Dalle batterie all’eolico offshore, come e dove accelera la transizione energetica

Cina e ora anche India davanti agli Stati Uniti nell’ultima classifica EY sugli investimenti globali in fonti rinnovabili. Costi delle tecnologie in costante discesa nelle aste, anche in un settore tradizionalmente “ostico” come l’eolico marino. Storage elemento-chiave per velocizzare la diffusione degli impianti green.

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Non solo la Cina davanti agli Stati Uniti, ma anche l’India: la virata di Donald Trump verso i combustibili fossili, sta iniziando a sortire i suoi effetti nella classifica di Ernst & Young (EY) sugli investimenti mondiali nelle tecnologie pulite.

L’America post-Barack Obama così è scesa al terzo posto dell’indice RECAI, Renewable energy country attractiveness index (documento completo allegato in basso), scavalcata dai due colossi asiatici che stanno incrementando notevolmente i loro obiettivi di economia verde.

L’indice RECAI, è bene ricordare, è il termometro che misura la capacità di 40 nazioni di attirare capitali per nuovi progetti nelle fonti green, secondo una serie di parametri e indicatori.

L’attacco di Trump contro la politica energetica e ambientale di Obama, si legge nel rapporto di EY, sta “innervosendo” gli investitori delle rinnovabili, creando molta incertezza sullo sviluppo futuro di settori come l’eolico e il fotovoltaico (vedi QualEnergia.it per approfondire quanto sta avvenendo negli USA).

Per quanto riguarda l’Europa, il paese migliore in classifica è la Germania al quarto posto; Francia e Gran Bretagna figurano nella top-dieci elaborata dalla società di consulenza globale. Per trovare l’Italia, invece, bisogna scorrere la graduatoria fino al diciottesimo posto.

Tornando all’Asia, gli analisti basano le loro previsioni di crescita su alcuni numeri diffusi in questi mesi dalle istituzioni cinesi e indiane. Pechino, ad esempio, investirà più di 360 miliardi di dollari, stando ai piani della National Energy Administration, per realizzare impianti eolici e solari entro il 2020 e creare 13 milioni di posti di lavoro.

L’India è un concentrato di elementi favorevoli ai nuovi investimenti verdi, tra il supporto governativo con obiettivi chiari e di lungo periodo – 175 GW entro il 2022 e 40% di capacità installata nelle rinnovabili al 2030 – e il ribasso dei costi delle varie tecnologie, in particolare nelle ultime aste record del solare FV (vedi QualEnergia.it sulla competitività del fotovoltaico indiano).

Per diversi anni, evidenzia EY, i costi relativamente alti delle rinnovabili e la variabilità produttiva degli impianti, perché soggetti alle condizioni meteorologiche senza possibilità di stoccare il surplus energetico, hanno limitato il numero delle installazioni.

Ora ci sono meno vincoli, chiarisce il documento: le rinnovabili sono più libere di crescere, come conferma anche il caso dell’eolico offshore, un settore a elevata intensità di capitale e quindi tradizionalmente “ostico” per banche e finanziatori.

In Germania, alcune aste per grandi impianti marini sono arrivate a un punto impensabile fino a poco tempo fa, cioè offerte a zero sussidi (zero-subsidy bid), anche se il risultato è stato possibile perché la gara escludeva i costi per connettere i futuri impianti alla rete.

In pratica, alcuni operatori hanno proposto di costruire le centrali offshore in parità di mercato con le altre fonti di generazione, confidando nell’ulteriore miglioramento delle prestazioni delle turbine, nelle economie di scala e in prezzi ancora più bassi delle tecnologie utilizzate.

La Gran Bretagna, si legge poi nell’indice RECAI, è riuscita a ridurre di un terzo il valore medio LCOE (Levelized Cost of Electricity) dell’eolico offshore quattro anni prima del previsto: siamo già a circa 125 $/MWh rispetto a 183 $/MWh nel 2010-2011, bruciando le tappe rispetto all’obiettivo fissato per il 2020.

Un altro sviluppo-chiave delle rinnovabili, indispensabile per velocizzare la transizione energetica dalle fonti fossili, è lo storage. Il sistema elettrico, infatti, è la catena di approvvigionamento più lunga del mondo che è quasi priva di possibilità di accantonare/accumulare il suo prodotto, cioè l’energia elettrica generata dagli impianti.

Le batterie a vari livelli – di rete, domestiche, nelle industrie eccetera – dovranno rendere questa catena più flessibile e “intelligente”, in grado di adattarsi alle mutevoli condizioni di mercato e di domanda effettiva.

Il grafico qui sotto riassume il previsto andamento dei sistemi di accumulo nel mondo nelle diverse applicazioni. Come si vede, è attesa una notevole diffusione dello storage “dietro al contatore” per gli impianti solari FV, con cui massimizzare l’autoconsumo energetico.

Per il momento i prezzi delle batterie sono ancora alti, ma in costante diminuzione, quindi è lecito aspettarsi un boom delle vendite nei prossimi anni, solo però se i singoli paesi sapranno promuovere e facilitare l’installazione degli accumulatori. Per il dibattito italiano su come “liberare l’autoproduzione da energie pulite” vedi l’articolo Autoproduzione da rinnovabili, le proposte di MiSE e Aeegsi.

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