Post Superbonus: quale futuro per i bonus edilizi?

Il destino delle agevolazioni sugli interventi di efficientamento energetico del parco immobiliare in un dibattito alla fiera KEY Energy di Rimini.

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In tre anni e mezzo di Superbonus 110% quasi 472mila edifici hanno goduto di interventi di riqualificazione energetica, per 107 miliardi di euro di investimenti complessivi (dati Enea aggiornati al 31 gennaio 2024).

Il 2024 però ha segnato l’inizio del ridimensionamento del provvedimento: con un decreto ad hoc il governo ha ridotto l’aliquota al 70%, prevedendone un ulteriore abbassamento al 65% nel 2025, di fatto rendendo meno appetibile il sussidio, passato da essere un’opportunità alla portata di tutti a una scelta destinata soltanto a una fetta di popolazione.

Non è però cambiata la necessità di rendere più efficienti gli edifici del Paese, per ridurre l’impatto ambientale del parco immobiliare nazionale (attualmente il settore civile è causa del 18% delle emissioni di CO2 nazionali) e garantire migliori condizioni di vivibilità a chi in questi edifici ci abita.

Oltre ad aver ridimensionato il Superbonus, giudicato insostenibile sul piano della spesa e spesso oggetto di abusi, il governo dovrà anche occuparsi delle agevolazioni future. Un’idea allo studio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) è quella di accorpare alcuni degli attuali bonus disponibili (Ecobonus, Bonus facciate…) in un’unica misura ad aliquote crescenti in relazione al livello di efficientamento raggiunto dall’immobile, calcolato in riferimento alla classe energetica o all’indice di prestazione.

Secondo Antonio Sclafani, della direzione generale Competitività ed efficienza energetica del Mase, ci sarà una corsia preferenziale per gli edifici meno performanti (come quelli in classe G) perché intervenendo su questi “si massimizza il rapporto costi-benefici”, ha detto intervenendo a una tavola rotonda a KEY Energy, la fiera dell’Energia di Rimini.

Difficile inoltre pensare che possa essere riproposto il meccanismo della cessione del credito per accedere all’agevolazione. “Sono in corso valutazioni in sede tecnica – ha precisato Sclafani – e anche se a livello politico poi le decisioni potrebbero cambiare, è evidente che le risorse a disposizione non consentirebbero di ricorrere a questa opzione”.

Entro due settimane dovrebbero poi esserci aggiornamenti per quanto riguarda il Conto termico, l’incentivo erogato sotto forma di rimborso direttamente dal Gse con l’obiettivo di promuovere la transizione verso soluzioni di riscaldamento più sostenibili. Dovrebbe essere esteso al settore privato non residenziale, e dovrebbero essere riviste le spese massime ammissibili.

Gennaro Niglio, direttore Efficienza energetica del Gse, ha mostrato a KEY Energy i dati delle richieste relative al Conto termico arrivate nel 2023: sono 100.343, per un totale di 625 milioni di euro, di cui 207 milioni da privati e 418 milioni nella PA. Niglio ha anche portato alcune proposte di modifica dell’attuale disciplina che regola il sussidio, tra cui l’estensione del perimetro dei soggetti ammessi, affinché includa ad esempio anche i membri delle Cacer, e l’allargamento degli interventi ammissibili alle infrastrutture di ricarica privata di veicoli elettrici oppure alla posa in opera di impianti solari e sistemi di accumulo insieme all’installazione di pompe di calore.

Da Coordinamento Free, associazione che aggrega enti per promuovere lo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, la richiesta che queste misure per la riqualificazione energetica degli immobili abbiano un orizzonte temporale che arrivi almeno fino al 2030. L’associazione ha poi proposto uno schema di detrazioni fiscali (da spalmare su un massimo di 10 anni) differenziato sulla base della classe energetica raggiunta dall’edificio dopo gli interventi:

  • 80% per la classe A con un salto di almeno 3 classi energetiche;
  • 70% classe B con salto di 3 classi;
  • 65% classe D e per interventi di elettrificazione dei servizi di riscaldamento e climatizzazione accoppiato all’adozione di fonti rinnovabili elettriche e sistemi di accumulo;
  • 55% per tutti gli altri interventi di riqualificazione energetica che il Mase reputa ammissibili.

“Se diamo più soldi vogliamo ottenere risultati più importanti”, ha commentato Dario Di Santo, vicepresidente del Coordinamento Free. Un’altra proposta sul tavolo è quella di istituire un monitoraggio sugli edifici prima e dopo l’intervento di riqualificazione, anche basato sul costo delle bollette, che mostri l’impatto positivo dei lavori di efficientamento.

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