“Ripulire” la blockchain con un mercato digitale della CO2: ecco come

Una società di Singapore, New Era Energy, parte dell’iniziativa globale Climate Chain Coalition sostenuta dall’Onu, vuole sviluppare un protocollo per consentire di ridurre le emissioni di CO2 associate alle transazioni virtuali, come i Bitcoin. Vediamo in sintesi di cosa si tratta.

ADV
image_pdfimage_print

Se il futuro dell’energia appartiene sempre di più alle reti intelligenti e interconnesse con milioni di utenti, allora bisogna trovare delle soluzioni per “ripulire” dalle emissioni inquinanti le transazioni governate dai registri della blockchain.

Ed è proprio questa l’idea che regge il progetto della società di Singapore New Era Energy, il Carbon Grid Protocol (tutte le informazioni nel documento allegato in basso), un protocollo informatico, inizialmente basato sulla piattaforma Ethereum, che punta a creare un mercato digitale anche per il carbonio.

Il progetto rientra nella Climate Chain Coalition, l’iniziativa globale, di cui fanno parte oltre 25 organizzazioni e sostenuta dal segretariato dell’Onu per i cambiamenti climatici (UNCC, United Nations Climate Change), il cui obiettivo è sviluppare le tecnologie che permettono di scambiare dati e informazioni su reti diffuse e “aperte” (Distributed Ledger Technology, DLG).

Cos’è la blockchain

Per capire più in dettaglio che cos’è e come funziona la blockchain o sistema a “catena di blocchi”, rimandiamo a un paio di nostri articoli recenti:

Qui ricordiamo, in sintesi, che la blockchain è un registro virtuale che consente di eseguire una serie di attività, come stipulare contratti e compiere pagamenti, azzerando del tutto o in parte il ruolo degli intermediari finanziari, grazie a complesse procedure, basate sulla crittografia, per approvare le singole transazioni e garantire la sicurezza dell’intero sistema.

La tecnologia blockchain è nota soprattutto nell’ambito della cripto-valuta (moneta virtuale), per via di una delle sue applicazioni più diffuse, i Bitcoin.

Tuttavia, sta attirando l’interesse di un numero crescente di aziende pubbliche/private in diversi settori, perché promette di trasformare il modo in cui sono forniti molti servizi, anche in campo energetico, ad esempio con la vendita diretta di energia solare autoprodotta dagli utenti (vedi anche QualEnergia.it La blockchain e l’energia: perché l’Europa prepara un mercato unico digitale).

Verso un mercato digitale della CO2

Tornando al protocollo ideato da New Era Energy, vediamo brevemente quali sono le sue principali finalità.

Il Carbon Grid Protocol è pensato in primo luogo per ridurre l’impatto ambientale, quindi la carbon footprint, delle transazioni di moneta virtuale.

Come evidenziano gli sviluppatori del progetto, a ogni singolo pagamento in Bitcoin, ad esempio, bisogna associare una notevole quantità di emissioni di CO2, che a sua volta dipende dall’enorme consumo energetico richiesto dai computer che lavorano incessantemente per convalidare le transazioni.

L’impatto ambientale dipende dal paese in cui si trovano i computer: ad esempio, se sono in Islanda, dove c’è abbondanza di elettricità “verde”, l’impatto sarà certamente inferiore a quello delle transazioni registrate in Cina, dove il carbone è ancora una parte preponderante del mix energetico complessivo.

Difatti, una delle possibilità per diminuire l’inquinamento di cui è responsabile la blockchain, è installare gli enormi centri di elaborazione dati in aree geografiche con ampia disponibilità di risorse rinnovabili, come grandi parchi eolici e solari.

Il grafico qui sotto, preso dal sito Digiconomist, dà avere un’idea più precisa sul consumo energetico dei Bitcoin e le relative emissioni di CO2:

Altrimenti, come propone New Era Energy, al pari di altre società che stanno lavorando nella stessa direzione, si può realizzare un mercato digitale dei crediti di CO2, molto più aperto e trasparente di un mercato regolato dalle autorità centrali, come lo stesso ETS europeo (Emissions Trading Scheme, vedi QualEnergia.it per le ultime novità dello schema ETS).

In pratica, il Carbon Grid Protocol consentirà ai partecipanti di calcolare l’impronta del carbonio per i loro pagamenti in Bitcoin o altre monete virtuali, ma potrà poi allargarsi a ogni altro tipo di registri digitali diffusi, non solo quelli delle cripto-valute.

Lo scopo, in sostanza, è arrivare a un sistema blockchain in cui ogni operazione avrà associato un certo ammontare di CO2 con il pagamento del relativo costo, nell’ambito di un vero e proprio carbon market che possa favorire la riduzione delle emissioni e la loro compensazione attraverso l’acquisto/vendita di crediti.

Vedremo, nei prossimi mesi, se questa soluzione prenderà piede e se avrà successo: nel quarto trimestre 2018, intanto, è previsto il lancio di una prima versione beta del protocollo.

Nota: alla domanda “com’è possibile ridurre il consumo energetico della blockchain utilizzando la blockchain”, che sicuramente si porranno molti lettori, si può rispondere che il consumo energetico del Carbon Grid Protocol dovrebbe essere notevolmente inferiore a quello di altri sistemi a catena di blocchi, perché sfrutterà un metodo del consenso (indispensabile per convalidare le transazioni) di tipo Proof-of-Authority (PoA), che prevede che sia solo un numero ristretto di autorità/soggetti indipendenti a verificare le operazioni.

Al contrario, quindi, del meccanismo Proof-of-Work che coinvolge una potenza di calcolo enorme ed è molto più energivoro. Inoltre, per favorire la “neutralità carbonica” il protocollo prevede altre misure per compensare le emissioni residue.

Il seguente documento è riservato agli abbonati a QualEnergia.it PRO:

Prova gratis il servizio per 10 giorni o abbonati subito a QualEnergia.it PRO

 

ADV
×