Anniversario di Kyoto, un bilancio in chiaroscuro

Un dato sorprendente per il 4° anniversario del Protocollo di Kyoto: le emissioni in Italia continuano a ridursi. Nel 2008 sono del 6% più alte rispetto al 1990, mentre nel 2004 erano dell'11%. I fattori che hanno portato al calo e l'enorme strada che c'è ancora da fare. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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Il quarto anniversario del Protocollo di Kyoto ci riserva delle belle sorprese. Per il quarto anno consecutivo le emissioni climalteranti italiane si sono infatti ridotte. Nel 2008, in base alle nostre prime stime, esse sono state del 6% più alte rispetto al 1990, mentre nel 2004 la distanza rispetto all’anno base era arrivata a toccare l’11%. Il recupero degli ultimi anni deriva dall’aumentato prezzo dell’energia, da inverni poco rigidi, dall’arrivo della recessione e per finire dai primi risultati delle politiche di efficienza energetica e di incentivazione delle rinnovabili. E tutto fa pensare che anche il 2009, a seguito della crisi, vedrà una ulteriore riduzione delle emissioni.

Dunque, un calo in cui la virtuosità del paese ha giocato finora un ruolo limitato. Le politiche di riduzione potrebbero, invece, risultare importanti nei prossimi anni. Ricordiamo infatti che i “certificati bianchi” inizieranno a comportare risparmi energetici significativi proprio a partire dal 2009 (3,2 Mtep) per giungere a 6 Mtep nel 2012, che le detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, salvate in extremis, potranno contribuire significativamente a migliorare il nostro parco abitativo e che, infine, sul fronte delle rinnovabili, i numeri iniziano ad essere consistenti. Lo scorso anno si sono infatti installati 1.010 MW eolici, 200 MW fotovoltaici, 400.000 metri quadrati di solare termico. Si tratta di risultati 10 volte più alti di quelli che si registravano dieci anni fa, tali da posizionarci finalmente ai primi posti in Europa e nel mondo.

L’obbiettivo di Kyoto prevede che le emissioni del quinquennio 2008-12 risultino inferiori del 6,5% rispetto al 1990. Per raggiungere questo risultato, pur contabilizzando un contributo delle nostre foreste di poco superiore ai 10 Mt CO2/a, il tasso annuo di riduzione delle emissioni per soddisfare Kyoto dovrebbe essere del 5,5%.
Un valore molto più alto, quasi il triplo, rispetto ai tassi medi di riduzione registrati negli ultimi anni. Peraltro bisogna considerare che nel 2010 o nel 2011 l’economia potrebbe tornare a crescere trascinando le emissioni al rialzo, a meno che non vengano avviate politiche di riduzione molto più vigorose.

Dunque, siamo in presenza di un recupero, ma limitato: pur detraendo la quota legata all’accrescimento dei nostri boschi, l’Italia ha finora accumulato un debito (per il 2008) di circa 1 miliardo € (54 Mt CO2 valorizzate a 20 €/t).
Malgrado l’andamento degli ultimi anni non riusciremo a centrare il rispetto del Protocollo di Kyoto con le sole misure interne. Non bisogna però dimenticare il ricorso ai meccanismi flessibili che prevedono interventi nei paesi in via di sviluppo o dell’est e la contabilizzazione dei crediti di carbonio da noi. Finora questo strumento è stato utilizzato in maniera molto ridotta e, soprattutto non ha visto, salvo poche eccezioni, un impegno da parte del nostro sistema industriale.

Occorrerebbe dunque potenziare sia la politica interna di riduzione che stimolare le nostre imprese negli interventi all’estero.
In particolare, nell’attuale contesto di recessione economica le politiche dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile e delle rinnovabili andrebbero pensate come elementi decisivi del rilancio economico. Questa è la strada scelta da Obama negli Usa e da diversi altri paesi.
La nostra strategia deve peraltro fare i conti, oltre che con gli impegni di Kyoto, con gli obbiettivi del 2020. Occorre avviare una politica di lungo periodo per impedire che l’Italia si stacchi da un’Europa virtuosa sul clima. Una volta il timore era di uscire dall’Euro. Vista la rilevanza della lotta al riscaldamento del pianeta, ora il rischio è quello di venire esclusi dal drappello di punta dei paesi che, grazie all’impegno sul riscaldamento del pianeta, stanno rivitalizzando le proprie economie.

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