Perché l’Italia e altri Paesi sono contro il piano gas della Commissione Ue

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Alla vigilia del Consiglio Energia di domani si continua a negoziare. Tante critiche sulla possibilità che l'obbligo di risparmio energetico diventi obbligatorio per tutti.

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Tante incertezze circondano il piano di risparmio energeticoSave gas for a safe winter”, presentato mercoledì scorso (20 luglio) dalla Commissione europea, alla vigilia del vertice straordinario del Consiglio Ue Energia di domani, martedì 26 luglio.

Fin da subito diversi Paesi hanno detto di essere contrari al piano, in particolare agli eccessivi poteri che si attribuisce la Commissione, in base ai quali Bruxelles potrà rendere obbligatoria la riduzione dei consumi di gas in determinate circostanze.

Il fronte del “no” vede in prima linea Spagna e Portogallo, oltre a Italia, Grecia, Cipro, Ungheria, Polonia.

Per oggi, lunedì 25, è attesa una nuova riunione del Coreper, il Comitato dei rappresentanti permanenti di ciascuno Stato membro (è un organo del Consiglio Ue, di fondamentale importanza per preparare gli incontri del Consiglio stesso), in modo da proseguire i negoziati sulle proposte della Commissione. Si sta cercando un compromesso, sotto la guida della presidenza ceca di turno della Ue, ed è molto probabile che il testo sarà modificato in alcuni punti.

Il piano di Bruxelles, ricordiamo, punta a ridurre di almeno il 15% i consumi di gas tra agosto 2022 e marzo 2023, con misure di risparmio energetico da applicare in tutti i settori e focalizzate sulle industrie.

Questo obiettivo di riduzione è volontario, ma diventerà obbligatorio per tutti gli Stati membri se Bruxelles dichiarerà – su propria iniziativa o su richiesta di almeno tre Stati membri – uno stato di allerta Ue sulla sicurezza degli approvvigionamenti, motivato dal rischio di una grave carenza di forniture o una domanda di gas eccezionalmente elevata.

Le critiche italiane e degli altri Paesi si concentrano su tre aspetti:

  • il fatto che la riduzione dei consumi gas diventi obbligatoria in caso di emergenza, con una decisione presa autonomamente dalla Commissione;
  • la percentuale stessa del 15% di riduzione, considerata troppo elevata;
  • il taglio lineare dei consumi, uguale per tutti i Paesi, senza tenere conto delle diversità nazionali (ad esempio per quanto riguarda i mix energetici e la dipendenza dal gas russo).

Per passare al Consiglio Ue, il piano della Commissione dovrà contare su una maggioranza qualificata, con il voto favorevole del 55% degli Stati membri, che rappresentino almeno il 65% della popolazione complessiva Ue.

Quindi la posizione italiana potrebbe essere determinate nel risultato finale.

Si profila insomma uno scontro con Germania e Paesi nordici da una parte, e Paesi del Sud (più alcuni Stati orientali) sul versante opposto. La Germania è particolarmente esposta a eventuali interruzioni delle forniture via tubo dalla Russia, quindi spinge decisamente per approvare il piano della Commissione von der Leyen.

Spagna e Portogallo, invece, essendo molto meno legati agli approvvigionamenti di gas da Mosca e avendo un mix energetico più isolato (cioè con minori interconnessioni con gli altri Paesi Ue), non vedono di buon occhio un eventuale obbligo “per tutti” di ridurre la domanda di gas.

Secondo il governo iberico, in particolare, non ci sarebbero rischi di approvvigionamento di gas per la Spagna, data la bassa dipendenza dal gas russo, la diversificazione delle importazioni e la grande capacità di rigassificazione con numerosi terminali Gnl, oltre al buon tasso di riempimento degli stoccaggi.

Tanto che la Spagna si è detta disposta ad aumentare le esportazioni di Gnl verso altri mercati europei, restando contraria alla ipotesi del taglio lineare dei consumi, che avrebbe effetti sproporzionati per i consumatori spagnoli.

Non resta che vedere come evolverà la situazione nelle prossime ore.

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