Non c’è alternativa alla sostituzione immediata del gas con le rinnovabili

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Il consiglio di 28 accademie scientifiche nazionali degli Stati membri dell'Ue ha elaborato un documento dove spiega l'urgenza di uscire dal gas, a partire dal riscaldamento domestico. Le priorità e i messaggi rivolti ai decisori politici europei.

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Per mitigare il cambiamento climatico è essenziale smettere di usare tutti i combustibili fossili, vietare le nuove caldaie a gas e aumentare massicciamente la produzione di energia elettrica da rinnovabili.

È l’avvertimento del nuovo rapporto “Future of Gas” dell’EASAC (European Academies Science Advisory Council), allegato in basso, dove si mette in evidenza anche l’elevatissimo potenziale di riscaldamento globale delle perdite di metano, in gran parte non registrate, lungo la catena di approvvigionamento del gas naturale.

Il report, pubblicato oggi, si focalizza su diversi aspetti legati al phase out del gas nell’Ue, in tutti i comparti ma in particolare per quanto riguarda l’uso delle caldaie a gas.

In Europa ci sono 65 milioni di questi dispositivi. Il riscaldamento domestico è il principale utilizzatore di questa fonte. Otto Stati membri (ma non l’Italia) hanno già adottato misure per vietare l’installazione di nuove caldaie alimentate gas o per richiedere elevati livelli di fonti rinnovabili negli edifici, ma non basta. Questo processo va accelerato e messo in pratica in tutti i paesi Ue.

Le caldaie a gas naturale producono il 38-39% dell’energia finale per il riscaldamento degli ambienti degli edifici residenziali europei,  sono fonte di alcuni inquinanti come gli ossidi di azoto e incidono sulla qualità dell’aria, soprattutto nelle aree urbane.

Tuttavia, sostituire tutte le caldaie domestiche a gas esistenti non sarà facile né rapido.

E qui va subito messo in campo dall’Ue un secondo step. Per consentire a tutti i cittadini, soprattutto quelli meno abbienti, di acquistare un nuovo sistema di riscaldamento servono meccanismi di sostegno di lunga durata (finanziari e fiscali) rivolti specialmente a gruppi e famiglie più vulnerabili.

Poi c’è il problema della sostituzione della caldaia nelle proprietà affittate (insieme ad altre misure di efficienza energetica), alla luce del complicato rapporto proprietario-inquilino (il proprietario paga per la sostituzione della caldaia, ma l’inquilino beneficia di minori costi di riscaldamento). Anche qui vanno studiate soluzioni win-win.

Nel frattempo, le società di distribuzione e fornitura del gas provano a spingere per la sostituzione graduale del gas naturale con l’idrogeno. Si tratta di un modo per consentirebbe loro di mantenere in funzione le proprie infrastrutture per anni. A parte l’inefficienza dell’approccio e i rischi connessi all’uso di H2, miscelare, per esempio, il 10% di idrogeno con il gas naturale ridurrebbe le emissioni di CO2 appena dell’1%.

Pensare poi di utilizzare idrogeno per il riscaldamento, un vettore energetico molto prezioso e necessario in aree e comparti difficili da decarbonizzare, sarebbe una prova di inefficacia della politica energetica europea e dei diversi Stati membri.

Il documento di EASAC è stato approvato dalle sue 28 accademie membri dell’organizzazione. L’European Academies Science Advisory Council è appunto costituito dalle accademie scientifiche nazionali degli Stati membri dell’Ue per consentire di collaborare tra loro e fornire consulenza ai responsabili politici europei.

Da questo gruppo di scienziati sono state esplorate e avvalorati fatti e prove sul presente e sul futuro del gas, per poi fornire alcuni messaggi e proposte ai politici che dovranno affrontare delle priorità apparentemente contrastanti: un’azione urgente per mantenere un servizio energetico affidabile e accessibile e azioni, altrettanto urgenti, per ridurre le emissioni di gas serra.

