Il gas che c’è basta e avanza: all’Europa non servono nuovi progetti di estrazione

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Giacimenti esistenti e volumi già contrattualizzati saranno sufficienti a soddisfare la domanda, prevista in calo del 32% già al 2030. Le stime in uno studio di diverse associazioni ambientaliste, con un focus sulle esplorazioni della Norvegia.

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Per raggiungere i suoi obiettivi climatici, l’Ue ridurrà la domanda di gas in modo significativo nei prossimi anni, rendendo superflua l’apertura di nuovi giacimenti.

I progetti di estrazione già esistenti tra i confini comunitari e nei principali Paesi fornitori europei, insieme ai volumi già contrattualizzati, saranno infatti sufficienti a soddisfare la richiesta di gas, negli scenari allineati al contenimento del riscaldamento globale.

Un nuovo rapporto, “On Thin Ice: Norway’s fossil ambitions and the Eu’s green energy future”, pubblicato il 21 febbraio da un pool di associazioni ambientaliste che comprende Transport&Environment, Oil Change International, Zero Carbon Analytics, WWF Norvegia e Greenpeace Norvegia, rileva che la domanda di gas in Europa diminuirà del 32% entro il 2030 e quella di petrolio del 30%. Inoltre, entro il 2035 l’offerta di fonti fossili derivante da progetti e contratti esistenti supererà la richiesta.

Il report mette in discussione le argomentazioni, soprattutto quelle provenienti dalle lobby oil&gas, secondo cui un aumento dello sviluppo e delle esplorazioni di fonti fossili sia necessario per soddisfare i consumi dell’Ue durante la transizione energetica.

Il focus principale è sulla Norvegia, diventata principale fornitore di gas dell’Ue, spodestando la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. In una dichiarazione congiunta della Commissione europea e del governo norvegese del giugno 2022, l’esecutivo comunitario ha espresso il proprio sostegno alla prosecuzione delle esplorazioni di petrolio e gas fossile nel Paese, anche oltre il 2030. Tuttavia, la produzione dei nuovi giacimenti potrebbe iniziare solo alla fine del prossimo decennio.

Inoltre, le associazioni ambientaliste fanno notare come Oslo abbia rilasciato 141 licenze di esplorazione per eventuali giacimenti nel Mare di Barents dal 2010 a oggi, con risultati spesso insoddisfacenti ed elevati costi e rischi ambientali.

La Norvegia spinge per utilizzare il gas, combinato con la tecnologia della cattura del carbonio (CCS), per produrre idrogeno blu. L’indagine mostra però – citando alcune previsioni di BloombergNEF – come entro i prossimi cinque anni questo diventerà più costoso dell’alternativa verde, prodotta attraverso fonti rinnovabili. In Germania, ad esempio, BNEF stima che l’idrogeno verde sarà più economico di quello blu in un range tra il 24 e il 45%.

Tornando al gas naturale, il report prevede che la nuova produzione interna all’Ue e dei suoi fornitori regionali – Algeria, Azerbaigian, Libia, Norvegia e Regno Unito – raggiungerà un picco di 125 miliardi di metri cubi (bcm) all’anno nel 2047.

Il 37% della nuova produzione da qui a metà secolo deriverà dall’esplorazione di nuovi giacimenti, e una parte significativa dovrebbe provenire dalla Norvegia. La produzione da giacimenti ancora in fase esplorativa – sottolineano gli analisti – ha però tempi molto lunghi: solo tra la fine del 2030 e l’inizio del 2040 si avranno i primi risultati, e come detto con un picco nel 2047, tre anni prima rispetto alla scadenza che il mondo si è data per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di CO2

Nell’ambito degli sforzi dell’Ue per eliminare gradualmente la dipendenza dal gas russo, gli Stati membri hanno ampliato le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL).

Secondo l’Institute of Energy Economics and Financial Analysis, entro il 2030 la capacità di importazione di GNL dei 27 Stati membri dovrebbe aumentare del 78% rispetto ai livelli del 2021. Gran parte di questa espansione è però già avvenuta: tra il 2021 e il 2023 si è avuta una crescita del 40% e si prevede un aumento di un ulteriore 15% entro il 2024.

In contrasto con questa spinta all’approvvigionamento di gas, la domanda dell’Ue è già entrata in un declino strutturale a lungo termine. L’analisi ipotizza tre scenari sulle future esigenze dei Paesi membri.

  • Lo scenario Iea sulle “politiche dichiarate” (STEPS) si basa sulle politiche già in atto o in fase di sviluppo da parte dei governi aggiornate a ottobre 2023, ma non presuppone il raggiungimento degli obiettivi climatici a lungo termine. Una condizione che porterebbe a un riscaldamento di 2,4 °C entro il 2100.
  • Lo scenario Iea sugli “impegni annunciati” (APS) si basa sul rispetto da parte dei Paesi degli obiettivi annunciati e degli impegni climatici a lungo termine per il 2030 e il 2050, assunti a partire dall’ottobre 2023, indipendentemente dal fatto che siano state già emesse leggi in materia. Questo scenario porterà comunque a un riscaldamento di 1,7 °C entro il 2100, ma prevede che la domanda di gas dell’Ue scenda del 32% rispetto ai livelli del 2022 entro il 2030, e del 93% entro il 2050.
  • Lo scenario Pathway to Net Zero (PtNZ) della società di consulenza DNV, che prevede il raggiungimento di un sistema energetico globale a zero emissioni entro il 2050, stima che la produzione di nuovo petrolio e gas in Europa (compresi Norvegia e Regno Unito) sarà azzerata a partire dal 2024, con il continente che raggiungerà le zero emissioni nette entro il 2043. La domanda di gas si ridurrà del 60% rispetto ai livelli del 2022 entro il 2030 e del 97% entro il 2050.

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Intanto, ricordiamo che nel 2023 il consumo di gas in Italia è stato il più basso da almeno 25 anni, attestandosi a 61,5 miliardi di metri cubi, con un calo del 10,1% sul 2022. E la produzione nazionale è ai minimi storici.

Anche la domanda di petrolio dell’Ue è entrata in una fase di declino a lungo termine, rileva il report. L’entità e il ritmo di questo cambiamento sono stati valutati in quattro scenari.

  • Nello scenario STEPS il consumo di petrolio dell’Ue diminuirà del 16% rispetto ai livelli del 2022 entro il 2030 e del 59% entro il 2050.
  • Secondo la valutazione della società di consulenza Strategic Perspectives basata su Green Deal e RePowerEU, la domanda calerà del 34% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019.
  • Nello scenario APS la richiesta si ridurrà del 30% entro il 2030 e dell’86% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2022.
  • Lo scenario DNV PtNZ prevede un calo del 26% della domanda entro il 2030 rispetto al 2021, per una riduzione del 92% entro il 2050.

Eventuali nuovi contratti rischiano quindi di generare un significativo eccesso di offerta di gas (e petrolio), con gli acquirenti che potrebbero trovarsi costretti a pagare per volumi di combustibile fossile non utilizzato.

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