Cosa vuol dire l’elezione di Trump per rinnovabili, energia e clima

CATEGORIE:

La decarbonizzazione frenerà, ma un’inversione di rotta della transizione energetica è praticamente impossibile. Una breve analisi settore per settore.

ADV
image_pdfimage_print

Donald Trump è stato eletto di nuovo presidente degli Stati Uniti.

Cosa potrebbe significare il secondo mandato di Trump per i diversi segmenti del settore energia, per i mercati dei materiali e componenti che lo alimentano, per le normative energetiche e per le sorti della transizione in corso dalle fonti fossili a quelle rinnovabili?

Lo scorso settembre QualEnergia.it fece già una prima valutazione delle prospettive che si sarebbero potute aprire con una vittoria del magnate newyorkese.

I cambi in corsa di molte regole sotto la prossima amministrazione Trump potrebbero portare a 4 miliardi di tonnellate di emissioni statunitensi in più entro il 2030 rispetto ai piani democratici, secondo un’analisi di Carbon Brief.

Questi 4 miliardi di tonnellate di CO2 in più entro il 2030 annullerebbero, moltiplicati per due, tutti i risparmi di CO2 ottenutinegli ultimi cinque anni grazie a eolico, fotovoltaico e altre tecnologie pulite in tutto il mondo. Inoltre, causerebbero danni climatici globali per oltre 900 miliardi di dollari, secondo le valutazioni dell’Environmental Protection Agency (Epa) Usa.

In base alle politiche attuali, ci dovrebbero essere circa 7.700 miliardi di dollari di investimenti per il settore energetico statunitense nel periodo 2023-2050, secondo la società di analisi Wood Mackenzie. L’elezione di Trump potrebbe far scendere tale cifra di 1.000 miliardi di dollari (1 trilione di dollari), se i repubblicani annulleranno le politiche che sostengono l’energia a basse emissioni con le relative infrastrutture.

Indicammo comunque che un’affermazione elettorale di Trump non avrebbe invertito la transizione energetica e la decarbonizzazione, ma avrebbe avuto sicuramente l’effetto di frenarle.

Non è una conseguenza da poco, visto che secondo il consenso scientifico il tempo per rallentare il surriscaldamento dell’atmosfera è poco e che questo decennio sarà cruciale nell’indirizzare la crisi del clima in peggio o in meglio. Ciò che succederà nei prossimi 4 anni avrà insomma un impatto decisivo sulle sorti del pianeta e dell’umanità. Tali considerazioni rimangono valide in generale.

Vale la pena comunque ricordare che molte azioni pro-clima sono prese a livello statale e non federale negli Usa, e che le normative e i crediti d’imposta pro-clima attuati dall’amministrazione Biden, una volta varati, hanno acquistato una forza d’inerzia tale che sarà difficile fermare, un po’ come per una grande nave.

Cerchiamo qui di vedere in modo un po’ più specifico  gli impatti possibili, in base all’analisi di S&P Global, società americana specializzata in analisi di mercato, rating del credito e dati su energia e materie prime.

Rinnovabili e reti

Trump ha promesso durante la campagna elettorale di annullare i diritti di superficie concessi per l’eolico offshore e di non offrirne di nuovi. Vari esperti, in realtà, non si aspettano che Trump mantenga tale promessa in senso letterale, ma ritengono che le agenzie federali adotteranno un approccio diverso nei casi giudiziari in corso in cui i ricorrenti si oppongono ai parchi eolici.

Se l’Ufficio per la gestione dell’energia oceanica del Dipartimento degli Interni Usa si schiererà a favore dei ricorrenti, il processo di approvazione dei contratti di locazione e delle licenze di costruzione di impianti eolici offshore rallenterà, ma non è detto che sarà bocciato.

La Commissione Federale di Regolamentazione dell’Energia, di orientamento repubblicano, potrebbe prendere una posizione diversa sulla pianificazione della trasmissione elettrica regionale a lungo termine e sull’allocazione dei costi, con potenziali ripercussioni sugli sforzi per collegare più energie rinnovabili alla rete.

I progetti eolici, fotovoltaici, di pompaggio e di trasmissione elettrica potrebbero insomma incontrare nuovi problemi autorizzativi tra le varie agenzie, se Trump dovesse portare avanti la sua intenzione di modificare radicalmente le tutele federali.

Transizione energetica

Come già avvenuto durante la sua prima presidenza, è prevedibile che anche la seconda amministrazione Trump ritirerà gli Usa dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Gli attivisti repubblicani stanno spingendo anche per un ritiro degli Stati Uniti dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

Un eventuale ritiro da questi accordi chiave non è banale perché gli Usa sono il maggiore emettitore pro-capite e il secondo maggiore emettitore in assoluto al mondo di CO2. Un’uscita degli Usa taglierebbe fuori i diplomatici statunitensi dai negoziati globali relativi alla transizione e indebolirebbe gli sforzi pro-clima internazionali.

