“Non snaturiamo la tassonomia verde”, l’appello di Greenpeace, Legambiente e Wwf

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Le associazioni ambientaliste chiedono al Governo italiano di non cedere alle lobby del gas fossile e del nucleare, ma di portare avanti in Europa una posizione chiara e in linea con gli obiettivi comunitari sul cambiamento climatico.

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“Il ministro Cingolani e tutto il governo italiano portino nella discussione europea sulla nuova tassonomia verde una posizione chiara e avanzata, che non ceda alle lobby del gas fossile e del nucleare, una tecnologia di produzione dell’energia già superata dalla storia”.

Questa la posizione di Greenpeace, Legambiente e WWF rispetto alla proposta avanzata dalla Commissione europea di inserire il nucleare e il gas naturale all’interno di una lista di attività economiche considerate sostenibili dal punto di vista ambientale e alla risposta che l’Italia dovrebbe dare in merito (vedi anche “L’Europa rischia il greenwashing con gas e nucleare nella tassonomia“).

Secondo la nota diffusa dalle tre associazioni le imprese italiane dell’economia avanzata e verde non possono accettare un posizionamento italiano di retroguardia, così come le timidezze dimostrate su molti temi. A questo proposito di fa riferimento alle necessarie e urgenti semplificazioni per decuplicare la potenza annua installata di rinnovabili, all’approvazione del nuovo Pniec in linea con il nuovo obiettivo europeo di ridurre del 55% i gas climalteranti entro il 2030, fino al taglio dei sussidi alle fonti fossili, che neanche l’ultima legge di Bilancio ha praticato.

“Ci aspettiamo dall’esecutivo Draghi una presa di posizione chiara, in linea con i mandati referendari e con gli impegni sul cambiamento climatico, per contribuire a fermare lo snaturamento della tassonomia verde, che rischierebbe di essere un grave autogol europeo in evidente contraddizione con l’impostazione del green Deal”, scrivono gli ambientalisti.

Il ritorno del nucleare nel dibattito pubblico

Da mesi – ricordano le associazioni – è in corso in Italia un dibattito surreale sul cosiddetto nucleare di quarta generazione, favoleggiato da decenni senza nessuna reale novità tecnologica, e sui piccoli reattori modulari, ancora in fase sperimentale, partito dalle inopportune dichiarazioni del ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani.

Queste dichiarazioni avrebbero distolto l’attenzione dalle fonti pulite già a disposizione sul mercato, in grado di produrre elettricità a costi di gran lunga inferiori senza emettere anidride carbonica, né produrre scorie radioattive o aumentare i rischi di incidenti catastrofici.

Sul tema Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia, ha recentemente scritto un articolo pubblicato su QualEnergia.it, dal titolo “Perché il nucleare non è una soluzione alla crisi climatica“.

Altra questione segnalata dalle associazioni è quella dei rincari delle bollette, affrontata malamente, tanto che alcuni li addebitano alla transizione ecologica, senza puntare il dito sulle vere cause, cioè l’eccessiva dipendenza del nostro Paese dal gas e i ritardi nell’esecuzione del Green Deal.

“Ora sentiamo parlare di un fantomatico referendum per tornare al nucleare – continuano Greenpeace, Legambiente e WWF – e vale la pena ricordare che nel nostro Paese questo strumento serve solo per abrogare norme, come è stato fatto con grande successo nel 1987 e nel 2011 quando, per ben due volte, i cittadini del nostro Paese si sono espressi chiaramente contro la produzione elettrica dal nucleare. Tornare a parlare di nucleare è un esercizio davvero inutile, nei tempi di risposta alla crisi climatica, nel contributo dato alla produzione di elettricità e nella riduzione del costo in bolletta”.

I reattori di quarta generazione, insistono le associazioni, è al centro di programmi di ricerca in corso da 20 anni senza grandi risultati, e sono del tutto fuori gioco rispetto alla data di riferimento del 2030. Occorre invece accelerare subito sul taglio delle emissioni.

Il nucleare per contrastare i cambiamenti climatici: una scelta contraddittoria

Al netto di tutti i problemi irrisolti legati alla produzione di energia dall’atomo con la costruzione di centrali nucleari di terza generazione, l’unica attualmente disponibile, investire in questa forma di produzione di energia come contributo alla lotta ai cambiamenti climatici sarebbe una scelta assolutamente contraddittoria, per il mondo ambientalista.

Se si considerano i programmi di dismissione di centrali nucleari costruite nel passato, i progetti di nuovi impianti di terza generazione in varie parti del mondo (soprattutto Cina e India) non si potrà coprire oltre il 2% dei consumi finali di energia.

In Europa il peso del nucleare sui consumi elettrici è sceso dal 17% al 10%, mentre i nuovi reattori di terza generazione faticano a vedere la luce nei Paesi in cui sono in costruzione: i ritardi nella conclusione dei cantieri e i relativi costi sono aumentati enormemente rispetto alle stime iniziali, come da tradizione dell’industria nucleare civile.

“Anche sul fronte dei costi della bolletta, puntare sul nucleare sarebbe un vero suicidio”, commentano le associazioni.

“I costi del nucleare sono saliti sempre di più, mentre quelli delle rinnovabili sono scesi a livelli sempre più bassi. Oggi il kWh di energia elettrica prodotto dal nucleare costa molto di più dell’energia prodotta dal fotovoltaico o dall’eolico”, dicono Greenpeace, Legambiente e Wwf, citando il World Nuclear Industry Status Report, dove si legge che nel 2020 produrre 1 kWh con il fotovoltaico è costato in media nel mondo 3,7 cent$, con l’eolico 4, mentre con nuovi impianti nucleari 16,3 cent$.

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