Cosa cambia con il quarto conto energia?

I grandi impianti non saranno così redditizi se i costi non scenderanno sotto 1.800 €/kW. Un freno anche dalle procedure burocratiche. Ma i piccoli resteranno convenienti. Diverse novità positive per il settore, anche se l'applicabilità resta tutta da definire. Il 4° conto energia secondo Davide Chiaroni dell'Energy Strategy Group del Politecnico.

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Il quarto conto energia per il fotovoltaico è stato firmato venerdì e in questi giorni gli operatori del FV italiano e gli investitori stranieri stanno sezionando le circa 40 pagine del decreto (disponibile qui) per capire come funzioneranno le novità introdotte e che conseguenze avranno sul mercato. Qualenergia.it lo ha chiesto a Davide Chiaroni dell’Energy Strategy Group del Politecnico di Milano, uno degli autori del Solar Energy Report, uno degli studi più recenti e importanti su mercato e filiera del solare in Italia (Qualenergia.it, Fotovoltaico, una filiera nazionale in crescita).

Professor Chiaroni, iniziamo con un giudizio sintetico su questo quarto conto energia …
La direzione generale è quella di favorire gli impianti di piccole dimensioni o quelli su tetto sotto al megawatt. L’obiettivo del governo era evidentemente limitare la proliferazione di grandi centrali. Si privilegia dunque la distribuzione di impianti di taglie piccole e medie e le soluzioni industriali basate sull’autoconsumo.

La riduzione delle tariffe stabilita continuerà a garantire una buona redditività, anche in relazione all’andamento dei costi?
Mentre per le taglie più piccole la profittabilità resta buona, come ci si aspettava, i più colpiti sono gli impianti grandi. Già nel terzo conto energia la redditività di queste taglie era stata abbastanza ridimensionata, costringendo ad abbassare i costi per far sì che l’investimento restasse profittevole. Da dicembre 2011, secondo i nostri calcoli, perché i grandi impianti a terra restino redditizi si dovrà scendere al di sotto dei 1.800 euro a kW installato.

Ce la si può fare?
Il taglio dei costi necessario è drastico, tenendo conto che attualmente superiamo i 2.500-2.800 euro a kW installato. Va poi detto che la riduzione dei costi non è aiutata dalle nuove procedure burocratiche introdotte, ossia l’iscrizione al registro. Questa allungherà il tempo necessario ad accedere agli incentivi, causando ulteriori problemi di bancabilità dei progetti.

Con il nuovo decreto il sistema incentivante diventa simile in certi aspetti a quello tedesco, con tariffe che verranno rimodulate al raggiungimento di determinati obiettivi in termini di installazioni. Che effetti avrà questo cambiamento sul settore?
C’è un grosso punto di domanda legato a come si sfrutterà la finestra fino al 31 agosto: fino a quella data i grandi impianti saltano la procedura di iscrizione nel nuovo registro, una delle novità più problematiche introdotte dal nuovo conto energia. Fatto salvo questo, la dinamicità del sistema non è a priori una cosa negativa, come ci mostra l’esperienza tedesca. Nel nostro caso, a differenza che in Germania, le tariffe verranno modulate a seconda della spesa complessiva determinata dal sistema incentivante e non in base alla potenza, una cosa che mi sembra rappresenti meglio la realtà.

Dal 2013 ci sarà poi il passaggio alla tariffa omnicomprensiva, che incorpora nell’incentivo il prezzo di vendita dell’elettricità …
Anche il passaggio dalla feed in premium alla tariffa omnicomprensiava non sarà così scardinante. Stiamo facendo delle stime per verificare come cambierà la redditività rispetto al vecchio sistema, ma va detto che il prezzo dell’energia in questi ultimi anni si è rivelato abbastanza stabile. Il fatto che questo sia incorporato nella tariffa incentivante, su un orizzonte temporale così breve, dovrebbe avere un effetto stabilizzante. Resta da vedere come sarà colpito l’autoconsumo: la tariffa per la parte di elettricità non venduta, ma consumata dal produttore, è demandata dal decreto ad un’ulteriore specificazione.

Ci sono tipologie di impianti per cui il cambiamento sarà più conveniente?
Qui è appunto determinante vedere come sarà definito il premio all’autoconsumo. Se per i piccoli impianti residenziali questo non dovrebbe essere rilevante, per impianti commerciali di taglia media per i quali l’autoconsumo rappresenta un vantaggio decisivo per il ritorno dell’investimento, ad esempio quelli sul tetto di un’industria, sarà invece fondamentale vedere come sarà remunerata l’energia non immessa in rete. Se l’autoconsumo dovesse divenire meno conveniente rispetto al vecchio sistema poteremmo avere un’ulteriore riduzione della taglia media degli impianti.

Tornando alle novità immediatamente operative, il quarto conto energia introduce una maggiorazione del 10% sulle tariffe incentivanti per quegli impianti realizzati con almeno il 60% di componenti realizzati in Europa. Che impatto potrà avere questa norma protezionistica sulla realizzazione degli impianti e sulla filiera italiana  del fotovoltaico?
Dalle nostre prime simulazioni risulta che spendere almeno il 60% dei costi di investimento in prodotti europei significa che in pratica non si potranno comperare moduli fabbricati fuori dall’Unione. O il modulo e la struttura o il modulo e l’inverter, ma sicuramente il modulo dovrà essere acquistato in Europa. Potenzialemente è un meccanismo virtuoso per la filiera europea del FV. Bisogna però poi capire praticamente come questo meccanismo verrà applicato, quali meccanismi di tracciabilità verranno messi in piedi con i regolamenti. Il rischio è che, ad esempio, si comprino moduli extra UE che poi vengono fatti risultare europei a seguito di minime rifiniture. Le questioni sono molte: ad esempio, come verrà conteggiata la spesa per un modulo italiano fatto con celle cinesi? Insomma, una norma virtuosa ma dalla difficile applicabilità. Molto dipenderà da come verranno scritti i regolamenti.

Altre novità rilevanti contenute nel decreto che vanno evidenziate?
Quella sugli inverter: per la prima volta si prevede che gli inverter debbano avere la possibilità di esser scollegati dalla rete in remoto. Un passo verso la smart grid: questo permetterebbe di stabilizzare in alcuni momenti la rete elettrica in alcune aree in corripondenza dei picchi di produzione, gestendo i sovraccarichi attraverso il distacco degli impianti. E’ un modo di migliorare le prestazioni della rete sul brevissimo termine senza investire nelle infrastrutture. Ovviamente, qui sarà cruciale capire come e se verrà remunerata l’energia che non viene immessa in rete quando questi inverter vengono scollegati: come per l’incentivo ai prodotti ‘made in Ue’ si tratta di una novità potenzialmente positiva i cui risultati dipendono però da come la si applicherà.

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