle iniziative che chiederanno incentivi più bassi, sino al raggiungimento del contingente di potenza di incentivi assegnabili (ad esempio, nel 2013 si assegneranno incentivi a 500 MW di impianti eolici). Sappiamo anche che potranno iscriversi alle aste solo gli impianti autorizzati (salvo qualche deroga per chi possiede già la VIA). Non vorremmo dunque mai essere nei panni di chi, avendo già autorizzato l’impianto, non dovesse uscire vincitore dell’asta: nessun incentivo e nessuna possibilità di recuperare il costo del permitting, se non partecipando all’asta successiva e sperando in miglior sorte.

Chi vincerà invece si prenderà per tutta la durata di incentivazione (20 anni per la maggior parte degli impianti) l’incentivo richiesto all’interno dell’asta, che sarà compreso tra un valore massimo base d’asta (124 €/MWh nel caso dell’eolico) e un valore al di sotto del quale non saranno accettate offerte (89 €/MWh sempre per l’eolico): è bene chiarire, il valore minimo non verrà riconosciuto anche alle iniziative che non hanno vinto l’asta, come in un primo tempo ipotizzato anche per via di disposizioni scritte in modo a dir poco ambiguo. In più il vincitore dovrà versare una garanzia al GSE, che verrà trattenuta nel caso in cui l’impianto non entri in esercizio entro termini stabiliti: non solo, ma in caso di ritardi verrà applicata una decurtazione sull’incentivo dello 0,5% per ogni mese di ritardo.

Certamente un quadro di complessità maggiore rispetto al passato, che aveva indotto molti operatori a concentrare le proprie attenzioni sugli impianti al di sotto della soglia d’asta: speranze deluse quando, a un metro dal traguardo, è arrivata la sorpresa dei registri per i piccoli impianti. Con i nuovi registri, neanche gli impianti di potenza inferiore alla soglia di asta potranno accedere liberamente agli incentivi: affinchè ciò accada dovranno rientrare all’interno di una graduatoria semestrale stilata dal GSE che, come nel caso delle aste, prevede un tetto massimo di potenza annua incentivabile (50 MW impianti eolico, 145 MW per le bionergie, 70 MW per l’idro). A differenza delle aste, in questo caso non verrà premiato chi richiederà incentivi più bassi, ma chi risponderà a certi criteri (iscrizione a registri precedenti, criteri specifici di fonte – connessione al mondo agricolo nel caso delle bioenergie, reiniezione del fluido nel caso di impianti geotermici -, minor potenza, anzianità del titolo autorizzativo). Anche in questo caso però, chi non rientrerà in graduatoria, quantunque già autorizzato, tornerà a casa a mani vuote e con un beffardo invito a iscriversi al registro successivo.

Vita più facile invece per i micro-impianti (sotto i 50 kW), che potranno accedere liberamente all’incentivo: tuttavia la quota di micro-impianti incentivati non verrà passata in cavalleria, ma sottrarrà potenza incentivabile ai piccoli impianti dei registri dell’anno successivo.

“Incentivare meno rinnovabili, incentivare meno le rinnovabili”: questo sembra fare dunque il decreto, con riferimento sia al numero di impianti incentivati (nel 2013 verranno incentivati poco più della metà dei nuovi impianti rispetto al 2011), sia al valore delle tariffe incentivanti (riduzioni dal 35% al 50%).

Concludendo, che scenari si profilano? Il settore in buona sostanza appare di fronte a un bivio. I nuovi meccanismi, indubbiamente complessi e con un buon grado di burocrazia, premieranno i soliti professionisti degli incartamenti o invece la spunteranno gli operatori più smart? E soprattutto, nel settore permarrà una logica per così dire finanziaria, basata sull’accesso all’incentivo, o il taglio delle tariffe invoglierà gli operatori a lavorare maggiormente sull’innovazione tecnologica, sull’efficienza di processo, sugli strumenti di mercato? Nel primo caso sarà facile prevedere una fuga di molti operatori all’estero, alla ricerca di mercati più remunerativi in cui le rinnovabili si trovano a uno stage di sviluppo anteriore rispetto all’Italia; nel secondo caso, potrebbero invece gradualmente porsi le basi per l’adozione di una logica industriale e di integrazione delle rinnovabili nei mercati mainstream, in cui l’energia torna finalmente al centro.

(Analisi realizzata per Qualenergia.it da Tommaso Barbetti della società di consulenza eLeMeNS)

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