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Dall’eolico allo storage, quali i “fari” verdi della transizione energetica

Sono poche le tecnologie in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalla IEA per i prossimi decenni. Eolico, solare FV, sistemi di accumulo, auto elettrica, i settori con segnali di mercato positivi e più promettenti. Grandi incertezze altrove, partendo da carbone, nucleare e CCS.

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La transizione energetica sarà ancora lunga, faticosa e dall’esito incerto, nonostante i recenti e notevoli progressi di alcuni settori delle fonti rinnovabili.

Come spesso accade quando si scorrono i rapporti della IEA (International Energy Agency), i numeri evidenziano le contraddizioni con cui sta avanzando la decarbonizzazione dell’economia verde mondiale.

Sono solo tre le voci che hanno meritato il semaforo verde nel Tracking Clean Energy Progress 2017 (allegato in basso), il rapporto che fotografa lo stato di salute della green economy: solare FV/eolico su terraferma, veicoli elettrici e sistemi di accumulo energetico. Tutti gli altri comparti, 23 su 26 totali considerati dall’agenzia, sono da bollino arancione o addirittura rosso, cioè sono lontani dalla traiettoria ideale di sviluppo “sostenibile”.

Questa traiettoria, è bene ricordare, è il cosiddetto scenario 2DS elaborato dalla IEA, che offre un 50% di probabilità di limitare il surriscaldamento globale entro i 2 gradi centigradi nel 2100.

Per valutare se le diverse tecnologie sono in linea con gli obiettivi di lungo termine, gli esperti dell’organizzazione basata a Parigi hanno esaminato una serie di parametri e indicatori, riferiti a una data intermedia (2025, con proiezioni verso il 2060).

Il documento della IEA, quindi, vuole mostrare quanto “pesa” ogni singola casella del mix energetico planetario, quanto sta contribuendo ai traguardi di efficienza e riduzione delle emissioni inquinanti: quella specifica tecnologia è in grado di penetrare il mercato con sufficiente rapidità, oppure è destinata a rimanere di nicchia e, di conseguenza, poco incisiva nell’ambito della transizione stessa?

Partiamo dai tre punti di forza. L’eolico e il solare FV, secondo il rapporto, se continueranno a crescere con il ritmo degli ultimi anni, riusciranno a centrare l’obiettivo previsto per il 2025.

Nel 2016, evidenzia la IEA, le fonti rinnovabili in complesso hanno visto 160 GW di nuova potenza installata, record assoluto, anche se il boom di vento e sole, trainato dalla maggiore competitività di queste risorse rinnovabili (vedi QualEnergia.it sui risultati delle ultime aste) è parzialmente oscurato dai ritardi in altre fonti pulite, tra cui l’eolico offshore, le biomasse, il solare termodinamico.

Passando alla mobilità elettrica, lo scorso anno sono state vendute oltre 750.000 vetture plug-in a zero emissioni in tutto il mondo, ottenendo un record anche in questo caso e superando due milioni di unità in circolazione. Le vendite hanno registrato un +40% sul 2015, ma nel 2015 l’impennata era stata molto più consistente: +70% rispetto ai dodici mesi precedenti.

Il rischio, osserva così la IEA, è che dopo il boom iniziale, favorito da una base di partenza irrisoria, l’evoluzione del mercato inizierà a discostarsi dallo scenario 2DS. Ecco perché sarà indispensabile rafforzare la politica pro-auto elettrica su scala mondiale, ad esempio con incentivi all’acquisto e la costruzione di reti di colonnine pubbliche e private per ricaricare le batterie.

L’altro settore-chiave della transizione energetica (vedi anche QualEnergia.it con ultimi dati di EY su investimenti verdi in 40 paesi) è l’energy storage, escludendo il pompaggio idroelettrico da questa definizione, che nel 2016 è stato capace di crescere del 50% sull’anno precedente, con diverse centinaia di MW di nuove installazioni.

Segnali positivi, quindi, anche se la traiettoria 2DS richiederà 20 GW aggiuntivi entro il 2025. La tendenza di mercato sembra andare in questa direzione, come confermano i tanti progetti di super-fabbriche per batterie al litio annunciati da Tesla e altre aziende.

Veniamo alle note più critiche, che sono molte.

In generale, secondo la IEA, è da rivedere tutto ciò che riguarda le industrie, i trasporti (non solo aerei e marittimi, ma anche dei veicoli pesanti), l’efficienza energetica negli edifici, le rinnovabili termiche, le fonti fossili, oltre ai già citati problemi per quelle tecnologie pulite che sono rimaste marginali nel mix complessivo.

Ad esempio, per quanto riguarda il carbone, anche se da un lato si moltiplicano i segnali di un suo abbandono o ridimensionamento in diversi paesi (vedi QualEnergia.it), dall’altro il combustibile “sporco” continua a valere il 40% circa della generazione elettrica globale.

Qui ci colleghiamo agli aspetti più controversi delle soluzioni proposte dall’agenzia, perché la IEA nel suo concetto di transizione assegna un ruolo di spicco ai sistemi CCS (carbon capture and storage), che come sappiamo navigano nell’incertezza più totale quanto alla loro fattibilità tecnico-economica.

Dobbiamo poi ricordare che la IEA ritiene che il nucleare sarà indispensabile per decarbonizzare il sistema energetico: tra le sue raccomandazioni pro-atomo, infatti, leggiamo che bisogna incoraggiare lo sviluppo del nucleare insieme con le altre forme di energia pulita, includendolo negli schemi d’incentivazione destinati alle tecnologie carbon-free.

E tutto ciò ci sembra veramente molto stridente con la transizione energetica che abbiamo in mente.

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