C’è un legame tra il surriscaldamento globale e l’aumento degli eventi di freddo estremo in inverno?
Una possibile correlazione tra global warming e ondate di gelo è stata avanzata in un nuovo studio dell’Università di Milano Bicocca e dell’Università di Harvard, “Decoupling of the Artic Oscillation and North Atlantic Oscillation in a warmer climate”.
Le condizioni meteorologiche invernali alle medie latitudini, ricorda una nota dell’ateneo milanese nel presentare lo studio pubblicato su Nature Climate Change (link in basso), sono fortemente influenzate dal cosiddetto vortice polare: una circolazione atmosferica che intrappola l’aria fredda dell’Artico alle alte latitudini e le impedisce di raggiungere altre zone del Pianeta.
Ma ogni 2-3 anni in media, il vortice polare si indebolisce a causa dello “stratwarming”, un forte e repentino riscaldamento della stratosfera (i motivi che innescano tale fenomeno non sono del tutto chiari a livello scientifico), che può portare a una rottura/separazione del vortice polare.
Così un’area di alta pressione sostituisce temporaneamente il vortice polare stratosferico, con venti che iniziano a soffiare in senso orario (inversione dei venti); in alcuni casi, come sta avvenendo in queste settimane, lo stratwarming riesce a influenzare anche il vortice polare troposferico, che a sua volta può rompersi/scindersi in più parti con conseguenti irruzioni di aria fredda verso le nostre latitudini (compresa l’Europa e la zona mediterranea).
Un riscaldamento stratosferico in Artico particolarmente intenso (circa 50 gradi centigradi), chiarisce la nota dell’Università Milano-Bicocca, è avvenuto proprio a cavallo del Capodanno 2021, con possibili conseguenze di instabilità meteorologica in Europa-Nord America nelle settimane successive, che in parte si sono già manifestate con l’eccezionale ondata di neve e freddo in Spagna.
È già noto, si spiega, che le temperature anomale in stratosfera sono influenzate da diversi eventi climatici, come la fusione del ghiaccio Artico e le piogge tropicali intense, ma le attuali conoscenze non permettono di fare previsioni accurate sul loro accadere.
Nel nuovo studio, viene evidenziata una “condizione anticipatrice” delle anomalie stratosferiche che non era mai stata riconosciuta prima: si tratta della temperatura superficiale dell’oceano Pacifico settentrionale. In sostanza, acque particolarmente calde riscaldano l’aria fredda che giunge dalla Siberia, favorendone la risalita e arrivando a modificare le condizioni stratosferiche.
Lo studio poi evidenzia che questo meccanismo acquisisce maggiore importanza in un clima più caldo. L’oceano Pacifico settentrionale, infatti, a causa della circolazione oceanica, si sta riscaldando molto più rapidamente del Nord Atlantico in risposta alla crisi climatica in atto.