Con la direttiva Case green che fine faranno le vecchie caldaie a gas?

Il destino dei sistemi di riscaldamento a fonti fossili dopo l'approvazione da parte del Parlamento europe della Epbd, la direttiva europea sulle prestazioni energetiche nell'edilizia.

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Soltanto un passaggio al Consiglio Ue, che ci si aspetta essere di pura formalità, separa la direttiva europea sulle “case green” (Energy Performance of Buildings Directive, Epbd) dalla sua adozione dopo l’approvazione al Parlamento europeo avvenuta martedì 12 marzo.

Il testo prevede che gli Stati membri riducano il consumo medio di energia primaria degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, con il 55% di questa riduzione che dovrà arrivare dalla ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori.

Quindi ci saranno interventi anche sugli edifici già esistenti, e non soltanto linee guida per i nuovi immobili che verranno costruiti da quando la direttiva verrà recepita dai 27.

Secondo l’accordo, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030, obiettivo che viene anticipato al 2028 per quelli di proprietà di autorità pubbliche. L’obiettivo finale è rendere l’intero patrimonio edilizio europeo neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, in linea con l’obiettivo dell’Unione Europea di ridurre le emissioni a zero entro la metà del secolo.

Ricordiamo che, secondo stime della Commissione Ue, gli oltre 100 milioni di edifici europei consumano un terzo dell’energia del blocco e rappresentano un terzo delle emissioni di CO2.

Un passaggio obbligato è la messa al bando, quindi, delle caldaie a gas. Questa avverrà a partire dal 2040, una scadenza che è stata fatta slittare di cinque anni rispetto al termine ipotizzato inizialmente dalla Commissione Ue.

Al massimo entro quella data, quindi, ci si aspetta che tutti i dispositivi alimentati tramite combustibili fossili siano sostituiti con alternative più sostenibili?

La Commissione europea per adesso non ha stanziato nuove risorse economiche nell’ambito della direttiva. Il tema dei finanziamenti per questa transizione – al momento delegato agli Stati membri – sarà oggetto di un successivo atto, da approvare entro un anno dall’entrata in vigore della Epbd.

C’è in realtà poca chiarezza su cosa prevede la direttiva sullo stop alle caldaie a combustibili fossili al 2040, come ammette una fonte che segue questi dossier al Mase, che valuta (ma la sua è un’interpretazione personale) che la deadline al 2040 si tradurrà in un “bando commerciale” per questo tipo di dispositivi, che quindi non potranno più essere venduti, mentre non saranno messi fuori legge quelli ancora presenti e negli edifici.

La stessa lettura la dà Assotermica, l’associazione confindustriale dei produttori di impianti per il riscaldamento: i possessori di caldaie a gas funzionanti nel 2039 non verranno costretti a sostituirle, è la risposta data al nostro dubbio dall’associazione, che, ci informa, sta lavorando alla definizione per far sì che una caldaia alimentata da una certa percentuale di gas rinnovabile possa continuare a essere immessa sul mercato e di conseguenza installata anche in futuro.

Altre interpretazioni della Epbd fanno però pensare che l’obiettivo 2040 sia da raggiungere anche con sostituzioni del parco installato esistente: il testo (all’allegato 2) parla infatti di “eliminazione graduale dei combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffrescamento per ottenere progressivamente l’eliminazione completa delle caldaie a combustibile fossile entro il 2040“.

Da qui al termine del prossimo decennio ci si aspetta comunque che vengano messe in atto iniziative – soprattutto finanziarie ed economiche – per sostituire quante più caldaie a gas o gpl con alternative come pompe di calore e/o solare termico. I Paesi membri dell’Ue potrebbero fare ricorso anche al Social climate fund, che dovrebbe mobilitare almeno 86,7 miliardi di euro nel periodo 2026-2032, nato per evitare che i gruppi vulnerabili più colpiti, come le famiglie in povertà energetica, restino indietro nella transizione.

Dal prossimo anno saranno inoltre vietati gli incentivi per installare caldaie a gas, mentre saranno promossi quelli per sistemi di riscaldamento ibridi (che combinano caldaie e pompe di calore o solare termico). Attualmente in Italia è possibile ad esempio sostituire la propria caldaia con un altro sistema alimentato attraverso fonti fossili facendo ricorso a tre incentivi: Ecobonus, Superbonus e Bonus ristrutturazione. Ma queste agevolazioni non copriranno più questo specifico intervento già a partire dal 2025.

Nel parlare della messa al bando delle caldaie a gas in relazione alla Epbd, poi, l’esecutivo Ue fa riferimento sul proprio sito agli “stand-alone boilers powered by fossil fuels”, quindi agli impianti “autonomi”. Una frase che mantiene la porta aperta alle caldaie ibride alimentate in parte da fonti rinnovabili.

A seconda della definizione più stringente o meno che la Commissione Ue darà di questi dispositivi (si aspettano chiarimenti dopo l’approvazione al Consiglio Ue, forse per metà aprile) le controverse caldaie hydrogen ready certificate per funzionare anche con determinate percentuali di idrogeno potrebbero ad esempio essere ammesse negli edifici nuovi e in quelli rinnovati. Lo stop all’installazione di nuovi sistemi di riscaldamento alimentati con fonti fossili rischia quindi di essere parzialmente aggirato, ritardando così la piena decarbonizzazione degli edifici.

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