Verso il 2020, i nodi da sciogliere per l’energia dal legno

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Le biomasse legnose sono e saranno la fonte rinnovabile quantitativamente più importante per l'obiettivo sulle rinnovabili al 2020. Quale strada seguire per svilupparne il potenziale in maniera sostenibile? Un intervento di Marino Berton, presidente dell'Associazione Italiana Energia dal Legno sulle sfide che il settore dovrà affrontare.

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Al di là delle opinioni, i risultati del referendum dicono che gli italiani scelgono la strada dell’energia rinnovabile e dell’efficienza energetica, e consegnano alla politica un messaggio chiaro. Ora si tratta di dare delle gambe robuste a questa scelta per raggiungere rapidamente risultati e obiettivi attesi. Venerdì scorso, nell’ambito degli Stati Generali del Legno Energia, organizzati da AIEL e la collaborazione di Progetto Fuoco, per la prima volta un intero settore, quello delle biomasse legnose, si è incontrato, si è riconosciuto e ha provato a darsi obiettivi comuni (Qualenergia.it, Le proposte della filiera italiana dell’energia dal legno, ndr).


Sfuggiamo a molte statistiche: mancano i dati analitici e ufficiali sui consumi di legna, cippato e pellet, perché neanche il piano d’azione sulle energie rinnovabili (PAN) ha consapevolezza vera sui dati e si affida a statistiche ancora poco attendibili, anche a causa delle sacche di sommerso. Comunque, come si vede dai dati del PAN le biomasse solide sono già e saranno anche in futuro la prima rinnovabile del paese: il 60% del totale delle biomasse, dalle quali secondo il PAN dovrà venire il 45% dell’energia da rinnovabili. In questa statistica non siamo soli, la media europea lo conferma in modo netto ed inequivocabile.


Diverse le questioni che il settore si trova davanti. La crescita si pone in stretta relazione con la gestione forestale sostenibile. Il bosco italiano cresce e in 50 anni raddoppia di superficie, non per effetto di una scelta politica, ma in larga parte per l’abbandono della zootecnia di montagna e la conquista del bosco di ampi spazi un tempo destinati ai pascoli. Noi pensiamo sia necessario non creare competizione tra l’uso industriale del legno e l’uso energetico, anzi è possibile creare una sinergia. Vero competitor sono i grandi impianti a biomasse per la produzione di energia elettrica che necessitano di enormi quantità di cippato e che quasi sempre dissipano l’energia termica in atmosfera.


Le produzioni legnose da destinare allo scopo energetico possono poi provenire anche da altre utili risorse. Dalle potature delle colture arboree, in primis vigneti, uliveti e noccioleti, è possibile raccogliere una quantità straordinaria di biomassa legnosa da valorizzare energeticamente. Da una sola provincia come quella di Treviso, famosa per i vigneti a prosecco, abbiamo calcolato una potenzialità di 79.000 tonnellate all’anno. Ma a tutto ciò va aggiunto il cosiddetto «fuori foresta» costituito da boschetti, filari, fasce boscate.


C’è poi la questione delle emissioni. Anche se i vecchi apparecchi, soprattutto a scala domestica, rappresentano ancora una larga parte del parco esistente nel nostro paese, le innovazioni introdotte hanno fatto fare passi da gigante sia in termini di efficienza che nella riduzione delle emissioni. Macchine che raggiungono e superano l’80 e talvolta anche il 90% di rendimento e che consentono di limitare le emissioni in modo decisivo fino ad arrivare nei casi più virtuosi sotto ai 20 mg/Nmc. Soprattutto a livello regionale e locale, però, vediamo un approccio da parte di alcuni organismi che ancora non fa alcuna distinzione tra vecchie e obsolete stufe e moderni apparecchi e impianti. Chiediamo che la normativa nazionale sia aggiornata verso una riduzione progressiva e conseguibile dei limiti di emissione di apparecchi e impianti, adeguandola al progresso tecnologico e alle migliori esperienze normative a livello europeo.


Fondamentale poi è la tracciabilità della filiera. Pensiamo sia importante dare delle garanzie al consumatore e dare prova della provenienza del materiale legnoso utilizzato. Anche le norme europee vanno chiaramente in questa direzione. Vorremmo che l’impegno dei produttori di legna cippato, e soprattutto pellet, per tracciare e certificare il prodotto sia riconosciuto dai consumatori attraverso campagne di promozione e informazione.


Con particolare attenzione il settore guarda alle novità contenute nel decreto legislativo 28/2011, che rappresenta dal nostro punto di vista un cambio di passo. Contiene infatti alcuni principi che sono oggettivamente importanti per il settore. Come associazione abbiamo a tal riguardo precise richieste, a partire da quella di tempi rapidi per l’emanazione dei decreti attuativi che ancora mancano.


Infine un problema che gli impianti a biomassa devono spesso affrontare è l’effetto “NIMBY”, che ha scatenato la nascita di una serie di comitati anche contro impianti definiti dalla nostra legislazione di mini cogenerazione o di medie reti di teleriscaldamento. Comitati talvolta motivati da aspetti localistici e spesso incapaci di una approfondita analisi sugli elementi fondamentali da considerare: in primo luogo, un serio piano di approvvigionamento delle biomasse nel contesto territoriale, oltre ai criteri e le tecnologie da adottare per abbattere le emissioni. E’ necessario attivare un piano di comunicazione pluriennale per informare utenti e consumatori sui vantaggi, sulle buone pratiche per conseguire i migliori rendimenti, sulle opportunità che le attuali moderne tecnologie offrono sia a scala domestica sia per caldaie, impianti e reti di teleriscaldamento.

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