Frattanto, è di ieri la notizia che la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è unita a una lista crescente di leader che non parteciperanno alla conferenza COP29 di quest’anno, che inizierà a Baku, in Azerbaigian, la prossima settimana.

“La Commissione è in una fase di transizione e la Presidente si concentrerà quindi sui suoi compiti istituzionali”, ha fatto sapere un portavoce della Commissione.

Petrolio

La seconda amministrazione Trump punterà ad aumentare la produzione petrolifera Usa, riducendo le normative ambientali e ampliando le opportunità di leasing offshore e nelle terre federali.

Tuttavia, viste anche le previsioni a lungo termine di riduzione della domanda di greggio, i produttori potrebbero non rispondere immediatamente con un aumento significativo della produzione, che rischia di aumentare troppo l’offerta e di far diminuire i prezzi.

Le compagnie petrolifere danno infatti priorità alla redditività e agli utili degli azionisti. Ciò dovrebbe indurre i produttori a non aumentare sensibilmente le estrazioni, nonostante le maggiori opportunità di trivellazione disponibili.

Le dinamiche del mercato globale e la disciplina dei produttori dovrebbero restare insomma i principali motori della produzione statunitense, per cui è improbabile che si verifichino grandi picchi di produzione.

Sul fronte delle sanzioni petrolifere, da presidente, Trump ha perseguito una politica che contribuì a ridurre la produzione di greggio iraniano. Ora che è stato rieletto, Trump potrebbe cercare di invertire i guadagni di produzione di Teheran del 2023 e 2024.

Trump potrebbe tornare poi a imporre sanzioni petrolifere severe al Venezuela. Anche l’approccio di Trump alle sanzioni contro la Russia non è chiaro e potrebbe dipendere da un accordo di pace con l’Ucraina.

Gas

Trump probabilmente annullerà o allenterà le norme statunitensi sulla riduzione delle emissioni fuggitive del metano, abbassando i costi di produzione per le trivellazioni. Si è inoltre impegnato a utilizzare l’azione esecutiva per accelerare le autorizzazioni per i gasdotti, che potrebbero potenzialmente aumentare la capacità di prelievo nelle regioni chiave.

Poiché Trump si è detto favorevole all’aumento della produzione di petrolio, se l’economia regge, una maggiore produzione di greggio aumenterà anche il flusso di gas associato nel mercato. Nella seconda amministrazione Trump, anche il Bureau of Ocean Energy Management potrebbe spostare la sua attenzione dall’eolico verso risorse convenzionali come l’estrazione di petrolio e gas naturale offshore.

Secondo gli esperti sentiti da S&P Global, tuttavia, è improbabile che l’azione politica sposti l’ago della bilancia della produzione di gas negli Usa Stati Uniti in modo significativo, in entrambe le direzioni, nel breve termine.

Per quanto riguarda il segmento di mezzo (midstream) del gas, Trump ha promesso di eliminare gli ostacoli alle autorizzazioni per i gasdotti e di dichiarare un’emergenza nazionale per far consentire una maggiore produzione.

L’attesa è che Trump ribalti le azioni di Biden in materia di infrastrutture. Nel complesso, però, le leggi ambientali e il probabile contenzioso con gli Stati e le associazioni ambientaliste potrebbero limitare molto le possibilità e velocità di azione del nuovo esecutivo.

Gnl

Trump ha promesso di approvare i progetti di gas naturale liquefatto (Gnl) e di porre fine alla pausa del Dipartimento dell’Energia Usa nel rilascio dei permessi di esportazione.

Gli osservatori si aspettano un numero maggiore di progetti approvati, ma, come al punto precedente, l’accelerazione delle autorizzazioni dovrebbe esporre tali progetti anche a un numero maggiore di ricorsi legali e ostacoli normativi.

Inoltre, un allentamento delle norme sulle emissioni di metano potrebbe svantaggiare gli esportatori statunitensi che dovranno far fronte alle norme di riduzione delle emissioni da parte di altre regioni, soprattutto l’Ue, col suo nuovo Meccanismo di aggiustamento alle frontiere per il carbonio (Cbam).

Nucleare

L’elezione di Trump non dovrebbe cambiare particolarmente la rotta dell’energia nucleare negli Usa, nel senso che sia l’amministrazione Biden che la precedente amministrazione Trump hanno entrambe sostenuto questo settore.

Dovrebbero quindi proseguire i finanziamenti federali per progetti dimostrativi di reattori nucleari avanzati, per i piccoli reattori modulari e anche per la fusione nucleare, nonostante il regolare sforamento delle previsioni di costo e dei tempi di realizzazione, e nonostante l’immaturità industriale e tecnologica delle versioni più innovative del nucleare.

La normativa fiscale americana prevede crediti d’imposta significativi per le unità nucleari esistenti e nuove. Il sostegno del Congresso era già forte prima e sarà probabilmente ancora più forte adesso, visto che i repubblicani dovrebbero aver conquistato entrambe le camere e che sono tra i maggiori sostenitori di questa tecnologia.