Per questo motivo i decision maker dovranno rapidamente predisporre quadri legislativi coerenti. Su questo terreno il documento propone i seguenti spunti che dovranno essere declinati con tempi di azione differenti: misure di emergenza (fino 2025), a breve termine (2023-2030), e medio/lungo termine (2030-2050):

  • Identificare le domande chiave e valutare le opzioni per sostituzione del gas naturale con elettricità rinnovabile o altri combustibili gassosi, quali biometano, idrogeno, metanolo rinnovabile ed e-fuels per la generazione elettrica, l’edilizia e l’industria, nonché impatti legati alla decarbonizzazione del trasporto. E anche per la sostituzione del gas naturale come materia prima per la produzione di prodotti chimici.
  • Considerare le scelte per il futuro del gas nel contesto la legge sul clima dell’Ue (net zero entro il 2050) e l’impegno di ridurre le emissioni di gas serra del 55% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030.
  • Affrontare la sfida di eliminare gradualmente l’uso del gas naturale nell’Ue in un periodo di tempo concordato, pur mantenendo la sicurezza complessiva dell’approvvigionamento energetico e dell’accessibilità per consumatori e imprese.
  • Offrire consulenza scientifica indipendente per i responsabili politici sulla regolamentazione dell’uso combustili gassosi nella transizione verso un sistema energetico comunitario decarbonizzato, sicuro e accessibile entro il 2050.

Il documento dell’associazione delle accademie delle scienze indica sei messaggi prioritari:

  1. L’efficienza energetica in primo luogo: ridurre la domanda di energia in edilizia, industria e trasporti.
  2. Costruire più generatori di elettricità a fonte rinnovabile e infrastrutture di fornitura di energia elettrica in modo che il gas naturale possa essere gradualmente eliminato, insieme con carbone e petrolio.
  3. Vietare l’installazione di nuove caldaie a gas negli edifici poiché questi consumano il 39% del gas naturale utilizzato nell’Ue; passare alle pompe di calore utilizzando energia elettrica o infrastrutture di teleriscaldamento.
  4. Produrre tecnologie sostenibili nell’Ue e diversificare l’approvvigionamento di materie prime essenziali e carburanti sostenibili per massimizzare la sicurezza futura dell’approvvigionamento energetico.
  5. Sostenere le famiglie e le imprese vulnerabili per limitare la povertà energetica e gli impatti derivanti da bollette energetiche elevate.
  6. Riqualificare e ampliare la forza lavoro nella produzione e installazione di impianti e tecnologie energetiche sostenibili.

Il consumo di gas naturale nell’Ue rappresenta il 20% dei consumi energetici e un quarto delle emissioni del settore energia provengono dal metano. Nel grafico il consumo di gas in diversi paesi europei. 

Nel report si mette in evidenza, ancora una volta, che le emissioni legate al metano hanno una durata di vita nell’atmosfera di circa 10 anni, dieci volte inferiore a quella dell’anidride carbonica. Tuttavia, il potenziale di riscaldamento globale del metano a 20 anni è più di 80 volte quello dell’anidride carbonica. Un impatto molto più distruttivo.

“Finora abbiamo valutato l’impatto delle emissioni di gas serra su un periodo di 100 anni. E non c’è nulla di sbagliato in questi calcoli. Tuttavia, il cambiamento climatico sta progredendo così rapidamente che ora dobbiamo concentrarci sugli effetti dei prossimi dieci anni. Ecco perché non c’è alternativa alla sostituzione immediata del gas naturale con le rinnovabili”, ha spiegato Neven Duić, presidente del Comitato direttivo per l’energia dell’EASAC.

Il gas naturale non deve più essere considerato un’opzione transitoria, una fonte ponte per la transizione energetica e la decarbonizzazione dell’economia. Tutta la produzione di elettricità e calore basata sulla combustione sta letteralmente alimentando il riscaldamento globale e deve essere sostituita da fonti rinnovabili come eolico, solare e idroelettrico, si afferma nel documento elaborato dal folto gruppo di scienziati europei.

Il rapporto valuta anche le possibilità offerte dalla cattura e dallo stoccaggio del carbonio (CCS) e dall’energia nucleare, ma chiarisce, con le parole di William Gillett, direttore del programma energetico dell’EASAC: “il prossimo decennio è decisivo per contenere i cambiamenti climatici, ma la fusione è ancora agli inizi e né la CCS né le nuove centrali nucleari basate sulla tecnologia attuale o su piccoli reattori modulari possono essere costruite abbastanza velocemente. Inoltre, in molte regioni, il nucleare rischia di diventare vulnerabile proprio a causa del cambiamento climatico, ad esempio per la carenza di acqua di raffreddamento”.

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