Via alla Cop 29 con l’avvertimento di Irena: “siamo fuori strada, quadruplicare gli investimenti”

Con l'avvio della conferenza a Baku, l'Agenzia internazionale per le rinnovabili pubblica il suo World Energy Transitions Outlook 2024: triplicare l'installato di rinnovabili e quadruplicare gli investimenti in energia pulita, ricorrendo anche alla tassa mondiale sulla ricchezza.

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Anche se tutti gli annunci presi alla varie Cop fino ad oggi dovessero tradursi in realtà, non sarebbero sufficienti a portarci, entro il 2050, sulla traiettoria per provare a fermare il riscaldamento globale entro gli 1,5 °C. Un traguardo ormai quasi impossibile.

Per tentare di tenere fede agli impegni di Parigi, provando a evitare almeno gli effetti più disastrosi del riscaldamento globale in atto, saranno determinanti i target nazionali messi sul tavolo dopo questa Cop 29.

L’avvertimento arriva dal nuovo World Energy Transitions Outlook 2024 di Irena, pubblicato oggi, 11 novembre, giorno in cui a Baku, in Azerbaigian, parte la ventinovesima Conference of Parties, la riunione annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici (Unfccc).

Nel report l’Agenzia internazionale per le rinnovabili auspica che si arrivi a un nuovo obiettivo quantificato per la finanza climatica e che si sostenga la transizione energetica anche adottando la tassa globale sulla ricchezza proposta dal Brasile al G20.

Come abbiamo scritto, questa Cop, che si concluderà il 22 novembre, parte però con pessimi presupposti. C’è davvero poca attenzione mediatica, nonostante disastri climatici come l’alluvione di Valencia, molti leader (a partire da Ursula von der Leyen) non ci saranno e va considerata anche l’ombra dell’elezione di Donald Trump, che ha già annunciato di voler far ritirare gli Usa dall’accordo di Parigi e forse anche dall’Unfccc.

Una transizione “fuori strada”

È particolarmente amaro riportare per l’ennesima volta, alla vigilia di un Cop, le raccomandazioni di un’agenzia come l’Irena, che nel report avverte testualmente che “la transizione energetica è fuori strada”.

Limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C richiede una riduzione delle emissioni di anidride carbonica di circa 37 gigatonnellate (Gt) rispetto ai livelli del 2022 e l’azzeramento delle emissioni nel settore energetico entro il 2050.

Nonostante alcuni progressi, gli impegni e i piani attuali “sono lontanissimi dall’obiettivo”, avverte Irena. Le strategie di emissioni nette zero adottate dei vari Stati, se pienamente realizzate, potrebbero ridurre le emissioni di CO2 del 6% entro il 2030 e del 56% entro il 2050, rispetto ai livelli del 2022. Tuttavia, la maggior parte degli impegni deve ancora essere tradotta in politiche e regolamenti o sostenuta con finanziamenti sufficienti.

Mentre i Paesi si preparano per il terzo ciclo di NDC nel 2025 con gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni, è fondamentale che si allineino meglio con i piani energetici nazionali e gli obiettivi net-zero, si avverte. Diversamente, di questo passo arriveremo al 2050 con 34 Gt di emissioni di CO2 di troppo.

Rinnovabili da triplicare

Secondo lo scenario 1,5 °C di Irena, le rinnovabili dovrebbero arrivare al 68% della domanda elettrica entro il 2030 e al 91% entro il 2050. Le fossili devono invece scendere dal 61% del mix elettrico attuale al 24% entro il 2030 e al 4% entro il 2050.

Rispetto ai livelli del 2023, secondo l’agenzia la potenza Fer installata dovrebbe triplicare entro il 2030, raggiungendo 9.400 GW, e moltiplicarsi per 7 entro il 2050, a 24.900 GW.

Bisognerebbe dunque aggiungere circa 1.000 GW di potenza da rinnovabile all’anno. Nel 2022, a livello globale, sono stati aggiunti circa 300 GW di Fer, ma lo stesso anno ha visto anche un nuovo record di sussidi alle fossili.

Sempre nel 2022, gli investimenti globali in tutte le tecnologie per la transizione energetica hanno raggiunto un picco di 1.300 miliardi di dollari, ma quelli in fossili sono stati quasi il doppio di quelli in rinnovabili.

Per il difficilissimo target degli 1,5 °C, infine, entro il 2050 servono 150.000 miliardi, con una media di oltre 5.000 mld/anno.

Gli investimenti annuali devono dunque più che quadruplicare dal livello record del 2022, come si vede in questo grafico.

Servono finanziamenti pubblici

Ogni anno il divario tra ciò che è stato raggiunto e ciò che è necessario continua ad aumentare, avverte l’Irena: “Questo mancato avanzamento innalzerà anche il futuro fabbisogno di investimenti e i costi derivanti dall’aggravarsi degli effetti del cambiamento climatico”.

“È necessario un intervento più incisivo del settore pubblico per incanalare gli investimenti verso i Paesi e le tecnologie in modo più equo”.

“Un accordo su un nuovo obiettivo quantificato per la finanza climatica alla Cop 29 è fondamentale per garantire una transizione giusta, sostenere gli investimenti nel Sud del mondo e dare ai Paesi gli strumenti per aumentare le loro ambizioni NDC”, commenta il direttore generale di Irena, Francesco La Camera.

Ciò potrebbe essere facilitato, oltre che dalla riduzione dei sussidi alle fossili, da nuove fonti di finanziamento come la tassa sulla ricchezza globale sostenuta dal G20 di quest’anno, si legge nel documento, riferendosi alla proposta della presidenza brasiliana di una “global mininum tax” del 2% sui patrimoni dei super ricchi per raccogliere circa 250 miliardi di dollari all’anno per affrontare clima e disuguaglianze.

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