Rinnovabili e paesaggio, siamo pronti per una nuova convivenza?

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Il documento di Legambiente, Wwf Italia e Fai con il "sì" alle energie green potrebbe dare uno slancio in più all'eolico e al fotovoltaico in Italia. Le proposte più importanti e gli ostacoli da superare.

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Cosa succederà dopo il “sì” degli ambientalisti allo sviluppo delle fonti rinnovabili nel paesaggio italiano?

Venerdì scorso, 9 dicembre, Legambiente, Wwf Italia e Fai hanno pubblicato un documento con dodici proposte per favorire la realizzazione di nuovi impianti eolici e fotovoltaici, affermando che “il paesaggio deve essere posto al centro della transizione ecologica”.

“È innegabile – sostengono le tre associazioni – che la diffusione degli impianti per produrre energia da fonti rinnovabili, in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione, inciderà sui nostri territori, trasformando i paesaggi. […] Coniugare gli obiettivi della transizione energetica con la lungimiranza nella pianificazione paesaggistica e la qualità della progettazione è quindi la sfida cruciale del prossimo futuro”.

In particolare, si punta su una nuova pianificazione territoriale dando la priorità, per la costruzione degli impianti, alle grandi zone commerciali, alle aree industriali dismesse, al suolo abbandonato e/o contaminato “seguendo il principio di non occupare neanche un ettaro di suolo fertile, se non con tecnologie compatibili (agrivoltaico), evitando quindi gli errori del passato”.

Tra i passaggi più importanti del documento segnaliamo i seguenti:

  • ribaltare la narrazione dei tetti solari nei centri storici, non escludendo a priori la loro installazione ma favorendola a certe condizioni;
  • promuovere quanto prima un piano nazionale straordinario per l’individuazione delle aree idonee per l’installazione e la riqualificazione degli impianti per le energie rinnovabili;
  • istituire una cabina di regia interministeriale per le rinnovabili (Sviluppo economico, Ambiente, Cultura, Infrastrutture): “Non possiamo permettere che la fase storica che stiamo vivendo sia caratterizzata da settorialismi autoreferenziali. Occorre una maggiore collegialità nelle decisioni e, soprattutto, un approccio sistemico e multidisciplinare”.

Come ha ricordato la polemica sul fotovoltaico a Roma per illuminare l’albero di Natale in piazza Venezia, in Italia il dibattito sul se-come-dove fare le rinnovabili è molto forte e divisivo.

Tra i paladini del “no” alle rinnovabili con tutto il suo corollario di fake news c’è il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, che non perde occasione per tuonare contro le pale eoliche.

Molto dipenderà da come si evolveranno le relazioni tra ministero della Cultura (Gennaro Sangiuliano) e ministero della Sicurezza energetica (Gilberto Pichetto Fratin).

Sangiuliano, nel presentare lo scorso 2 dicembre alle commissioni competenti di Camera e Senato le sue linee programmatiche, ha affermato che si assiste “a un sistematico contrasto tra le valutazioni del ministero della Cultura e quelle del ministero dell’Ambiente”, chiedendo poi un “confronto costruttivo” con Pichetto Fratin.

Da parte sua, Pichetto Fratin ha accolto “con favore la posizione espressa dalle associazioni ambientaliste sulla necessità di coniugare gli obiettivi della transizione energetica con la lungimiranza nella pianificazione paesaggistica e la qualità della progettazione” aprendo le porte a un tavolo di confronto con le associazioni.

Intanto il ministro, nella seconda parte della sua audizione sulle linee programmatiche, tenuta il 7 dicembre alla commissione Ambiente del Senato, aveva sottolineato che il decreto per le aree idonee alle rinnovabili (in attuazione del D.Lgas 199/2021) e il decreto Fer 2 con gli incentivi alle tecnologie innovative, sono alle battute finali.

Su alcuni aspetti sembra esserci una sostanziale convergenza tra i due ministeri, Cultura e Ambiente: promuovere le rinnovabili su aree dismesse e terreni incolti o abbandonati, sui tetti degli edifici, su parcheggi e capannoni.

Ma le associazioni ambientaliste, cui si aggiunge il Fai, vanno oltre: si parla di repowering  di impianti esistenti, agrovoltaico, comunità energetiche, di come inserire in modo armonico nel paesaggio i parchi eolici.

Rimane da scardinare quel baluardo di chi ritiene (come Italia Nostra, schierata sulla “linea Sgarbi”) che si debba preservare il paesaggio come se fosse un bene immutabile.

D’altronde, la stessa giustizia amministrativa ha emesso in questi mesi tante sentenze favorevoli alle rinnovabili, in cui si ribadisce il concetto che il pubblico interesse a decarbonizzare il mix energetico, installando impianti eolici e fotovoltaici, può prevalere su quello della tutela del paesaggio.

Senza dimenticare che progettare impianti eolici e solari integrati nel paesaggio è fattibile e può avere numerosi vantaggi ambientali per gli stessi ecosistemi, come spiegano le linee guida di Solar Power Europe su fotovoltaico e biodiversità.

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