Gli obiettivi per le rinnovabili nel nuovo Pniec. E c’è chi punta ad una rinascita del nucleare

A fine giugno verrà pubblicata la nuova versione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima. Ma con quali obiettivi di riduzione delle emissioni e per le rinnovabili?

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Il disastro dell’alluvione in Emilia-Romagna non è che uno degli eventi estremi registratisi negli ultimi mesi in varie parti del pianeta.

A maggio decine di grandi incendi hanno danneggiato mezzo milione di ettari nelle foreste del Canada e alluvioni devastanti hanno colpito l’Etiopia e la Somalia dopo che tre anni consecutivi di siccità avevano provocato la morte di 3,8 milioni di capi di bestiame.

Sono solo alcuni dei segnali che impongono una decisa accelerazione della transizione climatica.

Quali obiettivi vedranno la luce nel nuovo Pniec?

In Italia alla fine di giugno verrà pubblicata la nuova versione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) che dovrebbe essere molto più ambizioso della precedente versione del 2021.

Basti pensare che l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 rispetto al 1990 dovrebbe passare dal 37% del vecchio Pniec ad un valore prossimo al 51% indicato dal precedente governo.

Per capire l’accelerazione necessaria nei prossimi anni, si consideri che il taglio dei gas climalteranti oggi è solo del 20%.

O, ancora, se nel documento del 2021 si puntava al 55% di rinnovabili elettriche al 2030, oggi l’obiettivo potrebbe essere compreso tra il 72% indicato dall’allora ministro Cingolani e l’84% dello scenario di Elettricità Futura. E questi obiettivi vanno confrontati con il drammatico blocco al 38% circa di elettricità verde registrato negli ultimi dieci anni (vedi statistiche).

Un nuovo scenario che sembrerebbe quasi impraticabile, se non ci fossero delle novità tecnologiche e normative molto interessanti. Naturalmente la rincorsa dipenderà in maniera decisiva dalle scelte che verranno adottate dal Governo.

Cominciamo con l’agrivoltaico, una soluzione che incontrava resistenze sul fronte agricolo (ricordiamo alcune posizioni di Coldiretti), ma che sembra invece avviato a ottimi risultati.

Certamente anche sotto la spinta delle risorse previste dal Pnrr che vedrà rapidamente esaurita la potenza di 740 MW per gli impianti sopra la soglia di 1 MW. Su questo fronte, la vera sfida riguarda la possibilità che le sperimentazioni consentano di proseguire nei decenni successivi con impianti realizzati senza bisogno di incentivi.

Quella delle Comunità energetiche rappresenta poi una novità che potrebbe consentire di replicarsi in migliaia di situazioni anche molto diverse fra loro.

Dai paesi sotto 5.000 abitanti che possono utilizzare gli incentivi del Pnrr a interi quartieri, ad aree industriali. Sarà molto interessante verificare le modalità di coinvolgimento dei cittadini e dei soggetti coinvolti.

L’eolico off-shore, in molti casi galleggiante, rappresenta una sfida tecnologica per il Mediterraneo. Notevole il successo delle varie soluzioni offshore nei Mari del Nord, con i paesi coinvolti che si sono impegnati a realizzare 120 GW nel 2030 e 310 GW nel 2050. Il tutto a prezzi sempre più competitivi.

La tecnologia flottante si sta facendo le ossa e potrebbe vedere una forte riduzione dei costi, tanto che il Dipartimento dell’Energia statunitense prevede che entro il 2035 il costo dell’eolico galleggiante potrebbe ridursi del 70% arrivando a 45 $/MWh.

I costi del nucleare di piccola scala

Curiosamente, a fronte della rapidissima e inarrestabile evoluzione delle rinnovabili, la soluzione atomica sta riacquistando interesse.

Dopo i fallimenti dei nuovi reattori nucleari in Europa e negli Usa negli ultimi 20 anni, con costi alle stelle e tempi di realizzazione triplicati, sono cresciute molto le aspettative sui piccoli reattori nucleari SMR.

Secondo i fautori del nucleare l’elettricità verde potrà raggiungere percentuali molto elevate, come indicano ormai i programmi di diversi paesi, ma il nucleare garantirà la neutralità climatica al 2050.

Questo, mentre i paesi che sono usciti dall’atomo, come la Germania, oltre ad una crescita rapidissima delle rinnovabili (nel 2023 la nuova potenza solare potrebbe superare i 10 GW), moltiplicano studi e sperimentazioni sull’accumulo di lunga durata che potrebbe rendere fattibile l’obiettivo 100% rinnovabili elettriche già nel 2035.

Ma torniamo alle ricerche in atto sui reattori di piccola scala. Anche su questo fronte arrivano le delusioni, e il rischio di ripetere il mantra “too costly, too late” aumenta.

Prendiamo il caso di NuScale, una società statunitense fondata nel 2007, che ha messo a punto il modello di reattore più avanzato nella progettazione.

Nel gennaio 2023 la Nuclear Regulatory Commission (NRC) ha infatti autorizzato il primo impianto, il cui prototipo potrebbe essere completato, se non dovessero subentrare complicazioni, entro il 2030. Tenendo conto dei tempi di autorizzazione e realizzazione, il reattore potrebbe quindi entrare in funzione solo dopo il 2035.

Ma veniamo ai costi. Nel corso del tempo, sono saliti dagli iniziali 55 $/MWh a 89 $/MWh.

Secondo i calcoli del fondatore di Bloomberg NEF, Michael Liebreich, favorevole al nucleare, considerando i nuovi incentivi dell’Inflation Reduction Act, più gli 1,4 miliardi di sussidi diretti, il costo si posizionerebbe a 129 $/MWh, quando ancora mancano sette anni al completamento del reattore. Cioè più dell’accoppiata di solare o eolico più batterie.

Del resto, il costo di costruzione stimato per un impianto NuScale da 77 MW è aumentato del 75%, passando da 5,3 miliardi $ a 9,3 miliardi, cioè ben 20.000 dollari per ogni kilowatt di potenza.

Ci sono decine di altre soluzioni che vengono proposte.

Vedremo nell’arco di questo decennio quali saranno i risultati in termini di costi, di sicurezza (anche per quanto concerne la proliferazione nucleare), e le tempistiche realizzative.

Insomma, capiremo se gli SMR potranno avere uno spazio nello scenario energetico e in quali paesi.

L’esempio di NuScale ci dice che il passaggio ad un reattore funzionante comporta spesso incognite da valutare nel percorso di messa a punto.

La certezza viene dalle rinnovabili che confermano una crescita rapidissima e una riduzione dei costi importante. Andranno naturalmente fortemente potenziate le reti e le interconnessioni tra i paesi, le varie tipologie di sistemi di accumulo e le scelte sulla produzione di idrogeno verde (anche all’estero).

Fra una decina di anni avremo quindi un quadro più completo sugli scenari possibili e capiremo il ruolo che potrà svolgere il nucleare.

L’impressione è che in alcuni paesi asiatici e in Russia l’atomo farà parte dei sistemi energetici. In altri paesi, ad iniziare dalla Germania, si accelererà un percorso basato su rinnovabili e idrogeno.

Sembrerebbe logico che l’Italia seguisse il modello tedesco, austriaco, danese, portoghese…

Articolo tratto dall’editoriale della rivista bimestrale QualEnergia n.2/2023 (in uscita)

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