Commercio

Durante la sua prima presidenza, Trump impose dazi sui moduli fotovoltaici cinesi e su altre importazioni. Tali barriere sono rimaste anche sotto l’amministrazione Biden.

In campagna elettorale, Trump ha proposto una tariffa del 60% sulle merci cinesi importate e fino al 20% sulle merci importate da tutti gli altri Paesi. Il suo programma “America First” si concentra sull’industria manifatturiera nazionale, ma molti osservatori sostengono che le tali proposte potrebbero innescare ritorsioni commerciali, portando a interruzioni della catena di approvvigionamento e prezzi più alti.

Poiché la Cina produce il grosso dei moduli fotovoltaici mondiali e controlla la maggior parte dei componenti, semilavorati e dei fattori critici per la decarbonizzazione, eventuali tensioni commerciali con il Paese asiatico frenerebbero il solare e non solo.

Le tariffe sulle importazioni cinesi del primo mandato Trump, per esempio, hanno già avuto un impatto sul 75% dell’industria chimica, che dipende dalla Cina per molti prodotti intermedi. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca comporta insomma  un grosso rischio di controversie commerciali e aumento dei prezzi.

Veicoli elettrici

Trump ritiene le politiche favorevoli ai veicoli elettrici (EV) come dannose per l’industria automobilistica Usa e ha ventilato l’idea di cancellare il credito d’imposta per gli EV di 7.500 dollari dell’amministrazione Biden.

Visto il ruolo importante avuto da Elon Musk, proprietario del produttore americano di auto elettriche Tesla, nella vittoria di Trump alle elezioni, rimane da vedere se e come il nuovo presidente Usa vorrà modificare queste agevolazioni.

La piattaforma repubblicana per il 2024, pubblicata a luglio, afferma che il Partito Repubblicano intende “rilanciare l’industria automobilistica statunitense” invertendo “i regolamenti dannosi” e “impedendo l’importazione di veicoli cinesi”.

Trump, durante la campagna, ha comunque alluso all’apertura del mercato alla produzione di veicoli cinesi negli Stati Uniti per incrementare l’occupazione nazionale.

Inflation Reduction Act

Trump ha giurato di ribaltare quella che ha definito una “nuova truffa verde”, cioè l’Inflation Reduction Act (IRA), la legge del 2022 con almeno 370 miliardi di dollari di finanziamenti per gli investimenti pro-clima e nelle fonti di energia pulita.

Sembra però improbabile un’abrogazione totale degli incentivi fiscali previsti dall’IRA. Molti dei progetti energetici che ne hanno beneficiato, infatti, si trovano in distretti congressuali repubblicani. Qualsiasi tentativo di revoca dell’IRA potrebbe invece essere legato all’estensione della revisione fiscale di Trump del 2017.

Gli incentivi per le tecnologie che aiutano invece le fonti energetiche fossili a ridurre le emissioni, come la Cattura e sequestro della CO2 (CCS) avranno meno probabilità di subire restrizioni da parte dei repubblicani.

Minerali critici

Durante la sua prima presenza alla Casa Bianca, Trump riaprì alcune foreste del  Minnesota allo sfruttamento minerario ed emise un ordine esecutivo che dichiarava un’emergenza nazionale per la dipendenza del Paese dalla Cina, con l’obiettivo di sostenere l’attività mineraria nazionale, anche in funzione dei minerali critici.

Trump ha ora preso le distanze da un piano che prevede l’eliminazione di un ufficio del Dipartimento dell’Energia Usa, che offre miliardi di dollari di prestiti a potenziali produttori e trasformatori di minerali critici. Sembra quindi probabile una ripresa dell’attività mineraria Usa durante la nuova presidenza Trump.

Petrolchimico

La seconda presidenza Trump si allontanerà probabilmente dalle politiche ambientali e di gestione dei prodotti chimici dell’amministrazione Biden. Trump ha infatti giurato di smantellare le iniziative sul clima e di tagliare i bilanci delle agenzie di supervisione normativa, tra cui l’Epa.

Alcune delle iniziative di investimento dell’amministrazione Biden erano destinate ai produttori di sostanze chimiche, con l’obiettivo di far aumentare la domanda di alcune specialità innovative. Trump potrebbe decidere di mettere da parte tali incentivi.

Carbone

Nella sua prima esperienza da presidente, Trump ha mirato a annullare le norme sulle emissioni di gas serra e per la protezione dei corsi d’acqua, perseguendo politiche favorevoli all’estrazione del carbone.

Tuttavia, sia la produzione di carbone e che l’occupazione nel comparto sono diminuite durante il precedente mandato di Trump, a fronte di una maggiore competitività economica del gas naturale e delle fonti di energia rinnovabili.

Neanche Trump probabilmente tenterà di resuscitare il carbone, preferendo puntare su gas e greggio per il ricercato “dominio energetico” americano.

ADV
×
0
    0
    Carrello
    Il tuo carrello è vuotoRitorna agli abbonamenti
    Privacy Policy Cookie Policy