Ritardo Fer 1 e caso Siri-Arata-Nicastro: l’eolico italiano non ci sta

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera da Simone Togni, presidente di Anev.

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Il comparto eolico sta subendo un grave ritardo nell’emanazione del Decreto Fer 1 che sta facendo perdere all’Italia la grande opportunità di rilancio del settore industriale legato allo sviluppo delle fonti rinnovabili e inoltre rischia di farci perdere il treno che deve portarci a raggiungere l’obiettivo di decarbonizzazione al 2030 e al 2050.

Le ripercussioni negative occupazionali oltre che ambientali ed industriali dovute a questo ritardo devono indurre l’esecutivo a recuperare il tempo perduto quanto più possibile mettendo in campo una serie di provvedimenti concreti ed operativi necessari a far ripartire questo settore.

Il DM Fer 1 è un decreto attuativo atteso addirittura dal 2016 (!!) ed è inaccettabile che il ritardo accumulato stia mettendo in ginocchio un intero comparto. Se poi si considera che per il settore eolico questo ritardo comporta che molti progetti già pronti e cantierabili rischiano di scadere e i progetti di diventare obsoleti, è ancora più evidente la gravità della situazione.

Ora serve una accelerazione che consenta di recuperare il tempo perduto e bisogna passare dalle parole ai fatti senza ulteriore indugio, questo l’ANEV si attende. In un tale contesto di difficoltà nel quale il settore eolico andrebbe promosso e sostenuto, molti dei media nazionali si stanno concentrando su eventi estranei all’associazione e al settore eolico tutto, che semmai di questa situazione è parte lesa.

Faccio riferimento ai fatti di cronaca degli ultimi tempi che vedrebbero un tentativo di avere un beneficio per un imprenditore a scapito del settore intero. L’ANEV da sempre condanna qualsiasi comportamento che non abbia al centro della propria azione la trasparenza e la legalità che secondo noi deve caratterizzare qualsiasi azione e per questo abbiamo adottato negli anni un codice etico estremamente stringente e un Protocollo di Legalità rigidissimo cui sono tenuti gli aderenti all’Associazione oltre a norme di comportamento che devono garantire trasparenza e che sono vincolanti per le aziende che operano nell’ambito dell’Associazione.

Proprio il fatto che, se verranno confermate le indiscrezioni di stampa, si sia cercato di favorire un’azienda e non un settore è la conferma che solo tramite le proposte ufficiali che un’associazione di categoria seria può presentare agli interlocutori Istituzionali tramite i canali ufficiali, si ha la garanzia di non fare azioni in favore di un singolo imprenditore ma di supportare un comparto industriale strategico per la crescita del Paese.

Crediamo che ancor più da questo episodio si debba trarre quindi l’insegnamento che i corpi intermedi debbano essere interlocutori privilegiati poiché solo le Associazioni di categoria serie e rappresentative possono garantire di fornire soluzioni e proposte che siano la mediazione degli interessi di parte e quindi individuare e difendere interessi generali di un settore. Queste considerazioni dovrebbero portare ancor di più ad individuare nelle Associazioni rappresentative dei vari comparti, interlocutori seri e affidabili cui rivolgersi per lo sviluppo ordinato di settori industriali nel nostro Paese.

Pertanto ritengo che l’attenzione delle testate giornalistiche nazionali dovrebbe spostarsi sulle tematiche che realmente affliggono il settore eolico. Ad esempio iter autorizzativi farraginosi, il Decreto in ritardo e una normativa timida, specie a fronte degli impegni presi dal Governo italiano per la lotta ai cambiamenti climatici.

Il Piano Nazionale Energia e Clima è il documento che tutti gli Stati membri hanno dovuto predisporre ed inviare a Bruxelles per la sua approvazione con la finalità di definire gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050. L’aspetto positivo di questo documento è che deve recare al suo interno non solo l’obiettivo finale ma anche le traiettorie intermedie e gli strumenti messi in campo da ogni Stato membro per raggiungere tale obiettivo.

La verifica che a livello Comunitario viene fatta sui singoli piani è di coerenza tra gli obiettivi e gli strumenti nelle tempistiche indicate e sulla base di tale analisi viene dato l’ok al Piano nel suo insieme. Il piano inviato dall’Italia secondo la nostra analisi è poco coraggioso e prevede una traiettoria di crescita troppo cauta nei primi anni e troppo impegnativa verso la fine del periodo, viceversa il ritardo accumulato dal nostro Paese avrebbe dovuto spingere il Governo a individuare una traiettoria lineare per il raggiungimento dell’obiettivo al 2030 e al 2050.

Le possibilità di aggiustamento al rialzo dell’obiettivo complessivo lasciano comunque spazio di miglioramento al documento che speriamo tenga conto anche delle risultanze delle consultazioni pubbliche nelle quali come Associazione abbiamo potuto evidenziare queste criticità.

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